Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

Fantasy, ecco
Petrademone,
il libro delle porte

Libri
Ogni settimana uno scaffale diverso, ogni settimana sarà come entrare in una libreria virtuale per sfogliare un volume di cui si è sentito parlare o che incuriosisce. Lo "Speciale libri" illustra le novità delle principali case editrici nazionali e degli autori più amati, senza perdere di vista scrittori emergenti e realtà indipendenti. I generi spaziano dai saggi ai romanzi, dalle inchieste giornalistiche, alla storia e alle biografie.

  Fantasy, ecco <br> Petrademone, <br> il libro delle porte

PETRADEMONE, IL LIBRO DELLE PORTE"

Un fantasy gotico che chi ha amato Harry Potter e il Mago di Oz non potrà non apprezzare: arriva in libreria “Petrademone, il libro delle porte” (Mondadori), il primo di una saga di 3 volumi, candidato ad essere uno dei prossimi bestseller della narrativa per ragazzi. Scritto da Manlio Castagna (vicedirettore del Giffoni Film Festival, sceneggiatore e regista di videoclip, documentari, cortometraggi) il libro si apre ad un microcosmo di magia e noir, tra colpi di scena e mondi fantastici in cui Frida, un'adolescente speciale orfana di entrambi i genitori e affidata agli zii, si ritrova insieme ad un sgangherato ma fedelissimo gruppo di amici. Quando arriva a Petrademone, la tenuta fra i monti in cui gli zii allevano border collie, Frida è chiusa in un bozzolo di dolore per la perdita della madre e del padre. Ma in quello che potrebbe essere il posto ideale dove guarire le ferite dell’anima, qualcosa di inquietante striscia all’ombra di una grande quercia. Da allora i cani della zona spariscono senza un guaito, come se un abisso li avesse ingoiati, mentre la zia, colpita da una malattia inspiegabile, rivela a Frida un importante segreto di famiglia. Insieme a tre nuovi amici e altri improbabili alleati, la ragazza si trova così fra strani individui che parlano al contrario o per enigmi, un misterioso Libro delle Porte e creature uscite da filastrocche horror. Nessuno è chi sembra, i poteri si rivelano, i mondi paralleli si toccano. La nebbia si alza a Petrademone, e per Frida, Tommy, Gerico e Miriam comincia l’Avventura, quella che cambierà le loro vite per sempre. Avventura che neanche il lettore potrà dimenticare. Così questi quattro ragazzi insieme ad una razza di cani guardiani trascinano il lettore nell’atmosfera onirica del romanzo in cui bene e male si alternano in un mix d’immagini e incanto che ricorda i racconti di Tolkien e Stephen King. Nel libro si ritrovano i Groonies e quell'ambientazione misteriosa anni '80 che al tempo stesso affascina e fa paura. Molte pagine brillano di tanti riferimenti letterari, dall'ex-tenente Drogo a descrizioni di spaventose creature, omaggi a Buzzati e Lovecraft. Castagna entra nella letteratura per ragazzi con passo visionario e surreale e anche gli adulti vi si immergono con complicità, ritrovando l'artistica stravaganza dei "Gremlins" e de “Il fantasma di Canterville”. Lavorare per 20 anni nel più importante Festival di Cinema per ragazzi del mondo, il Giffoni Film Festival, ha certamente creato un background fondamentale per lo scrittore per conoscere il mondo dei giovani e parlare il loro linguaggio. E sul libro, scritto come una sceneggiatura cinematografica, ha già scommesso Ivan Cotroneo che ne ha acquistato i diritti per un'ipotesi di serie Tv. Prima di allora la saga si completerà con almeno altri due capitoli. Manlio Castagna, nasce a Salerno nel 1974 ed esordisce come regista nel 1997 con il pluripremiato corto “Indice di frequenza” con Alessandro Haber. Da vent’anni collabora a organizzare il Giffoni Film Festival e nel 2007 ne diventa vicedirettore artistico. È creative advisor per il Doha Film Institute in Qatar e critico cinematografico per Virgin Radio. È sceneggiatore e regista di videoclip, documentari, cortometraggi, episodi di webseries. Si occupa di fotografia, neurocomunicazione e semiologia degli audiovisivi. Dopo aver pubblicato saggi sul cinema e sui cani, con Petrademone – Il libro delle Porte esordisce nella narrativa.

