Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

La terapia dell'oblio
con Paolo Mieli

Libri
Ogni settimana uno scaffale diverso, ogni settimana sarà come entrare in una libreria virtuale per sfogliare un volume di cui si è sentito parlare o che incuriosisce. Lo "Speciale libri" illustra le novità delle principali case editrici nazionali e degli autori più amati, senza perdere di vista scrittori emergenti e realtà indipendenti. I generi spaziano dai saggi ai romanzi, dalle inchieste giornalistiche, alla storia e alle biografie.

PAOLO MIELI E LA “TERAPIA DELL’OBLIO”

 “Perché dovremmo sottoporci, di quando in quando, ad una terapia dell’oblio? Perché imparare a dimenticare? Imperativi del genere non entrano in contraddizione con il monito che ci andiamo ripetendo e che ci viene ripetuto ogni giorno su quanto siano fondamentali il ricordo e la memoria? E quali sarebbero i danni della memoria? Ciò che sostengo in questo libro è che oggi più che nel passato il ricordo si intreccia in modo eccessivo con il presente. Si intreccia cioè con quello in cui ‘crediamo’ nel momento in cui formuliamo le nostre ipotesi sul passato. In aggiunta, ciò avviene in molti casi, anzi quasi sempre, senza che ce ne rendiamo conto. Tale aggrovigliamento tra passato e presente ci intossica. E ci impedisce di porre dei punti fermi che consentano, all’occorrenza, di voltare pagina. Per questo dovremmo tenere meglio separati il passato e il presente”. È la questione di fondo sulla quale si interroga Paolo Mieli nel suo ultimo libro, “La terapia dell’oblio. Contro gli eccessi della memoria”, pubblicato da Rizzoli. Balzac sosteneva che “i ricordi rendono la vita più bella, dimenticare la rende più sopportabile”, mentre Borges nella “Biblioteca di Babele” lascia che i suoi personaggi individuino  nell’oblio “una forma di memoria” e Dante alla fine del Purgatorio vuole che il fiume Lete permetta alle anime dirette al Paradiso di lavarsi dei propri peccati, rimuovendo così la memoria delle cose cattive del passato. Se il tema dell’oblio è stato a più riprese trattato dalla letteratura, anche le scienze umane negli ultimi anni l’hanno posto al centro della loro riflessione: tra i tanti titoli, basta menzionare i recenti “Elogio dell'oblio. I paradossi della memoria storica” di David Rieff (pubblicato in Italia da Luiss University Press), “Cattiva memoria. Perché è difficile fare i conti con la storia” di Marcello Flores (Il Mulino) e “I guardiani della memoria e il ritorno delle destre xenofobe” di Valentina Pisanty (Bompiani). “Dovremmo essere vigili anche nel caso in cui non è nelle nostre intenzioni lasciarci sedurre dalla tentazione di un uso politico o manipolatorio della storia. Quando si hanno idee forti sul presente, è pressoché inevitabile che quelle idee si impongano sulle interpretazioni del passato” sottolinea Mieli, che spiega come ciò sia sempre accaduto “eppure adesso i rischi sono maggiori. Perché? Ritengo che il progresso scientifico e tecnico inondi le nostre menti di un eccesso di dati conoscitivi, notizie e informazioni che rischiano di generare un grande disorientamento” e “per questo, anche per questo, necessitiamo tutti di imparare ad autosomministrarci, sapientemente, una dose di oblio”. Tra “curiose amnesie” e “dimenticanze sospette”, l’autore mette in luce i danni da “eccesso di memoria” prendendo in esame decine di eventi ed episodi del nostro passato, dalla storia antica al Medioevo fino ai nostri giorni: dal ruolo – mal compreso e peggio ricordato – di Caracalla imperatore di Roma a Carlo Magno, da Bisanzio “oscurata” da Costantinopoli alla Napoli rivoluzionaria di fine Settecento, dedicando infine due capitoli alle “teorie cospirazioniste e gli untori del discorso pubblico” in tempo di pandemia e alla Shoah.  “L’Italia – afferma il giornalista e storico - è un paese unico nel non esser capace di consegnare il passato agli storici. Ci sentiamo quasi obbligati a riproporlo ossessivamente annodato alle passioni del presente. E non riusciamo mai a chiudere un capitolo una volta per tutte. Ad accettare che – come spesso è stato nella storia – alcuni punti restino oscuri. E, ugualmente, ad andare oltre”. (Roc)

