Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

Mariele Ventre, la dolce fata dello Zecchino d’Oro

Ritratti
Una galleria giornalistica di ritratti femminili legati all'Unità d'Italia. Donne protagoniste nell'economia, nelle scienze, nella cultura, nello spettacolo, nelle istituzioni e nell'attualità. Ogni settimana due figure femminili rappresentative della storia politica e culturale italiana passata e presente.

Mariele Ventre, la dolce fata dello Zecchino d’Oro

Dire che per oltre trent’anni sia stata la vera anima di una delle trasmissioni televisive più amate della penisola è probabilmente riduttivo nei confronti dell’indimenticabile Maria Rachele Ventre, la “Mariele” della musica di chissà quante infanzie, infaticabile direttrice del coro dell’Antoniano. Per gli italiani, lo Zecchino d’Oro ha da sempre rappresentato qualcosa di diverso da una semplice trasmissione televisiva, forse più “un luogo dell’anima” dove si può specchiare, oltre una certa età, quanto di bambino è sopravvissuto in noi mentre, se bambini si è ancora, allora ecco che, come per magia, alle note di canzoni quali “Quarantaquattro gatti”, “La figlia del re di Castiglia”, “Il caffè della Peppina” e via di questo passo, a spiccare il volo davanti allo schermo – oggi come ieri - non sono i ricordi ma davvero tutta l’anima. Quell’anima fatta musica che Mariele per tanti anni ha inimitabilmente coltivato in decine di cantanti in erba: basti ricordare che fra i suoi “ex pupi” vi furono Cristina D’Avena (che nel ‘68 si esibì nel  “Valzer del moscerino”), il soprano Anna Caterina Antonacci, la direttrice d’orchestra Anna Whilhelm, il maestro di corno Enrico Bellati. Francesco Cossiga la nominò Cavaliere della Repubblica, a Cracovia le diedero una Medaglia al Sorriso, insieme a Karol Wojtyla e a Peter Ustinov.

Questa donna la cui direzione del coro era uno spettacolo nello spettacolo, nasce a Bologna da genitori lucani il 16 luglio 1939. Nel ‘57 ottiene il diploma magistrale anche se la sua grande passione, il pianoforte, la porta, nel ’61, a diplomarsi presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano. E’ questa una fase della sua vita in cui Mariele riesce a far convivere l’impegnativa professione di maestra con “la febbre” della musica. Riuscirà a unire queste sue propensioni in un afoso settembre (siamo sempre nel ’61) allorché la Nostra, al termine della messa nella sua parrocchia, quella bolognese di Sant’Antonio, parla con Padre Berardo Rossi, direttore dell’Antoniano nonché vecchio amico di famiglia, che la informa di quella manifestazione per bambini nata due anni prima a Milano e della quale è stata appena presa l’organizzazione. “Ci serve qualcuno – sono le parole del religioso -. Insegneresti a cantare a dei bambini?”. E’ così che ha inizio una favola durata fino al 1995, ovvero alla prematura scomparsa di Mariele, ad appena 56 anni di età. Negli ultimi giorni della sua vita, la Ventre volle comunque dirigere il coro che lei stessa fondò due anni dopo quell’incontro risolutore con Padre Rossi.

Durante i 32 anni della sua direzione, Mariele non si limitò a dirigere i bambini, ma fu sempre parte attiva nella scelta della canzoni e dei testi che, secondo la sua visione etica della manifestazione canora, dovevano educare oltre che divertire. La maturità della maestra-musicista non era però molto spesso la stessa di tanti genitori, stregati - anche in questo caso “oggi come ieri” - dal richiamo del piccolo schermo. E così si racconta del suo stress per le telefonate di quanti, dopo che le puntante erano andate in onda, si lamentavano perché “al loro pargolo” la regia non aveva dato la dovuta attenzione. “Altro che scuola dell’obbligo per i ragazzi, servirebbe ai genitori”, pare abbia detto, esasperata, in più di un’occasione. Andava su tutte le furie quando la consacrazione mediatica faceva trascendere lo “spirito originario” della manifestazione: guai a parlare di “prodigi” (ma com’era facile trovare questa parola sulle riviste). Lei cercò – e riuscì – a trasformare in canterini una fila sterminata di bambini cercando di farli restare fanciulli: “se copiano gli adulti, ciao. Amici come prima, ma ognuno per la sua strada”. Si può quindi facilmente comprendere, questa volta condividendo, perché in quel tristissimo dicembre del 1995 i giornali parlarono della “morte di una fata dolce e severissima”. Questo, per chi l’ha conosciuta, è stata Mariele, maestra del coro e di quella parte dell’essere che “resta sempre bambina”.  

 

(© 9Colonne - citare la fonte)