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Contro Draghi i veti
della vecchia Italia

 Contro Draghi i veti <br> della vecchia Italia

di Salvatore Tropea

C’era da immaginarselo, anche se l’ostacolo non è tra i più difficili e controversi dei tanti che il governo Draghi dovrà affrontare in questo inverno di tregua -si spera- del Covid e di più complessa gestione del PNRR. La sola idea di un riordino dei litorali italiani con riferimento al loro uso scellerato è stato come mettere la mano in un vaso di Pandora. Non tanto perché è venuto alla luce quel che già si sapeva quanto per il variegato e trasversale fronte di opposizione che va crescendo di giorno in giorno. E pensare che non è una novità, un capriccio di Draghi o di poche altre persone. La questione è aperta da decenni e rappresenta un’altra delle tante vergognose anomalie di questo paese.  Per come ha consentito che essa si incancrenisse e per come oggi si dice di voler rimediare di fatto apportando modifiche nella certezza che tutto rimanga come prima.

La sceneggiata che è andata in onda nelle ultime settimane, senza che sia finita, è il segnale che conferma la tetragona volontà delle forze politiche di ostacolare ogni tentativo di mettersi al passo con l’Europa e la loro ottusa intenzione di continuare a vendersi l’anima per un pugno di voti. Chi ha avuto l’opportunità di frequentare, sia pure di passaggio, i litorali di Francia, Spagna, Grecia, Portogallo (i paesi nordici sono fuori per ragione metereologiche) si è potuto rendere conto che, pur non essendo ovunque rose e fiori, in nessun posto la gestione di un bene che dovrebbe essere di tutti è stato come da noi consegnato a pochi perché lo usassero a loro piacimento, senza regole, canoni irrisori quando esistenti (e non è sempre così), senza limiti di tempo. Un saccheggio.
Stiamo parlando di un paese che dispone all’incirca di 7500 chilometri di coste (un terzo delle quali alte e rocciose), e di queste ben 3270 chilometri sono costituite da spiagge basse e sabbiose con un tasso di erosione solo in parte naturale di dimensioni notevoli. Parrebbe dunque di capire che rimettere ordine, cominciando con un censimento non affidato al buon cuore degli interessati, debba essere il primo passo e a seguire l’entrata in vigore di un metodo di appalti che tenga conto della località, del valore aggiunto ammesso che qualcuno ve lo abbia apportato, della durata della stagione (che da noi viene sempre limitata all’estate del calendario a differenza di quanto avviene in Francia e in Spagna), delle aspettative di entrate e di altri parametri.
Ebbene, tutto questa ha scatenato una vera guerra con la discesa in campo di difensori che forse Draghi non immaginava pensando che l’attenzione di questi paladini fosse concentrata su argomenti più complessi. E invece no. E’ su questi problemi che gli appetiti politici mostrano una voracità senza eguali: soprattutto se di essi accade di dover parlare mentre si è in marcia verso un appuntamento elettorale che in Italia è sempre alle viste. E con essa anche l’ingratitudine di un parlamento (invocato spesso come espressione di democrazia come dovrebbe essere) che non perde occasione per mettere in difficoltà, a volte sotto accusa, un personaggio come il capo del governo, dopo averlo osannato alla bisogna per poi mettergli il bastone tra le ruote, rimproverandogli ambizioni, accusandolo di parlare poco o di farlo troppo, dimenticando il perché si trova nel posto in cui si trova. E dimostrando, se mai ve ne fosse bisogno, che non era lontano dal vero Fedor Dostoevskij quando definiva l’uomo “creatura bipede e ingrata”. 

 

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