Un momento di confronto tra le raffinate creazioni di Dany Vescovi con preziosi manufatti, come ricami, tessuti e argenterie, e con opere realizzate da artisti come Jacopo della Quercia, Felice Palma, Agostino Ghirlanda, Domenico Fiasella. È questa l’idea alla base della mostra “Bagliori su tela. Ricami dipinti”, visitabile dallo scorso 9 dicembre fino al 3 marzo 2024 presso il Museo Diocesano di Massa (MS), realizzata in collaborazione con l’Associazione Quattro Coronati. Si tratta della nuova tappa di un percorso che da qualche anno vede il Museo impegnato nel mettere a confronto arte antica e linguaggi contemporanei, in grado di offrire al visitatore tanti spunti di riflessione sulle infinite possibilità che la natura offre per esprimere la bellezza. Dopo la mostra estiva del ceramista giapponese Mizokami Kazumasa, ora è la volta del milanese Dany Vescovi, i cui dipinti offrono un’interpretazione originalissima dello stesso tema, traendo spunto direttamente da alcune opere del Museo. In tutto sono 24 le opere realizzate dall’artista appositamente per questa mostra, in cui ha focalizzato la sua attenzione su alcuni dei manufatti esposti elaborando i particolari con l’utilizzo di tecniche diversificate. Un processo creativo, di graduale sviluppo dell’opera, che fa ricorso anche alle nuove tecnologie ma che, per la sua complessità e articolazione, rimanda ai procedimenti lunghi e minuziosi che caratterizzavano il fare delle antiche botteghe. Il filo conduttore delle mostre è la natura, tema di particolare attualità alla luce delle emergenze climatiche che richiedono da parte di tutti un concreto impegno verso la salvaguardia del pianeta. Il percorso espositivo allestito nelle sale del museo, in questo caso, si focalizza sul valore e i significati degli elementi naturali nelle opere di arte sacra. Parallelamente si è lasciato spazio a espressioni frutto della creatività di artisti contemporanei. “Il linguaggio di Vescovi - spiega Mauro Daniele Lucchesi dell’Associazione Quattro Coronati - riesce a far dialogare la dimensione figurativa con quella del linguaggio visuale geometrico astratto, affrancandosi dagli effetti decorativi e dagli artifizi visivi come quelli della prospettiva. Il suo apparato linguistico si addentra in un contesto percettivo assimilabile a quello surrealista ma anche psichedelico, forzando il fruitore a liberarsi dagli schemi percettivi precostituiti, alterando anche le priorità sensoriali e compositive, sovvertendo ad esempio il famigerato ‘potere del centro’. Dany Vescovi ha realizzato appositamente le opere traendo ispirazione dai capolavori custoditi nel Museo Diocesano di Massa concentrandosi particolarmente sulle opere di Bernardino del Castelletto e sui preziosissimi seicenteschi paramenti sacri custoditi, ciò al fine di realizzare un intimo dialogo tra la preziosa arte sacra del Museo e il suo modo di fare arte. Le opere nascono dopo un lungo ed elaborato processo scandito dalla fase progettuale e dalla fase realizzativa. In fase progettuale l’artista fotografa i soggetti di natura (in questo caso i damascati, i broccati e i dipinti conservati al Museo Diocesano), le foto poi vengono elaborate con apposito software fino ad ottenere l’immagine desiderata per poi procedere alla stampa dei soggetti che serviranno come modelli. L’autore definisce in questo modo un concetto di classico per la natura morta e per genere il floreale, costituendo un vero e proprio canone, nel quale forma e contenuto si corrispondono armonicamente, dando vita a un vero e proprio dispositivo che obbliga l’osservatore a sperimentare nuove soluzioni fruitive e di narrazione”. Dany Vescovi è nato nel 1969 a Milano, città dove vive e lavora. Docente di Cromatologia e Direttore della Scuola di pittura all’accademia di Belle Arti di Brera. È assistente di Aldo Mondino per