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direttore Paolo Pagliaro

Donne, Messico e liberta': Tina Modotti a Genova

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

Donne, Messico e liberta': Tina Modotti a Genova

Tra le più grandi interpreti femminili dell’avanguardia artistica del secolo scorso, Tina Modotti espresse la sua idea di libertà attraverso la fotografia e l’impegno politico e sociale, diventando icona del Paese che l’aveva accolta ma trascendendo ben presto i confini del Messico nella sua pur breve vita, per essere così riconosciuta sulla scena artistica mondiale. Ancora oggi Tina Modotti rimane il simbolo di una donna emancipata e moderna, la cui arte è indissolubilmente legata alla ricerca verso una “nuova umanità”. Dopo il successo al Mudec Photo di Milano, dall’8 aprile al 9 ottobre 2022 arriva a Palazzo Ducale di Genova la mostra “Tina Modotti. Donne, Messico e Libertà”, promossa da Fondazione Palazzo Ducale, Regione Liguria, Comune di Genova, prodotta da 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE, a cura di Biba Giacchetti, in collaborazione con Sudest57 e realizzata grazie al fondamentale contributo scientifico del Comitato Tina Modotti. In esposizione un centinaio di fotografie, stampe originali ai sali d'argento degli anni Settanta realizzate a partire dai negativi di Tina, che Vittorio Vidali consegnò al fotografo Riccardo Toffoletti, il quale fu protagonista della sua riscoperta, oltre a fotografie, lettere e documenti conservati dalla sorella Jolanda, e video per un racconto affascinante, che avvicinerà il pubblico a questo spirito libero, che attraversò miseria e fama, arte e impegno politico e sociale, arresti e persecuzioni, ma che suscitò anche un’ammirazione sconfinata per il pieno e costante rispetto di sé stessa, del suo pensiero, e della sua libertà.

A MILANO CONFRONTO TRA CARAVAGGIO E CARLO MATTIOLI

Dal 7 maggio al 3 luglio la Pinacoteca Ambrosiana di Milano ospiterà la mostra "Mattioli/Caravaggio. The lightful fruit", ideata e organizzata dalla Fondazione Carlo Mattioli di Parma. L’esposizione presenta venti opere a olio di Carlo Mattioli (1911-1994), uno dei maestri italiani dell’arte del Novecento, che dialogano con "La canestra di frutta" di Caravaggio, conservata nel museo milanese. Il confronto con un maestro assoluto come Caravaggio e con una delle sue opere più iconiche sta all’origine di un ciclo di dipinti e disegni che Mattioli volle presentare alla Biennale di Venezia del 1968, ma che rimase visibile solo il giorno dell’inaugurazione a causa della contestazione sociale e politica che si sviluppò in quell’anno. Il tema analitico e il processo creativo sono allestiti nelle prime due sale all’interno di sette vetrine sui materiali utilizzati dal pittore. Il tema realizzativo è concentrato nella terza sala in dialogo diretto con l'opera di Caravaggio ed è ottenuto attraverso un suggestivo allestimento nella penombra della stanza. Il tema concettuale, nella quarta stanza, propone la visione delle ultime opere relative alla "Canestra" e una sezione video che narra l’evoluzione del processo esplorativo di Mattioli. “'Mattioli/Caravaggio. The lightful fruit' alla Pinacoteca Ambrosiana - afferma Marcella Mattioli, presidente della Fondazione Carlo Mattioli e figlia dell’artista - è il primo passo del viaggio che la Fondazione ha deciso di intraprendere rileggendo l’opera di Mattioli attraverso nuove forme di comunicazione e una serie di mostre monografiche con dipinti originali e tecnologie multimediali”. “Questa iniziativa - aggiunge Anna Zaniboni Mattioli, vicepresidente della Fondazione - si confronta con il passato, ma con lo sguardo contraddittorio, lucido e nevrotico dell’uomo di oggi, rendendo più scoperta la volontà di “mostrare” le istanze contemporanee di Carlo Mattioli”. “La Veneranda Biblioteca Ambrosiana - dichiara mons. Alberto Rocca, direttore della Pinacoteca Ambrosiana, ha accolto questo progetto con grande favore, nella certezza che l’arte sa instaurare un dialogo che non conosce confini di tempo, anche parlando linguaggi diversi come diverse, ma di pari grandezza, possono essere le opere di Caravaggio e Mattioli”. (gci)

"OLTRE CARAVAGGIO": A CAPODIMONTE IL '600 NAPOLETANO

Dallo scorso 31 marzo fino al 7 gennaio 2023 si svolgerà al Museo e Real Bosco di Capodimonte di Napoli la mostra “Oltre Caravaggio. Un nuovo racconto della pittura a Napoli”, a cura di Stefano Causa, docente di Storia dell’arte moderna e contemporanea all’Università degli studi di Napoli “Suor Orsola Benincasa”, e Patrizia Piscitello, responsabile Ufficio mostre e prestiti del Museo, da un’idea di Sylvain Bellenger, in collaborazione con le associazioni Amici di Capodimonte Ets e American Friends of Capodimonte. In esposizione 200 opere provenienti tutte dalle collezioni permanenti del museo. L'obiettivo è quello di approfondire il '600 napoletano, riscoperto e definito dallo storico d’arte Roberto Longhi (1890-1970), secondo il quale il naturalismo di Caravaggio sarebbe la spina dorsale dell’arte napoletana. I curatori della mostra, in base agli studi degli ultimi decenni, propongono di riconsiderare lo schema di Longhi, ormai ampiamente storicizzato, e di ripensare l’intera articolazione di un secolo che non fu solo quello di Caravaggio, ma anche di Jusepe de Ribera, spagnolo arrivato a Napoli nel 1616, sei anni dopo la morte di Caravaggio. La mostra “Oltre Caravaggio” porta Ribera, rappresentato nelle collezioni di Capodimonte da opere sacre, mitologiche e nature morte, al centro della scena artistica napoletana.
(gci)

