di Paolo Pagliaro
Se fossero uno Stato a sé, le quattro regioni del centro Italia - Lazio, Toscana, Marche, Umbria – sarebbero al primo posto in Europa nella classifica dell’economia circolare, che è l’uso parsimonioso delle risorse naturali. Ma poiché l’Italia è sempre più una somma di divari territoriali, il primo posto non è suo ma dell’Olanda. Tranne che nel riciclo dei rifiuti, dove eravamo e restiamo i primi, in Europa corrono tutti più veloci di noi: consumiamo più materia e generiamo più rifiuti sia per abitante che per unità di Pil, produciamo più emissioni climalteranti procapite, siamo più voraci degli altri nel consumo di energia fossile e più lenti nella crescita delle rinnovabili.
La sensazione netta, leggendo i dati del Rapporto Circonomia 2023, presentato oggi, è che in Italia la “macchina” della transizione ecologica sia in panne. Un dato che colpisce è il modesto numero di brevetti in tema di ambiente ed efficienza energetica: sul totale Ocse la Germania ne ha registrati il 12,6%, l’Italia non supera l’1,5. In questo quadro che rivela un disimpegno sistemico, ci sono però esempi virtuosi di risparmio energetico ottenuto grazie al riciclo. In Europa vengono citati i risultati ottenuti dal consorzio italiano Conou, che si occupa di raccogliere e rigenerare gli oli minerali usati. L’anno scorso ha raccolto quasi tutto l’olio usato raccoglibile, rigenerandone in nuove basi lubrificanti il 98%. Questo risultato ha portato a un grande risparmio energetico e a 64 mila tonnellate di minori emissioni di Co2.
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