l'allestimento della sala a lui dedicata alla Biennale del 1993. Oltre a importanti collaborazioni con altri artisti (nel 1990 ha partecipato alla realizzazione di un murale su progetto di Marcello Jori), ha sperimentato incursioni nel teatro (nel 1994 si è occupato dei costumi disegnati da Romeo Gigli per il Flauto Magico), nella moda (nel 1991 ha seguito la Levi's Frontiere - jeans tra moda, arte e design alla Posteria di Milano), nella pubblicità (nel 2003/2004 è stato selezionato per Free Spirit in Art, campagna pubblicitaria per Bacardi Breezer), nella letteratura (Aldo Busi ha scelto un suo dipinto per la copertina del suo ultimo libro) e nella musica (nel 2004 gli Audiorama lo hanno coinvolto nella realizzazione del videoclip e della copertina del loro CD). (gci)
“PER TERRA E PER MARE”: PROROGATA AL 2 GIUGNO 2024 L’ESPOSIZIONE A PONTECAGNANO (SA) SUGLI ETRUSCHI
Sarà prorogata fino al 2 giugno 2024 la mostra “Per terra e per mare. Gli Etruschi di frontiera tra mobilità e integrazione”, a cura di Carmine Pellegrino e Luigina Tomay, inaugurata lo scorso 30 giugno al Museo Archeologico Nazionale di Pontecagnano (SA). Realizzata dalla Direzione regionale Musei Campania in collaborazione con l’Università degli Studi di Salerno, con il patrocinio del Comune di Pontecagnano Faiano e il supporto della Regione Campania (POC 2014-2020) attraverso la Scabec, l’esposizione ricostruisce e documenta la storia di Pontecagnano - l’insediamento etrusco più a sud d’Italia - dal IX al III secolo a.C., attraverso un tema già presente nell’esposizione permanente del Museo dedicato agli “Etruschi di frontiera” diretto da Ilaria Menale: la mobilità di uomini e donne, la circolazione di oggetti, la peculiarità di produzioni artigianali e la condivisione di ideologie e modelli, tutti aspetti di una comunità “di frontiera” oggi documentati da nuove scoperte e approfondimenti scientifici, che restituiscono un quadro ampio e affascinante, dove la grande storia di popoli e civiltà del Mediterraneo antico si intreccia con le piccole storie di comunità della Campania e dell’Italia Meridionale. Reperti e contesti inediti guidano il visitatore attraverso un viaggio ideale all’interno della città ‘multiculturale’, con l’esposizione di oggetti che documentano i contatti stabiliti ad ampio raggio dalla comunità etrusca di Pontecagnano, i fenomeni di mobilità e di interazione culturale che, grazie all’amplissima documentazione archeologica disponibile, fanno di Pontecagnano un punto di osservazione privilegiato per lo studio e l’approfondimento di queste tematiche. Il percorso espositivo si snoda attraverso quattro sezioni dedicate ai temi principali: mobilità, forme ideologiche e sistemi di rappresentazione condivisi, circolazione di oggetti e produzioni artigianali. I temi sono declinati in sequenza cronologica (dall’Età del Ferro a quella Orientalizzante, dall’età arcaica e tardo-arcaica alla conquista sannitica) e consentono di delineare i fenomeni di interazione che emergono a Pontecagnano nelle diverse epoche. La narrazione della mostra è anche di tipo immersivo, attraverso l’uso di tecnologie digitali in uno spazio appositamente allestito, sviluppato nell’ambito del progetto ArCCa_DiA - Digitalizzazione e Automazione (POR Campania FESR2014-2020). La sala immersiva, che racconta con ricostruzioni visive e sonore l’antica Pontecagnano, attraversando i temi del viaggio e della mobilità di uomini, idee, modelli culturali e saperi artigianali, è diventata parte del percorso espositivo permanente del Museo, ampliando così l’offerta culturale e l’esperienza di visita individuale e collettiva delle collezioni degli “Etruschi di frontiera”. Una comunità antica, aperta ai contatti e agli scambi con i diversi popoli del Mediterraneo, capace di attrarre e integrare in alcune fasi della sua vita individui e gruppi