 

LE ASSAGGIATRICI DEL FÜHRER

"Il mio corpo aveva assorbito il cibo del Führer, il cibo del Führer mi circolava nel sangue. Hitler era salvo. Io avevo di nuovo fame”. Fino a dove è lecito spingersi per sopravvivere? A cosa affidarsi, a chi, se il boccone che ti nutre potrebbe ucciderti, se colui che ha deciso di sacrificarti ti sta nello stesso tempo salvando? La prima volta che entra nella stanza in cui consumerà i prossimi pasti, Rosa Sauer è affamata. “Da anni avevamo fame e paura,” dice. Con lei ci sono altre nove donne di Gross-Partsch, un villaggio vicino alla Tana del Lupo, il quartier generale di Hitler nascosto nella foresta. È l’autunno del ’43, Rosa è appena arrivata da Berlino per sfuggire ai bombardamenti ed è ospite dei suoceri mentre Gregor, suo marito, combatte sul fronte russo. Quando le SS ordinano: “Mangiate”, davanti al piatto traboccante è la fame ad avere la meglio; subito dopo, però, prevale la paura: le assaggiatrici devono restare un’ora sotto osservazione, affinché le guardie si accertino che il cibo da servire al Führer non sia avvelenato. “Le assaggiatrici” di Rosella Postorino (Feltrinelli) è un romanzo che ha già acquisito un grande successo internazionale.  L’autrice  non teme di addentrarsi nell’ambiguità delle pulsioni e delle relazioni umane, per chiedersi che cosa significhi essere, e rimanere, umani. Ispirandosi alla storia vera di Margot Wölk (assaggiatrice di Hitler nella caserma di Krausendorf), racconta la vicenda eccezionale di una donna in trappola, fragile di fronte alla violenza della Storia, forte dei desideri della giovinezza. Come lei, i lettori si trovano in bilico sul crinale della collusione con il Male, della colpa accidentale, protratta per l’istinto – spesso antieroico – di sopravvivere. Di sentirsi, nonostante tutto, ancora vivi. Rosella Postorino (Reggio Calabria, 1978) è cresciuta in provincia di Imperia, vive e lavora a Roma. Ha esordito con il racconto In una capsula, incluso nell'antologia Ragazze che dovresti conoscere (Einaudi Stile Libero, 2004). Ha pubblicato i romanzi La stanza di sopra (Neri Pozza, 2007; Premio Rapallo Carige Opera Prima), L’estate che perdemmo Dio (Einaudi Stile Libero, 2009; Premio Benedetto Croce e Premio speciale della giuria Cesare De Lollis) e Il corpo docile (Einaudi Stile Libero, 2013; Premio Penne), la pièce teatrale Tu (non) sei il tuo lavoro (in Working for Paradise, Bompiani, 2009), Il mare in salita (Laterza, 2011) e Le assaggiatrici (Feltrinelli, 2018). È fra gli autori di Undici per la Liguria (Einaudi, 2015).

 

 

SERGIO GIVONE, SULL'INFINITO

Da dove viene? E soprattutto dove va? È giunto fin lì, agli estremi confini del mondo, per poter guardare oltre: fermo e ben saldo sulla roccia, il viandante romantico di Friedrich sembra essere consapevole che l’infinito è più grande di lui, ma proprio da questa smisurata grandezza, da questa espansione soverchiante è tentato. Irraggiungibile, l’infinito è però anche irrappresentabile. Perché allora non cessa di incuriosire e tormentare pittori, filosofi, matematici e letterati, e in generale tutti i comuni mortali? Queste le domande che si pone Sergio Givone nel suo saggio “Sull’infinito” (Il Mulino). L’autore è professore emerito di Estetica nell’Università di Firenze. Tra i suoi libri recenti: “Metafisica della peste” (Einaudi, 2012) e “Luce d’addio. Dialoghi dell’amore ferito” (Olschki, 2016). È autore anche di tre romanzi, tutti pubblicati con Einaudi: “Favola delle cose ultime” (1998), “Nel nome di un dio barbaro” (2002) e “Non c’è più tempo” (2008).

