di Paolo Pagliaro
Oggi che tra mille dubbi si chiude formalmente l’emergenza covid, qualcosa se ne va - come le mascherine - e qualcosa resta, come il lavoro da casa. Dice un’indagine Inapp che chi ha provato lo smart working non vuole più tornare indietro. Più della metà delle aziende che lo hanno sperimentato durante la pandemia vorrebbe continuare a utilizzarlo e lo stesso vale per il 76% dei lavoratori. Due imprenditori su tre sostengono che aumenta la produttività, mentre per l'80% degli occupati, in particolare le donne, migliora la gestione degli impegni privati e familiari.
L’anno scorso lo smart working - che tra i pregi ha anche quello di ridurre il traffico nelle città - ha riguardato 2 milioni e mezzo di persone, quasi tutte nel centro-nord. Peccato, perché – come fa notare il presidente dell’Inapp – il lavoro agile potrebbe contribuire al ripopolamento delle aree interne e consentirebbe il cosiddetto "southworking", cioè le prestaioni lavorative svolte al Sud per imprese del Nord.
Nella prospettiva di un lavoro che evolve e supera le barriere territoriali una buona notizia è l’inaugurazione questa mattina a Roma, nell’ambito dell’Istituto Matteucci, del primo liceo digitale. Si basa sull’integrazione tra materie scientifiche, tecniche e umanistiche, utilizza le competenze di Fondazione Leonardo-Civiltà delle macchine e nel primo biennio prevede un corso di introduzione all’intelligenza artificiale.