differenti per cultura e provenienza: è questo uno dei caratteri più significativi emersi in sessant’anni di scavi e studi su Pontecagnano, centro che fu ricco e fiorente sia per la grande disponibilità di terre coltivabili, sia per la posizione costiera che assicurava facili approdi. Dallo scorso 30 novembre, il Museo Archeologico Nazionale di Pontecagnano è entrato a far parte del circuito dei luoghi della cultura di campania>artecard, il pass turistico che consente di visitare 80 luoghi della cultura in Campania, inclusi i principali musei di Napoli (tra cui il Museo Archeologico Nazionale, il Museo Madre, il Museo di Capodimonte), la Reggia di Caserta, il Parco archeologico di Pompei, Ercolano e Paestum. (gci)
“PULCHERRIMA TESTIMONIA”: ESPOSTA L’ARTE DELLA DIOCESI DI FIRENZE
Una significativa sintesi dell’immenso patrimonio artistico della diocesi di Firenze, che va dalle pendici dell’Appennino tosco-emiliano fino a lambire la provincia di Siena: dallo scorso 7 dicembre fino all’8 settembre 2024, la mostra “Pulcherrima Testimonia. Tesori nascosti nell’Arcidiocesi di Firenze”, nel complesso della Basilica di San Lorenzo (Salone di Donatello) di Firenze, mette in mostra oltre duecento opere. L’esposizione, finanziata dalla Fondazione CR Firenze, nasce da un importante lavoro di inventariazione e catalogazione avviato nell'ottobre del 2009 che si è concluso dopo dieci anni, nel dicembre del 2019. L'enorme inventario, che ha portato alla compilazione di oltre 271.000 schede, è stato possibile grazie a una parte dei fondi 8xmille che la diocesi ha destinato a questo scopo. La mostra si compone di autentici capolavori d’arte, provenienti dalla città, frutto di ricche committenze, ma anche di oggetti più semplici, realizzati per piccole parrocchie di campagna. Opere quindi molto diverse fra loro, non solo per qualità artistica, ma anche per tecniche di esecuzione e materiali utilizzati: dipinti su tavola e su tela, crocifissi, statue, oreficerie, reliquari, arredi e paramenti, tabernacoli, libri e codici, fino a umili rosari. Si tratta di tutte opere perlopiù sconosciute e mai viste, riscoperte e valorizzate dai curatori della mostra: il diacono Alessandro Bicchi e le storiche dell’arte Chiara Bicchi, Susanna Cialdai e Annalisa Innocenti. Fra i capolavori in mostra si trovano un olio su tavola della cerchia di Giorgio Vasari "Sacra Famiglia con san Giovannino" (1544-1550) attualmente in restauro, ma comunque esposto, un dipinto di Alessandro Allori "Gesù Cristo flagellato si riveste" (1596), una scultura di Giovanni Pisano "Madonna con Gesù Bambino" (1343-1368) e le tavole della cerchia dell'Empoli "San Francesco d’Assisi in estasi" (fine secolo XVI-inizio secolo XVII) anch'esse in corso di restauro, ma anche manufatti di oreficeria di Cosimo Merlini o di Bernardo Holzmann. Inoltre, non mancano altre testimonianze straordinarie di autori sconosciuti come un calice del 1300, una croce in rame del 1200, una delle più antiche della diocesi, oppure un imponente Crocifisso in pietre dure con il Cristo realizzato da un blocco unico di calcedonio, e ancora pezzi rari come una pisside in avorio di epoca medievale di origine Normanna. A questi si uniscono in mostra oggetti più modesti, ma dal grande valore antropologico e culturale: ex voto e anelli sponsali, lasciati davanti alle immagini sacre, raccontano la devozione popolare; rosari preziosi in vetro di Murano, o realizzati con pietre dure, sono il segno della preghiera quotidiana, al pari di quelli costruiti con materiali poveri come i noccioli o caratteristici come quello fatto di castagne d'acqua (frutti di una specie acquatica); paramenti, tessuti preziosi e ricamati con una perfezione tale da sembrare dipinti con la seta; oggetti per la celebrazione o utilizzati nelle processioni, così tanto da essere consumati. L’allestimento è stato realizzato da Opera Laboratori, mentre il catalogo edito da Edifir - Edizioni Firenze. Secondo il card. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze: “La conservazione, la cura, la valorizzazione del patrimonio storico artistico appartengono a uno dei compiti più significativi della missione della Chiesa. In quel ricco insieme di luoghi ed oggetti si incrociano infatti le dimensioni costitutive della Chiesa stessa, dall’annuncio, alla celebrazione, alla carità, all’edificazione della comunità nella comunione. Questo giustifica l’impegno che la Chiesa fiorentina si è assunta per acquisire una più precisa conoscenza del suo patrimonio mobile diffuso su tutto il territorio. L’inventario è stato un impegno lungo e oneroso, sostenuto dal decisivo apporto dei fondi provenienti dall’otto per mille, ed ha coinvolto collaboratori della Curia diocesana e valenti esperti che hanno portato a termine un progetto che ha portato a realizzare migliaia di schede dettagliate di catalogazione. Preme sottolineare inoltre la dimensione sociale di questo patrimonio storico artistico che la Chiesa ha in custodia, più che in possesso. Esso nasce infatti in larghissima parte dal dono della gente ed è stato affidato alla Chiesa perché tutti ne possano fruire, credenti e non credenti, nell’ottica della fede o anche soltanto in quella della cultura. Perché la Chiesa vive per la gente e la sua missione abbraccia tutti, per la crescita di tutti in umanità. La mostra ‘Pulcherrima Testimonia’, prima iniziativa che ha origine dall'inventario, vuole presentare la varietà di questo tesoro di arte e cultura attraverso una selezione di opere necessariamente limitata, ma che riaccende una luce su beni artistici sconosciuti, rimasti in ombra perfino da secoli”. Per il presidente della Fondazione CR Firenze, Bernabò Bocca: “Il nostro convinto sostegno a questa esposizione si inserisce nella nostra lunga e proficua collaborazione con la Diocesi di Firenze. Essa si attua in favore di diversi ambiti a cominciare da quello della solidarietà e del volontariato che in questa terra hanno origine antiche e sono ancora vive e molto attive. Non meno rilevante è il valore del patrimonio artistico conservato in tutto il territorio diocesano e che rappresenta un tassello fondamentale della cultura e dell'identità di un popolo e di una comunità. Per questi motivi siamo costantemente impegnati nel sostegno di un così ricco giacimento di bellezza sia supportando interventi di restauro che favorendo tutte quelle occasioni che possono portare ad una maggiore fruizione dei luoghi della cultura e alla conoscenza e valorizzazione di opere e manufatti come quelli presenti in gran numero nella mostra. La nostra azione ha così consentito in questi anni il recupero di numerosi beni diocesani distribuiti nelle parrocchie dell’area provinciale fiorentina per complessive 130 opere, tra quadri, oggetti, paramenti, arredi. Un’azione che riteniamo contribuisca anche a consolidare quell’importante processo di progressiva riappropriazione delle opere da parte delle comunità nelle quali esse sono nate”. (gci)
GALLERIE D’ITALIA: A MILANO L’ESPOSIZIONE SU GIOVAN BATTISTA MORONI
Un’occasione per scoprire l’arte di Giovan Battista Moroni: dallo scorso 6 dicembre fino al 1° aprile 2024 alle Gallerie d’Italia - Milano, museo di Intesa Sanpaolo, è visitabile la mostra “Moroni (1521 - 1580). Il ritratto del suo tempo” a cura di Simone Facchinetti e Arturo Galansino. La mostra, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, è inserita nel programma Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023 ed è realizzata in partnership con Accademia Carrara di Bergamo e Fondazione Brescia Musei. L’esposizione, la prima dedicata alla carriera di Giovan Battista Moroni, uno dei più grandi ritrattisti del Rinascimento, presenta oltre 100 opere tra disegni, libri, medaglie, armature, ma soprattutto dipinti provenienti da prestigiosi musei internazionali quali la National Gallery di Londra, il Kunsthistorisches Museum di Vienna, Gemaldegalerie - Staatliche Museen di Berlino, il Musée du Louvre, il Museo Nacional del Prado, la National Gallery of Art di Washington e il Philadelphia Museum of Art. Alle opere di Moroni si affiancano importanti testimonianze figurative di Lotto, Moretto, Savoldo, Anthonis Mor, Tiziano, Veronese e Tintoretto. Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa Sanpaolo, afferma: “Siamo lieti di presentare un progetto espositivo di ampio respiro dedicato a Giovan Battista Moroni, che consente di riscoprire e ammirare negli spazi delle Gallerie d’Italia una delle pagine più belle e intense della pittura del Cinquecento lombardo e italiano. Questa iniziativa, cui hanno concorso importanti musei nazionali e internazionali, suggella l’impegno della nostra banca nella valorizzazione del patrimonio di Brescia e di Bergamo, nell’anno in cui sono state Capitale della Cultura italiana”. La mostra è suddivisa in nove nuclei tematici, ciascuno dedicato ad un particolare aspetto della produzione artistica dell’artista lombardo. Il percorso inizia con un approfondimento della figura di Alessandro Bonvicino detto il Moretto, il maestro di Moroni, di cui vengono esposte due testimonianze figurative capitali quali la Pala di Sant’Andrea e San Paolo caduto da cavallo. A partire dall’inizio degli anni ’40 del Cinquecento, Moroni è documentato nella bottega bresciana del suo maestro ed è proprio qui che inizia a raccogliere appunti grafici che andranno a costituire un prezioso taccuino di disegni, ricostruito in occasione della mostra. Successivamente è possibile trovare una sezione di approfondimento su Lorenzo Lotto, molto attivo a Bergamo dove ha lasciato significative tracce del suo passaggio. Sia sul fronte delle invenzioni di soggetto sacro sia su quello del genere ritrattistico, Lotto ha rappresentato per Moroni una continua fonte di ispirazione: ne sono testimonianza il confronto tra le due Trinità esposte in mostra e i cosiddetti ritratti “in azione”. Segue un approfondimento sul contesto trentino della metà del Cinquecento a partire dal Ritratto di Cristoforo Madruzzo, il Principe-Vescovo di Trento dipinto da Tiziano nel 1552. Segue la comparazione tra il Ritratto di Alessandro Vittoria, scultore trentino, con il Ritratto di Giulio Romano di Tiziano. Chiude la sezione la cosiddetta Pala dei Dottori, un’opera pubblica commissionata a Moroni dalla corporazione dei legali e dei dottori per il proprio altare nella basilica di Santa Maria Maggiore, all’epoca sede delle sedute conciliari. Moroni dedica un’ampia parte della sua carriera alla ritrattistica, che viene approfondita in tutte le sue sfaccettature. Una delle sezioni della mostra espone i ritratti del potere, in particolare è possibile ammirare i ritratti di Tiziano e Tintoretto, in grado di valorizzare lo status del personaggio perdendone di vista le specificità individuali, in contrasto con quelli realizzati da Moroni che, nonostante fossero nati con lo scopo esplicito di esaltare il loro ruolo pubblico, non ha potuto fare a meno di restituirci l’aspetto umano. Esemplare in questo contesto Ritratto di un Podestà, del 1560-65, proveniente da Accademia Carrara di Bergamo. La sezione successiva, dedicata ai ritratti al naturale, indaga un aspetto peculiare della produzione moroniana. Questa tipologia di ritratto riproduce in maniera fedele, senza forme di idealizzazione le persone immortalate nei quadri. Moroni, tendenzialmente, costruisce dei set di posa sempre uguali - come facevano i fotografi nell’Ottocento - concentrando l’attenzione dell’osservatore sulla testa, lo sguardo, la posa delle mani e i dettagli della moda. Moroni