 

 

“POPOLOCRAZIA” DI ILVO DIAMANTI E MARC LAZAR

La dinamica politica è diventata elementare: il popolo contro le élite, quelli in basso contro quelli in alto, i ‘buoni’ contro i ‘cattivi’. La ‘popolizzazione’ degli spiriti e delle pratiche politiche ha disseppellito il mito della ‘vera democrazia’ forgiata dal ‘popolo autentico’ con ciò minando alle fondamenta la democrazia rappresentativa che si avvia a diventare una popolocrazia. Il populismo è comparso e compare sempre in periodi di forti incertezze, di traumatici, di fasi di crisi. Crisi economiche, sociali, culturali. E, soprattutto, crisi politiche quando rientrano nell’ambito dell’eccezionale, dell’inatteso, dell’imprevisto, dell’inedito: la delegittimazione dei governanti, delle istituzioni, delle regole e delle norme in vigore, delle abituali procedure di mediazione. È su questo terreno che i populisti possono prosperare, dipingendo un quadro apocalittico del presente e proponendo il ritorno a un passato favoleggiato o facendo intravedere un futuro radioso. Sono contemporaneamente i prodotti di queste crisi e i loro creatori. Come sta rispondendo la democrazia a tutto questo? Ahimè inglobando elementi di populismo: adeguando gli stili e il linguaggio politico, i modelli di partito, le scelte e le strategie di governo. In una parola, sta trasformando se stessa in una “popolocrazia”, che è il titolo del saggio di Ilvo Diamanti e Marc Lazar (Laterza), che riflette sulla metamorfosi delle nostre democrazie. Ilvo Diamanti è professore ordinario di Scienza politica all’Università di Urbino Carlo Bo, dove ha fondato e dirige il Laboratorio di studi politici e sociali (LaPolis), e direttore scientifico di Demos. Collabora con il quotidiano “la Repubblica”. Tra le sue più recenti pubblicazioni, Gramsci, Manzoni e mia suocera (Il Mulino 2012) e Password. Renzi, la Juve e altre questioni italiane (Feltrinelli 2016). Per Laterza è autore, tra l’altro, di Un salto nel voto. Ritratto politico dell’Italia di oggi (con F. Bordignon e L. Ceccarini, 2013) e Democrazia ibrida (2014). Marc Lazar è professore di Storia e sociologia politica all’Istituto Sciences Po di Parigi, dove dirige il Centre d’histoire, e presidente della School of Government della Luiss. Si occupa di storia delle sinistre europee e di storia politica italiana. Tra le sue più recenti pubblicazioni in italiano, La Francia di Macron(con R. Brizzi, Il Mulino 2017). Per Laterza è autore di Democrazia alla prova (2007).

 

 

 CARLA VISTARINI, “SE RICORDI IL MIO NOME”

È possibile che un trentenne ricco sfondato, sdraiato su una dorata spiaggia caraibica, invece che rallegrarsi della propria sorte muoia di nostalgia per una famiglia agli antipodi, che non è neppure la sua famiglia, e per una bambina che non sa dire altro che 'fangulo? Sì, se si chiama “Smilzo” e se ha trascorso - adesso lo ha capito - i mesi più belli della sua vita cercando di aiutare una buffa bambina e la sua ricchissima madre, che in una Roma caotica e implacabile erano diventate vittime di un mostruoso piano criminoso. Questa la trama di “Se ricordi il mio nome”, romanzo di Carla Vistarini edito da Corbaccio. Ma ora che tutto è finito, ora che lui, lo Smilzo, ex finanziere di successo, ex bancarottiere suo malgrado ed ex barbone trasteverino si trova a scontare i suoi peccati fiscali in un paradiso naturale, gli riesce solo di pensare a quella bambina, alla sua mamma e a tutta una serie di personaggi bislacchi e straordinari che aveva conosciuto: frati, barboni, commissari di polizia, professori un po' svampiti convinti di possedere cani parlanti. E quando, tra una fantasticheria e l'altra, sente suonare il suo cellulare e vede comparire un certo numero sul display, il suo cuore fa un balzo. Quel suono vuol dire due cose: la bambina non l'ha dimenticato e la bambina ha bisogno di lui. E Smilzo sta già correndo verso di lei...      

(© 9Colonne - citare la fonte)