 

 

“BOOMERANG”, IL PRIMO ROMANZO DELLA IENA FILIPPO ROMA

 

“Boomerang” è il primo romanzo della “Iena” Filippo Roma, pubblicato da Salani editore. Leo è convinto che il suo destino sia quello di diventare uno scrittore. Bulimico di libri, sin dall’adolescenza si rifugia nelle storie dei grandi autori russi e francesi, da “Guerra e Pace” al “Conte di Montecristo”, per sfuggire al suo senso di solitudine e di inadeguatezza. Non ha però il talento della scrittura, almeno fino a quando non incontra Barbara. Lei è innamorata di lui e con i suoi messaggi intrisi di passione è proprio la linfa che gli serve. E, quando la passione non basta più, Leo ne succhia la sofferenza e riesce a realizzare un libro che è un successo. Ma non tutto va com’è nei suoi piani. Perché al destino non puoi sfuggire, e nemmeno al vero amore, che ha il volto e il nome di Elena. Leo è convinto di conoscerla… ma chi è davvero questa cassiera dalla faccia d’angelo? Leo, Barbara ed Elena. Ognuno di loro ha un segreto da nascondere e forse da farsi perdonare. Le loro vite seguono la traiettoria curva di un boomerang e durante questo imprevedibile volo il leit motiv del romanzo si rivela pian piano: la sofferenza d’amore è l’unica strada che ci porta alla scoperta di chi siamo davvero. Fino al momento finale in cui il boomerang colpirà ognuno dei tre protagonisti nel modo più inaspettato. Filippo Roma è nato a Roma nel 1970. Ha esordito come sceneggiatore del cortometraggio “Topi di Appartamento”, scritto insieme all’amico Alessandro Sortino e diretto da Mario Monicelli, presentato fuori concorso al Festival del Cinema di Venezia nel 1997. È stato autore di programmi e quiz radiofonici per Radio Capital, dove ha ricoperto anche incarichi dirigenziali. Nel 2004 è diventato una Iena.