ANTONIO AMODIO AD ANCONA CON “L’ANIMA DELLA MATERIA”

Dallo scorso 22 marzo fino al 26 aprile il Museo Tattile Statale Omero di Ancona ospiterà le opere di Antonio Amodio nella mostra "L'anima della materia: il volto degli apostoli tra testimonianza e destino", curata dallo storico dell’arte Davide Adami, mentre dal 29 aprile al 28 maggio la mostra sarà allestita nella cripta della chiesa di Santa Maria in Organo a Verona. La Fondazione Verona Minor Hierusalem, fondata dalla Diocesi di Verona e sostenuta in particolare dalla Fondazione Cariverona che opera anche nella città di Ancona, intende valorizzare le opere del maestro Antonio Amodio con questa mostra ideata dalla direttrice Paola Tessitore in linea con il modello valoriale e organizzativo “Tessere relazioni per il bene comune”. L'esposizione rientra nel progetto “Musei integrati” promosso dall’ICOM Italia, dal Muse di Trento e dall’Associazione Nazionale Musei Scientifici, che mira a far crescere la consapevolezza della sostenibilità nell’ecosistema dei Musei italiani. Per l'occasione, l'artista ha creato dodici dipinti e dodici sculture in legno di cedro, dedicate all’interpretazione del volto degli apostoli negli ultimi giorni di Gesù. Le sculture in legno, fruibili tattilmente, suggellano l’incontro tra arte e sostenibilità ambientale: sono state realizzate, infatti, usando il legno degli alberi caduti il 23 agosto 2020 durante una forte tempesta a Verona. Inoltre, la mostra è inclusiva e accessibile anche grazie ai dipinti “udibili” che accompagnano le sculture. In ogni dipinto è presente un QR Code che riporta a un testo scritto dal biblista Martino Signoretto, vicario alla cultura della Diocesi di Verona, e letto e interpretato dall’attore Alessio Tessitore. Antonio Amodio nasce a Verona nel 1972. Comincia la sua attività lavorativa ed artistica a soli quattordici anni, orientando i primi studi su scultura e bassorilievo. Si esercita quale allievo dell’artista Giovanni Massagrande, approfondendo anche la pittura. Fondamentale, per Amodio, sono gli incontri con lo scultore Giacomo Manzù e il pittore e scultore veneziano Saverio Barbaro, con il quale instaura un rapporto di collaborazione.
(gci)

"CANOVA, GLORIA TREVIGIANA" A TREVISO

Dal 14 maggio al 25 settembre il Museo Bailo di Treviso ospiterà la mostra "Canova, Gloria trevigiana. Dalla bellezza classica all’annuncio romantico" dedicata al grande scultore Antonio Canova, curata da Fabrizio Malachin, direttore dei Musei Civici di Treviso, insieme a Giuseppe Pavanello e Nico Stringa. Fabrizio Malachin evidenzia come la “trevigianità” derivi da elementi storici molto precisi: la città, all’indomani della scomparsa dello scultore avvenuta a Roma, decide di onorarlo con un monumento marmoreo ed una medaglia celebrativa, affidando la realizzazione del primo a Luigi Zanomeneghi e la medaglia a Francesco Puttinati; l’Ateneo di Treviso volle dedicare a Canova anche una sonata “con parole e musica appositamente composta per tale occasione dal socio onorario dell’Ateneo Maestro professor Rossini”; l’attivismo dell’Ateneo non lasciò indifferente il fratello di Antonio Canova, Giovanni Battista Sartori, che nel 1837 donò al sodalizio trevigiano il volume monumentale con le incisioni delle opere di Antonio Canova. Il ruolo di Treviso divenne fondamentale anche negli anni del secondo centenario canoviano della nascita dell’artista, quello del 1957, con la “Mostra Canoviana”, allestita a Palazzo dei Trecento e curata da Luigi Coletti, che ebbe l’oggettivo merito di riaccendere i riflettori sullo scultore. L’assessore alla Cultura Lavinia Colonna Preti anticipa che la mostra trevigiana intende svelare, per la prima volta al largo pubblico, "una serie di reperti conservati nelle collezioni civiche, mai sino ad ora esposti. A partire dai calchi della mano destra del Maestro e della sua maschera funeraria, autentiche 'reliquie' dell’artista, entrate nelle collezioni civiche già in epoca ottocentesca".
(gci)

A GENOVA LE LUCI DI FRANCESCO MURANO PER MONET

Fino al 22 maggio sarà visitabile al Palazzo Ducale di Genova la mostra "Monet - Capolavori dal Musée Marmottan Monet di Parigi", dedicata a uno dei pittori più amati tra gli impressionisti, iniziata lo scorso 10 febbraio con la curatela di Marianne Mathieu. L’illuminazione della mostra è stata curata da Francesco Murano, tra i più richiesti progettisti italiani d’illuminazione al servizio dell’arte e autore delle luci delle più importanti esposizioni in Italia, il quale dichiara che si tratta di un appuntamento “da non perdere, perché espone eccezionalmente i capolavori del museo Marmottan, fornendo così un’occasione unica e irripetibile per vederne così tanti e tutti insieme”. Murano, che recentemente ha illuminato le opere di Bill Viola e di Jago a Roma e quelle di Chagall a Milano, per valorizzare i quadri di Monet si è servito di una doppia illuminazione: “Una luce fredda sulle pareti che ospitano le opere e una luce calda e circoscritta sulle opere stesse, l’insieme delle due luci produce un miglior contrasto cromatico, riuscendo così ad enfatizzare le pennellate di Monet”.
(gci)

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