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direttore Paolo Pagliaro

La farsa
dell’extraprofitto

La farsa <BR> dell’extraprofitto

di Paolo Pagliaro

Il 7 agosto il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini annunciò che il governo aveva approvato un “prelievo sugli ‘extraprofitti’ delle banche”, definendolo una “misura di equità sociale”. Il leader della Lega disse che il fisco avrebbe incassato alcuni miliardi da utilizzare per il taglio delle tasse e per venire in soccorso di chi non poteva più pagare il mutuo per la prima casa. Nulla di tutto questo è accaduto.
Attenti alle obiezioni delle banche, durante l’esame del decreto in Parlamento i partiti di maggioranza approvarono infatti un emendamento che consentiva alle interessate di non pagare la tassa purché destinassero a riserva un importo pari a due volte e mezzo il suo valore. Le banche potevano decidere , in sostanza, se rafforzare il proprio patrimonio o quello dello Stato. Inutile dire che tutte le banche, nessuna esclusa, hanno scelto la prima opzione. E così, nonostante in questi giorni gli istituti di credito abbiano presentato relazioni trimestrali con profitti miliardari, grazie all’aumento dei tassi, nessuno di loro ha destinato un euro aggiuntivo allo Stato. Neppure il Monte dei Paschi di Siena, che pure è controllato dal ministero dell’economia. Osservatori neutrali giudicano questa vicenda farsesca.
Il copione rischia ora di ripetersi con le compagnie assicuratrici, sollecitate ieri dal ministro Urso ad investire in titoli del debito pubblico, per mettere in sicurezza il più possibile i conti dello Stato. Le risposte non sono state però quelle attese. Unipol ha spiegato che i vincoli europei impongono investimenti diversificati, Il capo di Generali è stato più sbrigativo e ha risposto che lo Stato non può ricordarsi delle assicurazioni solo quando ne ha bisogno. La campagna “oro alla patria” non decolla.

(© 9Colonne - citare la fonte)