Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

Bologna, 81 specchi
per le vittime
di Ustica

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

Bologna, 81 specchi <br> per le vittime <br> di Ustica

BOLOGNA: 81 SPECCHI PER LE VITTIME DI USTICA

Si è conclusa nei giorni scorsi al Museo per la Memoria di Ustica di Bologna, la prima tranche dei lavori di manutenzione e ripulitura del relitto del DC9 Itavia progettati e realizzati dagli studenti e dai professori del corso di restauro dell’Accademia di Belle Arti di Bologna. L’intervento, che è stato portato avanti a museo aperto al pubblico, è la prima fase di un progetto articolato in più momenti, che si realizza tramite l’apertura di cantieri-scuola per un arco di tempo di durata biennale. In questo primo cantiere-scuola gli studenti si sono concentrati in particolare sulla mappatura delle diverse parti del velivolo e dei materiali cartacei che necessitano di interventi conservativi, sulla documentazione fotografica dettagliata delle numerose componenti, realizzando anche importanti operazioni di spolveratura e pulizia. Il museo, fortemente voluto dall’Associazione dei Parenti delle Vittime della Strage di Ustica presieduta da Daria Bonfietti, con il sostegno del Comune di Bologna, ospita l’opera permanente “A proposito di Ustica” di Christian Boltanski. Intorno al relitto 81 specchi neri - uno per ogni vittima - sono l’occasione in cui il visitatore può “inabissare” lo sguardo e ascoltare il “coro” di voci trasmesse dagli altoparlanti collocati dietro ciascuno di essi: frasi semplici che si sovrappongono, frammenti di parole a rappresentare lo spirito delle persone scomparse. Appesi al soffitto, 81 lumi si accendono e si spengono lentamente, come se seguissero il ritmo di un battito cardiaco, quasi fosse il respiro collettivo delle persone decedute e di chi oggi le ricorda. Nove scatole nere contengono gli effetti personali delle vittime: scarpe, pinne, boccagli, occhiali e vestiti. Gli oggetti, sottratti così alla vista e a qualsivoglia voyeurismo, sono stati inventariati e ordinatamente impaginati da Boltanski nell’opuscolo “Lista degli oggetti personali appartenuti ai passeggeri del volo IH870”, disponibile presso il museo. Il percorso di visita si completa con una sala video in cui è possibile assistere alla proiezione di filmati e testimonianze riportate da agenzie giornalistiche e telegiornali.

 

PALERMO: RODCENKO E LA RIVOLUZIONE NELLA FOTOGRAFIA

Fino al 4 novembre a Palermo è esposta la più grande collezione delle foto di Alexander Rodčenko. L'evento si svolgerà nel complesso espositivo "Real Albergo dei Poveri". L’esposizione, nel vasto programma del festival "Le "Stagioni Russe" in Italia" e già ospitata a Mantova, a Palazzo del Te, presenta più di 140 fotografie in argento-gelatina rifatte sui negativi originali di Rodčenko. Alexander Rodčenko ha cambiato radicalmente l'idea della natura della fotografia e del ruolo del fotografo e il suo nome è diventato sinonimo dei cambiamenti rivoluzionari che hanno avuto luogo nell'arte nei primi anni '20.

 

PALERMO: IL GATTOPARDO SECONDO EMILIO ISGRÒ 

Il celebre artista Emilio Isgrò protagonista al SisalArtPlace di Palazzo Drago, a Palermo, con l’opera inedita “Resurrezione e morte del Gattopardo”. L’installazione del maestro siciliano si inserisce all’interno del percorso artistico Tracce, una selezione di opere provenienti dalla Collezione San Patrignano Work in Progress, esposte fino al 26 ottobre. In occasione dell’esposizione dell’opera inedita  il SisalArtPlace ospita anche una maratona di lettura integrale de Il Gattopardo, domenica, dalle 10 alle 20.Tutti i palermitani e gli appassionati di cultura potranno vivere un’esperienza emotivamente coinvolgente, recandosi a Palazzo Drago, per leggere e interpretare il celebre romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. L’artista concettuale  ha realizzato l’opera nel 1976 ma non l’ha mai esposta pubblicamente prima d’ora, come se aspettasse l’occasione giusta per portarla a Palermo, dove è sbocciato il cuore della ricerca letteraria di Lampedusa. Nell’installazione “Resurrezione e morte del Gattopardo” - prima la resurrezione, dopo la morte, secondo un rovesciamento tipico di Isgrò - affiorano e scompaiono dalle pagine bianche e nere i personaggi più amati del libro: il Principe di Salina, Tancredi, Angelica, Padre Pirrone, in un dialogo serrato e universale sull’arte, la vita, la morte. (red)

