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Fabio Lo Verso: Vi racconto la Sicilia dove 'il mare e' color veleno'

Libri
Ogni settimana uno scaffale diverso, ogni settimana sarà come entrare in una libreria virtuale per sfogliare un volume di cui si è sentito parlare o che incuriosisce. Lo "Speciale libri" illustra le novità delle principali case editrici nazionali e degli autori più amati, senza perdere di vista scrittori emergenti e realtà indipendenti. I generi spaziano dai saggi ai romanzi, dalle inchieste giornalistiche, alla storia e alle biografie.

Fabio Lo Verso: Vi racconto la Sicilia dove 'il mare e' color veleno'

“Ho scritto il libro che avrei voluto leggere. Non è solo il mio primo libro, è il primo scritto su questo argomento. La molla che mi ha portato a lavorare a questa inchiesta è stato il fatto che nessuno conoscesse quella realtà”. Il giornalista Fabio Lo Verso racconta così a 9Colonne come nasce “Il mare color veleno. Indagine su uno dei più grandi disastri ambientali del paese” (Fazi editore, Collana Le terre, pp. 250 ca., 18 euro): un viaggio-inchiesta tra Augusta e Siracusa, lungo la costa più inquinata della Sicilia, dove la popolazione convive da mezzo secolo con i veleni di un gigantesco polo petrolchimico.

“Il quadrilatero della morte”. Così è stato ribattezzato il tratto della costa siciliana tra Augusta e Siracusa – nel dopoguerra «il più bel posto della Sicilia» secondo lo scrittore Tomasi di Lampedusa – dove ha sede il più grande polo petrolchimico d’Italia, il secondo in Europa, un Moloch che produce il 37% del PIL della regione: tre impianti di raffinazione petrolifera, due stabilimenti chimici, tre centrali elettriche, un cementificio, due fabbriche di gas industriale e decine di aziende dell’indotto. In questi trenta chilometri di territorio dove fabbriche, cisterne e ciminiere si estendono a macchia d’olio sfigurando il paesaggio, ormai da mezzo secolo si consuma un disastro ambientale di proporzioni incalcolabili.

Il mare colore veleno è un lucido e appassionante reportage dai quattro comuni dello sciagurato quadrilatero: dalla città di Augusta al borgo di Melilli, da quello di Priolo Gargallo al capoluogo Siracusa. Qui dove il miraggio industriale si è dissolto in una lunga agonia sanitaria, economica e sociale, Fabio Lo Verso ha raccolto le testimonianze di attivisti, ex operai, sindaci, politici, procuratori, esponenti della comunità scientifica e difensori dell’industria, ma anche gente comune, famiglie colpite da gravissimi lutti, i cui sentimenti oscillano tra rabbia, paura e rassegnazione.

Nato a Palermo e trasferitosi in Svizzera all’età di vent’anni, Lo Verso è stato direttore di giornale per 15 anni, fino al 2018: “Volevo tornare a fare il giornalista, quel lavoro che ho visto fare dai miei collaboratori, e mi sono chiesto da dove iniziare”. Poi la svolta legata al ricordo della sua gioventù palermitana: “Ho ripensato a mio padre, uno dei tanti disoccupati della città, e alla sua paura di dover lavorare al polo petrolchimico” racconta Lo Verso.  Lo scrittore ripensa a “quel tarlo”, decide di voler capire cos’è davvero quel posto “che avevo cominciato ad associare all’inferno da come se ne parlava”.

 “Ho cercato tra gli articoli che avevo messo da parte negli anni - racconta Lo Verso - ho controllato gli atti parlamentari e le ricerche scientifiche sull’inquinamento”. Il risultato è un reportage narrativo crudo e dolente sul disastro ambientale meno conosciuto d’Italia ma fra i più antichi e profondi. “Quella popolazione in tutti questi anni non è stata ascoltata né presa in considerazione e quello che mi auguro e mi aspetto è che questo libro possa far conoscere la loro storia e la loro lotta”. Nonostante la distanza dal Belpaese, lo scrittore non è mai riuscito ad “allontanarsi” dalla terra sicula: “Ho bisogno di vibrare col siciliano, che parlavo con mia madre; ho bisogno di parlarlo, di sentirlo; ho bisogno di quell’aria, di quel mare”. L’animo siciliano ha fatto spazio ad una parte svizzera, dopo trent’anni di vita nel Paese elvetico: “Spesso - ha continuato il giornalista - i figli degli emigrati conoscono pochissimo l’Italia e parlano un italiano approssimativo. Io cerco sempre di spiegare la bellezza di avere due identità: molti si sentono costretti a non amarne una o a rifiutarla, come se non ci fosse posto nell’animo per due essenze”. Una doppia identità che Lo Verso descrive “forte e dolce”, perché “l’una nutre l’altra vicendevolmente, entrambe mi rendono la persona che sono”. (BIG ITALY / nog)

(© 9Colonne - citare la fonte)