di Paolo Pagliaro
E’ difficile spiegare l’origine delle grandi tragedie come le guerre o le dittature. Raramente i contemporanei hanno la percezione di ciò che davvero sta accadendo. L’altro giorno al congresso della Cgil il fondatore della Comunità di Sant’Egidio ha osservato che le nuove generazioni vivono le guerre – ultima quella in Ucraina - come un videogame, con un sostanziale indifferenza.
Non è una novità. In questi giorni è uscita l’edizione italiana di un libro che racconta ciò che videro, credettero di vedere o non videro affatto i viaggiatori nella Germania nazista tra il 1933 e il 1945. Pubblicato da Luiss University Press si intitola “Turisti nel Terzo Reich” e lo firma la saggista inglese Julia Boyd. Esplorando la quotidianità, e basandosi su diari, lettere, relazioni di viaggiatori spesso qualificati come professori, politici, musicisti, diplomatici, giornalisti e persino premi Nobel., l’autrice racconta la storia di un grande abbaglio: quello che fece ritenere a migliaia di visitatori europei e americani che della Germania si dovessero apprezzare le bellezze naturali, i centri storici, la gioia di vivere e la diffusa cordialità. perché per il resto nulla di particolarmente rilevante o preoccupante stava accadendo. Il partito nazionalsocialista veniva considerato poco più che folklore bavarese, e quanto alla persecuzione degli ebrei il turista medio americano era restio a interessarsene, per non sentirsi rinfacciare il trattamennto riservato ai neri nel suo paese.
Certamente nessun turista senti mai nominare i fratelli Sophie ed Hans Scholl, che insieme ai loro compagni avevano dato vita all’organizzazione studentesca antinazista Weisse Rose, e che per questo finirono ghigliottinati nel carcere di Stadelheim. Accadde in questi giorni, 80 anni fa e Paolo Ghezzi ce lo rammenta nel libro “La Rosa Bianca”, che per le edizioni di San Paolo ripercorre la resistenza al nazismo in nome della libertà.
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