“FLASHOVER. INCENDIO A VENEZIA” DI GIORGIO FALCO

La sera del 29 gennaio 1996 un incendio illumina il cielo di Venezia: il teatro La Fenice brucia. L’incendio è stato appiccato dal titolare di una piccola ditta in ritardo sulla fine dei lavori per il restauro del teatro. Giorgio Falco ha scritto un libro, “Flashover. Incendio a Venezia” (in uscita per Einaudi il 29 settembre, fotografie di Sabrina Ragucci), che come un incendio illumina e divora il suo oggetto: ricostruzione di una storia vera e sua decostruzione; romanzo di un’ossessione; indagine sul desiderio e sul potere del denaro di trasformare le cose e i corpi; ritratto in maschera degli ultimi quarant’anni di storia italiana, autobiografia di tutti. Enrico Carella, tra le 20.40 e le 20.45 del 29 gennaio 1996, con la complicità del cugino e dipendente Massimiliano Marchetti, appicca il fuoco alla Fenice di Venezia. Carella era il titolare di una piccola ditta che aveva ottenuto il subappalto per alcuni lavori elettrici nel restauro della Fenice (il capocantiere dell’azienda appaltatrice era suo padre). Carella (d’ora in poi il cugino padrone, «in minuscolo, (…) in maiuscolo sarebbe un personaggio unico, con la pretesa di concentrare su di sé le caratteristiche di tutti gli altri cugini padroni esistenti») era in ritardo sulla consegna dei lavori: avrebbe dovuto pagare una penale che non sarebbe mai stato in grado di saldare. Il cugino padrone conduceva una vita al di sopra delle sue possibilità, una vita che coincideva con l’immagine che aveva di se stesso ma non con le finanze di cui disponeva. Decide di appiccare un incendio: un incidente nel cantiere avrebbe rimandato la chiusura dei lavori. È l’innesco che provocherà la completa distruzione della Fenice. «C’è qualcosa di malinconico in ogni flashover su cui incombe la distruzione: la distruzione portata da se stesso, la distruzione di se stesso». Il flashover identifica il momento di transizione tra un incendio in crescita e un incendio nella sua fase matura: la temperatura è altissima e uniforme, il fuoco ha raggiunto la totalità delle superfici disponibili, tutto brucia all’unisono. Giorgio Falco ha scritto un libro che come un incendio illumina e divora il suo oggetto: ricostruzione di una storia vera e sua decostruzione; autobiografia di tutti, ritratto in maschera – e di una maschera – degli ultimi quarant’anni di storia italiana; romanzo di un’ossessione; iconotesto in cui le fotografie inchiodano le parole, in un autentico controcanto che brucia sotto traccia fino all’esplosione finale; interrogazione del denaro, del suo potere distruttivo e seduttivo; indagine sul desiderio, il desiderio di cose, di possesso, di riconoscimento, ma anche sul suo opposto: il desiderio di oblio, di silenzio, di distruzione. Come la fiamma che costantemente si sottrae, mobile e sfuggente, Flashover è un libro ibrido, che eccede qualsiasi definizione perché coincide solo con se stesso. Giorgio Falco è nato nel 1967. Il suo primo libro, Pausa caffè, edito nel 2004 da Sironi, è stato finalista al Premio Chiara nel 2005. Per Einaudi pubblica nel 2009 L'ubicazione del bene, con il quale vince il Premio Pisa. Nel 2014 La gemella H vince, tra gli altri, il Premio Mondello Opera Italiana, il SuperMondello e il Premio Volponi. Nel 2014 esce per L'orma editore Condominio Oltremare (con Sabrina Ragucci) e l'anno seguente Sottofondo italiano (Laterza). Del 2017 è Ipotesi di una sconfitta (Einaudi), con cui vince il Premio Pozzale Luigi Russo 2018, il Premio Napoli 2018, il Premio Biella Letteratura e Industria 2019. Nel 2020, per Einaudi, esce Flashover. Incendio a Venezia.

 

 

COME CAPIRE E GESTIRE LA SOLITUDINE

Siamo abituati a pensare alla solitudine come a qualcosa con due facce, come una medaglia: da un lato la sofferenza e il disagio dell'animale sociale lasciato a sé stesso - tanto più insopportabile nella nostra società iperconnessa - e dal'altro la condizione privilegiata per trovare l'elevazione spirituale, la felicità della creazione artistica, il lampo di genialità dell'inventore e dello scienziato. Quel che è certo è che la "sofferta solitudine" si ritrova in tutti i disturbi psichici e comportamentali, di cui può essere di volta in volta causa, effetto o manifestazione. “La solitudine. Capirla e gestirla per non sentirsi soli” è il titolo del saggio di Giorgio Nardone, pubblicato da Ponte alle Grazie. In questo trattato di ampio respiro, oltre a passare in rassegna la cura della "sofferta solitudine" nel suo intreccio come le terapie delle diverse psicopatologie, siamo guidati alla sua scoperta come costante della condizione umana: come l'ombra che ci segue e dalla quale non possiamo mai definitivamente liberarci, croce e delizia, limite che diventa risorsa; non qualcosa da cui fuggire, ma il luogo in cui rifugiarci nei momenti peggiori, per recuperare le forze e riprendere il nostro viaggio nella vita. Giorgio Nardone, allievo di Paul Watzlawick, ha alle spalle trent’anni di attività terapeutica e decine di migliaia di casi trattati con successo. Ha fondato e dirige il Centro di Terapia strategica di Arezzo che ha affiliati in tutto il mondo. Tra i suoi libri ricordiamo: Paura panico fobie, L’arte del cambiamento, Cavalcare la propria tigre, Psicotrappole, La paura delle decisioni, Il dialogo strategico, La nobile arte della persuasione, Sette argomenti essenziali per conoscere l’uomo, Il cambiamento strategico (con Roberta Milanese), Oltre sé stessi, Emozioni. Istruzioni per l'uso tutti pubblicati da Ponte alle Grazie.

 

 

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