 

ROMA: ALLA CAMERA LA “FORTUNA” DI DANTE

C’è anche una noce contenente un piccolissimo rotolo di carta riportante i primi versi dell’Inferno della Divina Commedia, rarissimo esempio di microscrittura realizzato ad occhio nudo, tra i manoscritti, i libri pregiati, le illustrazioni raffinate e le opere d’arte che, fino al 4 novembre, sono in mostra alla Camera, nella Sala della Lupa, per celebrare Dante Alighieri con una esposizione che rinnova la sua fortuna mantenuta viva in questi sette secoli grazie a chi ha amato profondamente le sue opere, le ha copiate, stampate, studiate e conservate. L’esposizione, dal titolo “La fortuna di Dante. Manoscritti, libri, opere d’arte”, promossa dal Ministero per i beni Culturali, organizzata dall’associazione MetaMorfosi in collaborazione con i Musei Reali di Torino - Biblioteca Reale di Torino, la cattedra di Filologia e Critica dantesca dell’Università di Torino e la Biblioteca Angelica, con il Patrocinio della Regione Toscana, de La Casa di Dante in Roma, della Società Dante Alighieri, della Commissione Permanente per la Tutela dei Monumenti Storici e Artistici della Santa Sede, e si inserisce nell’ambito delle iniziative promosse in Italia e nel Mondo per ricordare Dante Alighieri e rientra nel programma dei Centenari Danteschi (1265-2015 ~ 1321-2021). La mostra offre al visitatore la possibilità di ammirare dal vivo alcuni dei tesori librari che in sette secoli di storia hanno contribuito alla fortuna di Dante e di comprendere il ruolo che hanno tuttora le biblioteche per la tutela di questo straordinario patrimonio librario. (red)

 

COMO: TUTTE LE VOCI DELL’UMANO 

L’associazione Amadeus Arte, promotrice del LakeComo Festival, fino al 18 novembre, presenta in occasione della mostra Miniartextil, nella ex chiesa di S. Francesco, a Como, una preziosa ricerca in campo musicale che indaga i suoni dell’uomo. La installazione sonora “Humans” accoglie i visitatori nell’ingresso della mostra, creando una barriera di passaggio tra esterno ed interno. La composizione della durata di 45 minuti, che gira in loop, si sviluppa in cinque sezioni: 1. Folla, 2. Una Preghiera, 3. Mercato, 4. Contando, parlando, cantando, camminando, danzando, 5. Emozioni. Per la creazione sono stati utilizzati oltre un centinaio di campioni sonori provenienti da varie parti del mondo, tra cui alcuni parte degli archivi dati di paesaggi sonori dedicati a vari angoli del pianeta. Il percorso tocca vari aspetti e dalla massa umana iniziale che produce un gigante agglomerato sonoro (sia che si tratti di folla in strada, allo stadio o durane manifestazioni e sommosse) si passa a “Una preghiera”, scandita dal rimbalzare delle palline del pregatore meccanico tibetano, che raccoglie la voce di gruppi, pastori, muezzin e illuminati appartenenti a svariate correnti religiose che si fondono in un’unica corale invocazione. Nel capitolo del mercato prevale il colore italiano e l’economia fa da gancio al capitolo successivo: “Contando, parlando, cantando, camminando, danzando”, un movimento dinamico in cui i numeri si alternano a lettere che si uniscono per formare idiomi differenti, parole cantate, musica e in ultima analisi danza che racchiude tutti gli aspetti precedenti. Stringendo sempre di più il campo dalla moltitudine verso il singolo si arriva all’ultimo capitolo: “Emozioni” che chiaramente racchiude una serie di sensazioni dell’animo umano vissute con taglio intimo.

