Piazza Navona o Tor Sapienza a Roma, la Crocetta o Mirafiori Sud a Torino, via della Spiga o Rogoredo a Milano, Riviera di Chiaia o Scampia a Napoli: la scelta è quella di sempre e rimanda alla sensibilità della politica nel guidare la macchina delle grandi città con un’attenzione che non penalizzi le periferie e le aree degradate. Argomento che con gli anni non ha perduto di attualità e anzi è diventato, a parole per la politica, il terreno arato fino alla noia nelle serate televisive.
Si diceva, una volta, ed era in qualche misura vero, che questa operazione di presidio delle aree urbane più problematiche fosse un punto di forza della sinistra ma c’erano anche territori dove s’imponevano le destre spesso in versione nostalgica ed estrema. Da quando una spinta centripeta ha risucchiato verso il centro delle città gli interessi della politica le periferie di sono come dilatate fino a diventare delle vandee fuori controllo (anche col contributo dell’immigrazione mal gestita) dove all’insicurezza e alla paura, all’assenza di un lavoro degno di questo nome, si accompagnano e crescono un generale e diffuso sordo rancore, una rassegnazione, un disinteresse. Insomma tutti quegli ingredienti che hanno contribuito a ingrossare le file dell’esercito del nono-voto.
Ed eccoli, ancora una volta, tutti impancati a spiegarne le ragioni che, sotto forma diversa e in misura meno allarmante di quelli del Novecento anche perché allora c’erano i partiti che facevano da parafulmine e disponevano di apparati per poter correre ai ripari, sembrano le stesse ma hanno un carattere d’urgenza più preoccupante. Reazione? Niente di nuovo, tanto non durerà molto, passerà come altre volte.
E intanto l’attenzione si sposta sulle future elezioni che in Italia non mancano mai. E aiutano a mandare ancora una volta in archivio i buoni propositi di recupero delle periferie che continuano a restare terra di nessuno. Tanto più che ad occuparsene dovrebbero essere gli stessi che le hanno trascurato o illuse per decenni al punto che oggi, neppure volendo, saprebbero da che parte cominciare. A fronte di questa situazione va prendendo corpo il pericolo che viene sottovalutato anche se in misura e in forme diverse dalla sinistra e dalla destra.
La vandea, che è prossima a diventare un 40 per cento degli elettori aventi diritto è un corpo in sonno e in quanto tale non è detto che sia disposta ad accettare in eterno questa marginalizzazione che la tiene isolata e prigioniera dei suoi bisogni di cui nessuno si occupa, a stare a guardare andando dietro alle promesse destinate ad essere disattese. Per la verità alcuni osservatori hanno avvistato e anche segnalato il fenomeno ma senza trovare grande ascolto. Eppure non mancano gli esempi del passato che pur nella loro diversità contestuale dovrebbero suonare come un allarme oggi forse più inquietante per il fatto che due fattori, il Covid non ancora sconfitto e la guerra in Ucraina tutt’ora in corso, contribuiscono a rendere più fosco un orizzonte che è più vicino di quanto si vuole far credere. E quando esplode lo scontento si sa come ha inizio ma non quale può essere la fine. Dai boia chi molla ai forconi c’è tutta una letteratura che sarebbe opportuno rivisitare prima che la piazza aggiunga un altro capitolo.