Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

In nome del popolo televisivo. Da Cogne
ai giorni nostri

Libri
Ogni settimana uno scaffale diverso, ogni settimana sarà come entrare in una libreria virtuale per sfogliare un volume di cui si è sentito parlare o che incuriosisce. Lo "Speciale libri" illustra le novità delle principali case editrici nazionali e degli autori più amati, senza perdere di vista scrittori emergenti e realtà indipendenti. I generi spaziano dai saggi ai romanzi, dalle inchieste giornalistiche, alla storia e alle biografie.

In nome del popolo televisivo. Da Cogne <br> ai giorni nostri

“In nome del popolo televisivo. Da Cogne ai giorni nostri” è un libro edito da Vallecchi Firenze firmato da un magistrato e da una giornalista del Tg1: Valerio de Gioia e Adriana Pannitteri. Dal 27 gennaio in tutte le librerie e store digitali, arriva e 20 anni dal drammatico delitto di Cogne.  Venti anni fa, infatti, il 30 gennaio del 2002, veniva trovato massacrato il corpo del piccolo Samuele in una villetta di Cogne, frazione di Montroz, in Val d'Aosta. Per quel delitto atroce, che tenne l’Italia in apprensione anche per l’esorbitante attenzione massmediatica, finirà in carcere la madre, Annamaria Franzoni.   E da quel momento il paesino montano di Cogne diventerà uno dei troppi luoghi della toponomastica italiana con delitti e violenze di cui si discute nei talk show ad ogni ora e in ogni rete. Niente sarà più come prima e il popolo dei salotti televisivi si approprierà di un linguaggio che prima era solo delle aule di tribunale. Il caso Yara, il caso Parolisi, il caso Vannini e via di seguito.  In nome del popolo televisivo (da Cogne ai nostri giorni) del magistrato  Valerio de Gioia e della giornalista del Tg1 Adriana  Pannitteri racconta, in modo chiaro e senza sconti, la deriva mediatica che sembra ormai entrata  a far parte del nostro costume nazionale. Come e più che in altri Paesi.  La prefazione è di Massimo  Bernardini e la postfazione di Klaus Davi.

 

GLI AUTORI Valerio de Gioia, magistrato dal 1998, autore di oltre 200 libri, attualmente giudice presso la prima sezione pena - le del Tribunale di Roma (specializzata per i reati contro i soggetti vulnerabili - violenza di genere). Docente presso la scuola di specializzazione delle professioni legali della Sapienza di Roma e l’Istituto di tecniche investigati - ve dell’Arma dei Carabinieri di Velletri (corsi di aggiornamento sulla violenza di genere).  Adriana Pannitteri, giornalista, lavora al TG1 dal 1997, ha seguito da invia - ta i casi più scottanti della cronaca. Dal 2001 conduce i telegiornali del mattino. È vice caporedattrice a TV7 e Speciali TG1. Laureata in scienze po - litiche e in criminologia, ha pubblica - to diversi libri su tematiche sociali tra cui: Madri assassine. Diario da Casti - glione delle Stiviere, La vita senza li - miti (con Beppino Englaro), La pazzia dimenticata. Viaggio negli OPG. Sul tema del femminicidio ha pubblicato due romanzi: Cronaca di un delitto an - nunciato e La forza delle donne. (4 feb - PO / Gil)

 

 

"MOIA CHI BOLLA", LA LENTA FINE DELLA PENA DI MORTE NEGLI USA

 

"Sono stato nel braccio della morte per 20 anni, per un reato che non ho commesso. Non ho avuto contatti fisici con amici e parenti in questi 20 anni di isolamento. Ieri, per la prima volta dopo tanto tempo, ho riabbracciato la mia sorellina. Toccare l'erba, guardare il sole non più dalle sbarre della mia cella è un dono, una cosa stravolgente. Sto ancora elaborando, non riesco ancora a trovare le parole giuste, se non per dire grazie a tutte e a tutti!". Queste sono le prime parole pronunciate daClinton Young, uscito dal braccio della morte dello stato del Texas, Usa, lo scorso il 21 gennaio, quasi 20 anni dopo la condanna alla pena capitale inflittagli nel 2003 per un duplice omicidio del quale si è sempre proclamato innocente. La testimonianza di Young si scontra – allo stesso tempo – con l’attualità che ci informa che l’Oklahoma e l’Alabama hanno eseguito le prime due condanne a morte del 2022. Per un’analisi sul tema dell’abolizione della pena di morte negli Stati Uniti Infinito edizioni presenta il volume di Riccardo Noury, Portavoce di Amnesty International sezione italiana, dal titolo "Molla chi boia. La lenta fine della pena di morte negli Stati Uniti". Noury (Roma, 1963) parla e scrive di diritti. Ha un blog sul Corriere della Sera e un altro sul Fatto Quotidiano. Collabora con Articolo 21, Pressenza Italia e Focus on Africa. È il portavoce di Amnesty International Italia. Ha pubblicato in Italia, per Edizioni Gruppo Abele, una raccolta inedita di poesie dei detenuti di Guantánamo. Cura l’edizione italiana del Rapporto annuale di Amnesty International, dal 2016 pubblicato da Infinito edizioni. Per questa casa editrice ha scritto l’e-book La testa altrove (2020), ha pubblicato, insieme a Luca Leone, Srebrenica. La giustizia negata (2015) e ha curato, sempre con Luca Leone, il saggio I dimenticati (2020).