BOLOGNA: WALL PAINTING ALLA ROCCA DI BAZZANO

Bologna, 12 ott -  Fino al 18 novembre, alla Rocca dei Bentivoglio di Bazzano rimane esposto il dittico di Serie Imperiale di Flavio Favelli per entrare poi nella collezione pubblica della Rocca stessa. L’opera nata da un lungo processo di produzione è l’omaggio di Favelli a Valsamoggia, dove quasi 20 anni fa ha scelto di abitare e lavorare. Le tappe di questa esperienza durata quasi un anno, hanno visto la prima fase site specific, denominata “Pittura”, culminare nella presentazione dei due wall painting realizzati presso la ex miniCoop e la Casa del Popolo di Bazzano: “Serie Imperiale ha restituito questi edifici al dibattito culturale, li ha resi protagonisti, fino a fare ciò che solo all’arte riesce bene: immortalarli e renderli perpetui, come parte imprescindibile dell’opera”, scrive Elio Rigillo nel catalogo. Sono poi seguite, in estate, le fasi rispettivamente denominate “Strappo” e “Otturazione”, che hanno visto gli interventi di rimozione dei murali e la loro intelaiatura a cura del Laboratorio di restauro Camillo Tarozzi e le successive operazioni sui muri eseguite dall’artista come parte integrante dell’opera. Per finire, la documentazione 3D a cura di DeyeVR ha suggellato la complessa storia di Serie Imperiale fissando per sempre l’immagine delle opere nei rispettivi siti di realizzazione mediante la fotografia immersiva a 360 gradi.

NAPOLI: I PROGETTISTI RIPENSANO LE PERIFERIE

Fino al 15 novembre il complesso Monumentale di San Domenico Maggiore di Napoli è la cornice della mostra “Metropoli Novissima” dedicata ai tessuti urbani periferici, il cui racconto si snoda attraverso progetti architettonici e urbanistici di respiro internazionale. Promossa dalla Fondazione Annali dell’Architettura e delle Città e strutturata come un unico percorso urbano, un carnet de voyage, la mostra accompagna lo spettatore attraverso suggestioni e idee di alcuni tra i più grandi protagonisti dell’urbanistica e dell’architettura internazionale, lente di ingrandimento su processi e scenari che accomunano città di differenti latitudini e longitudini. Tra i progettisti invitati a condividere alcune delle opere più significative in tema di riassetti urbani troviamo lavori di: Alejandro Aravena, Archea Associati, Stefano Boeri, Diller Scofidio + Renfro, Andreas Kipar di LAND, Francisco Mangado, Piuarch, Sauerbruch Hutton e Cino Zucchi, con scenari che spaziano da Parigi a Mosca, da Johannesburg a Sichuan, da San Paolo a Milano. E’ infatti compito di architetti e urbanisti di sviluppare l’enorme potenziale dei luoghi marginali, ridefinendone lo status di periferia a favore di condizioni di antifragilità che si confrontino con la nuova frontiera dei diritti, dell’accoglienza e della convivenza. (red)

AGRIGENTO: JAN FABRE NELLA VALLE DEI TEMPLI

Fino al 4 novembre Agrigento e Monreale ospitano l’esposizione “Jan Fabre – Ecstasy & Oracles” dedicata all’artista visivo, creatore teatrale e autore fiammingo. Esposti oltre cinquanta lavori realizzati tra il 1982 e il 2016: serie di disegni a matita e penna bic; sculture in diversi materiali, dalla cera al bronzo; film che documentano performance e mosaici realizzati con preziose ma solide e cangianti corazze di scarabei. L’artista presenta anche due opere inedite, pensate appositamente per questa occasione: “Schande übers Ganze Erdenreich!” e “Searching Oracle Stones”. L’esposizione si sviluppa in sinergia con luoghi di eccezionale valore storico e artistico: Il Parco della Valle dei Templi e la città di Agrigento, Monreale e gli spazi del complesso monumentale della Cattedrale. Si instaura così una relazione tra l’arte greca dei templi e i mosaici bizantini e il personale vocabolario visuale di Fabre. Nel Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi, Fabre si cimenta sul tema degli oracoli, in un confronto con la civiltà greca classica. Una serie di opere di varia natura dislocate lungo il percorso della Via Sacra omaggiano la terra che le ospita: l’antica Akragas, nucleo originario della moderna Agrigento. In prossimità dei templi di Giunone e Zeus, due grandi sculture in bronzo a grandezza naturale, “L’uomo che dirige le stelle” (2015) e “L’uomo che dà il fuoco” (2002). Nei pressi del Tempio della Concordia si ammira una performance inedita presentata su cinque schermi, opera che Jan Fabre ha realizzato appositamente per questa esposizione. (red)

