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I capi leghisti in attesa
che la montagna si muova

di Giuseppe Perrotta

(3 febbraio 2020) Le giornate della vecchiaia, prive come sono di progettualità, si riempiono nei modi più strani; in alternativa ai cruciverba a me piace infilarmi nella testa degli altri. Oggi, ancora sotto l’influsso di quel che è accaduto in Emilia, provo ad entrare nel cervello di Maroni. Quando dico Maroni intendo una parte per il tutto. Il tutto, nella fattispecie, è quella congrega di leghisti di primo livello che molto probabilmente si è recentemente riunita d’urgenza in segreto per decidere sul da farsi.

Il problema sul tappeto è la strategia da adottare nel nuovo scenario. Fino a ieri si discuteva di come liberarsi di Salvini dopo che, con la sua capacità mediatica, avesse portato la destra a vincere le politiche. Oggi si deve invece pensare a liberarsene prima delle elezioni che altrimenti si rischia di perdere. Sono tutti d’accordo che l’operazione sia complicata, perché una mossa sbagliata potrebbe far venir giù tutto il castello, cosi come accade in quel gioco che si chiama Shangai nel quale i bastoncini vanno tirati via ad uno ad uno senza scuotere gli altri, pena perdere la partita.

Per fortuna c’è tempo. Il governo si sforza di tirare a campare, un anno, forse due; bisogna evitare di disturbarlo troppo perché il tempo serve anche a noi. Si fa quindi l’elenco dei fattori che giocano a scavar la fossa all’imputato. Ci sono i processi; quello della nave, quello della Russia, quello dei 49 milioni. Si può anche fare finta di difenderlo, tanto di persone che vogliono metterci sopra un carico da undici ce n’è d’avanzo. Ci sono poi i tanti pretendenti alla successione che lavorano per screditarlo. Con la Meloni bisogna stare attenti perché se cresce troppo, l’accordo potrebbe diventare complicato; con chi altro, sinistrorso o ex berlusconiano che sia, che si farà largo sgomitando, sarà invece più facile, privo di partito come sarà, fraternizzare. Poi c’è soprattutto lui che, basta lasciarlo fare, si fa male da solo.

Insomma, la cosa migliore è non far niente. E cosi, nella mia testa, alla faccia di Maroni, scostante per la convinzione che esprime di essere il più furbo di tutti, si sovrappone quel gran turbante che sovrasta le effigi di Maometto. I leghisti che contano restano in attesa, così com’è successo al profeta, che la montagna si muova da sola.

(© 9Colonne - citare la fonte)