 

 

VITTORIO MACIOCE IMMAGINA COSA "DICE ANGELICA"

Ce l’hanno raccontata a scuola, la vicenda di Angelica, la bella per eccellenza, la donna per cui i paladini di mezzo mondo impazziscono, si sfidano in epiche battaglie, disposti a rischiare la pelle pur di averla. Angelica l’esotica, l’insidiosa, il motore di ogni passione, che attende in silenzio di essere conquistata come un trofeo. Ma qualcuno si è mai chiesto se era d’accordo? Se a lei Orlando – che sarà pure stato l’eroe della cristianità, d’accordo, ma anche un uomo di rara bruttezza – piaceva? Se quella rissa tra maschi alpha non le sembrasse ridicola? Se desiderasse, magari, qualcos’altro? Lo ha fatto Vittorio Macioce, che nel libro "Dice Angelica" (Salani) per la prima volta dà voce a questa creatura tanto celebrata quanto misteriosa. In fin dei conti una ragazza normale, simile a quelle di oggi, con emozioni che intatte attraversano i secoli: il desiderio di sentirsi viva, di trovare un posto nel mondo; la necessità di fare chiarezza sulle proprie origini; il fastidio di essere continuamente oggetto di attenzioni maschili; il dolore di interpretare un ruolo cucitole addosso da altri. Ricostruendo in chiave contemporanea tutto ciò che la storia della letteratura ha trascurato di Angelica e delle pulsioni che la animano, Macioce ci guida alla riscoperta di una vicenda sorprendentemente densa di riferimenti pop – dai videogiochi allo spaghetti western, dalla musica ai romanzi fantasy – e che non ha mai smesso di dirci qualcosa sulla natura delle ossessioni amorose. "Ero solo una ragazza che cercava la strada più breve per raggiungere il centro del mondo. Quando ci sono arrivata, lo confesso, mi sono persa. Quello che non mi hanno mai perdonato è di averli sorpresi. Sono stata inseguita da personaggi che hanno generato stirpi di eroi. I loro figli e i figli dei figli sono ancora in giro, magari con maschere e nomi diversi, ma con lo stesso stampo. Molti neppure lo sanno. A tutti ho concesso qualcosa, spesso una speranza. Non me ne vergogno. Sono uscita di scena per amore, perché un ragazzo mi ha stretto la mano, con la stessa forza con cui ci si attacca alla vita". Un testo che nasce da decenni di studio incessante e di confronto tra i poemi cavallereschi e le tracce insospettabili arrivate fino al nostro tempo. Macioce, caporedattore ed editorialista del Giornale, è da anni una delle migliori penne del giornalismo culturale italiano. Tra le altre cose è il fondatore e il direttore artistico del Festival delle Storie nella Valle di Comino. Questo è il suo esordio nella narrativa.

 

 “L’ULTIMO DI SETTE”, IL PRIMO ROMANZO DI NINA ZILLI  

Lunedì 7 febbraio, alle ore 18.30, presso la Feltrinelli Libri e Musica in Piazza Piemonte, 2/4 - Milano, Nina Zilli presenta “L’ultimo di sette” (Rizzoli). Interviene Annalia Venezia. Anna è come i suoi quadri: istinto, energia pura, eleganza e creatività; sempre in giro per il mondo per un vernissage o per piazzare un’opera. Ha una relazione con Marco, che dura da dodici anni, ma è ormai spenta, senza l’entusiasmo e la complicità dell’inizio. Durante un’asta di beneficienza, su uno yatch di lusso a largo delle isole Eolie, Anna incontra Raffaello, talentuoso trombettista jazz dall’aria sexy e stropicciata. Tra loro scoppia una chimica irrefrenabile, ma decidono di concedersi solo una notte: la più bella, in mezzo al buio del mare, per un amore che si rivela indicibile. Poi più niente. Ma quella notte ha portato lo scompiglio nelle loro vite: non riescono a smettere di pensarsi. Si muovono alla ricerca l’una dell’altro in una città vorticante di persone: c’è Sandra, bloccata in una esistenza da cui non sa scappare; Rita, con il suo segreto inconfessabile; Alberto, che grazie a Luca si sta riaprendo all’amore; Marco, consapevole di perdere Anna ogni giorno che passa, e pure incapace di arginare la deriva. Anna e Raffaello si rincorreranno per giorni, senza sapere come trovarsi, giocando col destino e col caos per vivere i sette giorni che cambieranno le loro vite. Il primo, strepitoso romanzo di una delle più amate cantautrici italiane. Nina Zilli, nome d’arte di Maria Chiara Fraschetta, è una delle più celebri cantautrici italiane. Dopo l’esordio nel 2009 con il singolo 50mila, ha pubblicato quattro album e partecipato più volte al Festival di Sanremo, aggiudicandosi numerosi riconoscimenti. È stata conduttrice radiofonica e televisiva. Questo è il suo primo romanzo.