 

GUBBIO; COME AL TEMPO DI GIOTTO

La città di Gubbio conserva intatto il suo splendido aspetto medievale, con le chiese e i palazzi in pietra che spiccano contro il verde dell'Appennino. È ancora la città del tempo di Dante e di Oderisi da Gubbio, il miniatore che il sommo poeta incontra tra i superbi in Purgatorio e al quale dedica versi importanti, che sanciscono l’inizio di un’età moderna che si manifesta proprio con la poesia di Dante e l'arte di Giotto. La mostra "Gubbio al tempo di Giotto. Tesori d'arte nella terra di Oderisi", fino al 4 novembre, vuol restituire l’immagine di una città di media grandezza ma di rilievo politico e culturale nel panorama italiano a cavallo tra la fine del Duecento e i primi decenni del Trecento, esponendone il patrimonio figurativo sia civile che religioso. La mostra è allestita in tre sedi diverse, perché ci sono opere inamovibili, ma anche perché ci sono luoghi ricchi di significato e intrisi di bellezza: il Palazzo dei Consoli che sorge sopra una favolosa terrazza che lo fa somigliare a quelle città che i santi portano in cielo nei polittici degli altari; il Museo Diocesano che sorge accanto alla chiesa cattedrale e infine il Palazzo Ducale, che nacque come sede del Comune e finì per essere la residenza di Federico da Montefeltro, signore di Urbino. Lungo questo percorso si potranno calcare le impronte degli uomini e delle donne di quel tempo antico, per vedere dalla stessa prospettiva e intendere con lo stesso gusto un'arte civica e religiosa insieme. Per l’occasione sono stati restaurati dipinti nascosti dalla polvere dei secoli, riconsegnando a Gubbio opere disperse nel corso della storia, riunendo quadri degli stessi pittori eugubini destinati ad altre città dell'Umbria, chiamando importanti prestiti dall’estero. Dipinti su tavola, sculture, oreficerie e manoscritti miniati delineano, anche con nuove attribuzioni, le fisionomie di grandi artisti come Guido di Oderisi, alias Maestro delle Croci francescane, Il Maestro della Croce di Gubbio, il Maestro Espressionista di Santa Chiara ovvero Palmerino di Guido, “Guiduccio Palmerucci”, Mello da Gubbio e il Maestro di Figline.Il padre di Oderisi, Guido di Pietro da Gubbio, viene oggi identificato in uno dei protagonisti della cosiddetta “Maniera Greca”, da Giunta Pisano a Cimabue. Palmerino fu compagno di Giotto nel 1309 ad Assisi, e con lui dipinse le pareti di due cappelle di San Francesco, per poi tornare a Gubbio e affrescare la chiesa dei frati Minori e altri edifici della città. A “Guiduccio Palmerucci”, oggi nome di convenzione, si attribuiscono ancora rapinosi polittici. Mello da Gubbio scrisse il proprio nome ai piedi di una Madonna dal volto pieno e giulivo come le Madonne di Ambrogio Lorenzetti nella città di Siena. Il Maestro di Figline, che dipinse le vetrate per il San Francesco ad Assisi, poi il grande Crocifisso nella chiesa di Santa Croce a Firenze, è probabile che avesse lasciato a Gubbio uno straordinario polittico nella chiesa di San Francesco, che possiamo di nuovo ammirare in questa mostra grazie agli odierni proprietari che ne hanno concesso per la prima volta il prestito. Dai documenti d'archivio e dall'aspetto delle Madonne e dei Crocifissi appesi alle pareti dei musei, risulta come fossero originari di Gubbio i pittori che si affiancarono a Giunta Pisano, poi lavorarono accanto a Giotto e infine a Pietro Lorenzetti, per rivestire d'immagini variopinte il capolavoro che aprì le porte dell'arte moderna nella chiesa eretta sopra la tomba del santo di Assisi. Tornati in patria, quei pittori, che erano stati coinvolti nella nuova lingua di Giotto e di Pietro Lorenzetti per un pubblico di papi e cardinali, si cimentarono con un piglio raffinato nello stile e popolare nell’aspetto illustrativo, per farsi intendere anche da un pubblico di fabbri e di maestri di pietra. Si parlò allora a Gubbio la lingua della lauda assieme alla lingua della Commedia.

(© 9Colonne - citare la fonte)