In questi giorni, puntellati da tragici eventi, infuria la discussione sul patriarcato. Da più parti vengano fatti notare i drammatici risultati di questo tipo di società che è sostanzialmente quella in cui si è sviluppato, tranne alcune eccezioni, il mondo che noi conosciamo.
Antigone prende la sua rivincita e chiede di annullare i privilegi dei Padri. Lotta sacrosanta e a cui gli uomini, anche i tanto vituperati Padri, non dovrebbero opporsi.
Lo dico per esperienza diretta. Sono nato in una fortunata zona d’Italia - l’Emilia-Romagna - dove un matriarcato di fatto è sempre esistito e perdura. La figura della “azdora” romagnola è ormai mitica e ci sono realtà - come quella di Carpi, con il suo distretto industriale della maglieria -, che sono state studiate sociologicamente ed economicamente proprio perché presentavano la particolarità di essere guidate da donne. Amazzoni economiche che decidevano tutto quanto riguardava la famiglia e l’impresa.
Io stesso sono nato e cresciuto in una famiglia matriarcale. Ho convissuto a fianco di diverse famiglie matriarcali. I nostri padri non contavano nulla ed erano figure di contorno. Gli scontri avvenivano quando i Padri, con rare e sbagliate alzate d’ingegno, cercavano di recupare il loro ruolo. Ed ecco allora che tornavano ad arrogarsi antichi privilegi che riguardavano l’educazione della prole o le questioni economiche. Poveretti, causavano un po’ di sofferenza sopportabile, ma subito dopo arrivava la Madre onnipotente che metteva tutto in ordine e spiegava, senza dirlo, che sì, si doveva sopportare la tirata di quegli strani personaggi, ma che poi era sempre lei che decideva. E decideva sempre per il meglio, con umanità e amore.
L’essere umano è una specie estremamente adattabile e in queste fortunate terre si è sviluppato uno strano tipo d’uomo: il fuco.
Si narrano storie leggendarie dei fuchi emiliano-romagnoli. Questi uomini, solitamente di bell’aspetto ed estroversi, venivano scelti dalle operose donne diventate capo d’aziende multinazionali tascabili quasi sempre per le loro doti estetiche e caratteriali. Il fuco non doveva fare nulla se non accompagnare senza troppo discutere l’alacre vita delle consorti. In cambio ottenevano tutto quanto un “vero” uomo può desiderare: cibo e bevande a volontà, hobby a profusione (prima la caccia, poi nel tempo ogni genere di sport), mezzi di locomozione di lusso (a Carpi c’era la più alta concentrazione di Ferrari al mondo), amanti (prima qualche formosa contadina, poi qualche sensuale donna dell’Est, raffinata nell’ars amatoria francese), viaggi esotici.
I più raffinati, pochi, potevano poi dedicarsi a ciò che aspira profondamente l’essere umano: pensare, filosofeggiare, scrivere, sognare.
In cambio i fuchi dovevano rispettare l’istituzione familiare (amanti sì, ma nemmeno a pensarci al divorzio), fare divertire la donna nei rari momenti di relax e presiedere a non pressanti momenti di socialità (la messa della domenica, il teatro, il cinema, qualche cena).
Io stesso ho vissuto da aspirante fuco per alcuni anni senza neppure avere l’incombenza di attività sessuali tese alla riproduzione. Il fatto era che la Madre aveva intuito che avevo qualche misera capacità nel comprendere le cose del mondo e quindi decise che avrei potuto avere tutto - in doppia misura - a patto che studiassi.
Oh, paradiso in terra!
Studio, sport, viaggi nell’agio più assoluto senza nessuna preoccupazione economica. E tanta storia, tanta filosofia, tanti libri, tutti quelli che volevo, a patto che passassi qualche stupido esame universitario.
Una condizione invidiabile accompagnata da un amore smisurato verso la donna che mi permetteva quella magnificenza.
Poi purtroppo si prendono brutte strade e così, dopo tanto splendore, decisi, e mal me ne incolse, di lavorare e di vivere da brava persona. Di buone intenzioni sono lastricate le vie dell’Inferno. E quindi arrivarono il lavoro, la necesità di conquistare un “posto in società”, talvolta la lotta per il potere, le passioni sociali e politiche, l’amore per una persona perbene. insomma la degradazione più abbietta per chi abbia assaporato il gusto della vita autentica.
E da quel punto sono costretto ad una vita miserevole fatta di stipendi, improvvisazioni economiche, preoccupazioni per la famiglia e il tentativo di trovare frattaglie di tempo per dedicarmi alle nobili passioni.
Se mi chiedessero se sono favorevole ad una società matriarcale, sulla base della mia esperienza, risponderei con un sì assolutamente convinto. Date il mondo in mano a persone come la mia mamma e in poco tempo saremo tutti ricchi, felici e spensierati. Grazie al suo inimmaginabile sacrificio.