 

 

"CIVILIZZATI FINO ALLA MORTE", RYAN RACCONTA IL PREZZO DEL PROGRESSO

 

Selezionato tra i bestsellers authors del NY Times per il suo Sex at dawn (In principio era il sesso Odoya, 2015), l’antropologo Christopher Ryan è una voce famosa e apprezzatissima negli States.In uscita il 24 febbraio per Odoya in prima traduzione italiana il suo nuovo eccezionale saggio che si interroga sul rapporto costi/benefici della civilizzazione, dal titolo "Civilizzati fino alla morte. Il prezzo del progresso" (prima traduzione italiana Isabella Ventura Le teorie di Ryan sono sconvolgenti, provocatorie e maledettamente ben documentate. In questo libro, per decostruire quella che battezza NPP ovvero “narrativa del progresso perpetuo” si fa aiutare da Jared Diamond, Sarah Hrdy, Yuval Noah Harari e da decine di altri pensatori, il Freud de Il disagio della civiltà compreso! Le tesi di questo volume vertono su cosa sia andato veramente storto se “Ogni anno che passa è il più caldo mai registrato e guerre non ancora dichiarate si accendono dalle ceneri di altre appena concluse, mentre i partiti politici nominano ciarlatani che non riescono nemmeno a mettersi d’accordo su che cosa stia succedendo, figuriamoci su che cosa fare”. L’inizio dei problemi viene individuato nella civilizzazione: dal momento in cui l’Homo sapiens sapiens ha abbandonato il suo stato di cacciatore raccoglitore per diventare stanziale, coltivare la terra e accumulare proprietà i rapporti tra esseri umani e con la natura hanno iniziato a deteriorarsi. Ryan dimostra che in un mondo più legato alla natura  e solidale, meno affollato e con una vita più comunitaria la popolazione globale avrebbe evitato di rinchiudersi nello “zoo che ci siamo auto-costruiti attorno”. Il fatto che discendiamo (geneticamente parlando) tanto da primati aggressivi che dai pacifici Bonobo è uno dei primi argomenti di Ryan, ma non certo il suo unico asso nella manica. Gli esempi di vite “non civilizzate” e felici sono numerosissimi. I Pirahã dell’Amazzonia, descritti da Daniel Everett, non hanno mai mostrato interesse per i comfort della civiltà, eppure “sono sempre allegri e certi di poter affrontare qualsiasi cosa capiterà loro”. Colombo, a capo di una lunga stirpe di portatori di civilizzazione forzata (per usare un eufemismo) descriveva come miti e generosi i popoli appena conosciuti e Thomas Jefferson stesso lodava la felicità delle tribù di Nativi. E allora Malthus? E Hobbes? E i cantori della lunghezza della vita? Tutti confutati magistralmente, attaccando alcuni inganni statistici o bias che i grandi fautori del progresso, dello Stato e della civilizzazione hanno utilizzato a fondamento delle proprie argomentazioni. Forse non si stava meglio quando si stava peggio, ma di fronte all’orlo del baratro su cui ci troviamo, questa argomentata riflessione alla "Don't look up" assume il fascino dei testi che dicono qualcosa di veramente nuovo. Christopher Ryan ha condotto moltissime ricerche basate sulla necessità di distinguere ciò che appartiene al comportamento umano “naturale” da ciò che invece proviene dall’ambito culturale, focalizzandosi in particolare su sciamanesimo ed etnobotanica. Ha collaborato con articoli e interventi pubblici con le maggiori testate e network americani: MSNBC, Fox News, CNN, NPR, New York Times, Playboy, Washington Post, Time, Newsweek, Atlantic, Salon, TED, Big Think. Ryan è inoltre apparso con le sue riflessioni in oltre una dozzina di documentari, è l’autore di un podcast settimanale di grande diffusione mondiale, Tangentially Speaking, e di In principio era il sesso (Odoya 2015), bestseller tradotto in ventidue lingue.

(© 9Colonne - citare la fonte)