dedica parte della sua produzione ai ritratti delle personalità del suo tempo, fra i quali spiccano la poetessa Isotta Brembati, gli aristocratici Prospero Alessandri, Giovan Gerolamo Grumelli e Gabriel de la Cueva (futuro Governatore di Milano) i cui ritratti saranno messi in dialogo con cinquecentine, armi e armature, selezionati con lo scopo di creare una relazione diretta con i dipinti. Viene, inoltre, approfondito il legame tra Lotto e Moretto che non si limita alla reciproca influenza artistica ma si tratta di un modo comune e originale di interpretare i tempi della Riforma cattolica. La scelta di esporre lo Stendardo delle Croci - parte della Collezione di Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia, museo di riferimento per Moretto - e l’Elemosina di Sant’Antonino vuole mettere in evidenza la presenza di ritratti reali, l’establishment della Chiesa bresciana nel primo caso, anonimi poveri e diseredati nel secondo. Su questi modelli Moroni continuerà a produrre immagini destinate a una Diocesi fedele ai dettami del Concilio di Trento: in questa sezione saranno messi in risalto i personaggi ritratti che hanno chiesto di entrare a far parte delle storie sacre illustrate nelle varie pale d’altare, oltre a opere pubbliche di Moroni in perenne bilico tra innovazione e conservazione. Una sezione della mostra è dedicata alla preghiera individuale che durante la Controriforma trova riscontro in numerosi dipinti. Nel caso di Moretto e Moroni il ruolo del personaggio ritratto diventa sempre più incombente nei dipinti dove è protagonista l’orazione mentale: una sorta di visione dei fatti sacri ricreata nella mente del devoto. La mostra si chiude con Il Sarto, proveniente dalla National Gallery di Londra, considerato il dipinto più iconico di Moroni. Non è un caso che il personaggio sia stato ripreso mentre sta tagliando con la forbice un pezzo di stoffa tinta di nero, colore per antonomasia della moda europea del tempo. Da qui nasce l’idea di raccogliere ritratti della seconda metà del Cinquecento in grado di evidenziare la diffusione di abiti e cappelli, anche di fogge diverse, tutti costituiti da varie tipologie di stoffe nere. Il Libro del Sarto, un repertorio di modelli raccolto da un sarto milanese nella seconda metà del Cinquecento, illustra in modo efficace l’uso del nero nella moda del tempo. In alcuni di questi ritratti compaiono delle imprese: motti e iscrizioni che si combinano con degli oggetti simbolici per restituire al gesto esibito dal ritrattato un significato allegorico. Il catalogo della mostra è realizzato da Edizioni Gallerie d’Italia -Skira. La sede espositiva di Milano, insieme a quelle di Torino, Napoli e Vicenza, è parte del progetto museale Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo, guidato da Michele Coppola, Executive Director Arte, Cultura e Beni Storici. (redm)
“AMARSI”: A TERNI LA MOSTRA ALL’INSEGNA DELLA PASSIONE
Dall’amore più puro, come quello di una madre per il proprio figlio, all’amore seducente, in cui per secoli Venere e Cupido hanno sedotto e condannato i cuori di uomini e donne, fino alle relazioni più problematiche e ambigue descritte dagli artisti del Novecento. La Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni ha annunciato la nuova grande mostra “AMARSI. L’Amore nell’Arte da Tiziano a Banksy”, dallo scorso 7 dicembre fino al 7 aprile 2024 negli spazi di palazzo Montani Leoni, a Terni. Dopo il successo riscosso dalla mostra “Dramma e passione. Da Caravaggio ad Artemisia Gentileschi”, con oltre 26mila visitatori, la Fondazione Carit ha scelto di concentrarsi su un tema molto caro alla città di Terni: l’Amore. Concepita come omaggio a San Valentino (III-IV sec.), protettore degli innamorati e patrono di Terni, la rassegna propone un avvincente racconto che raccoglie le iconografie più note e appassionanti dedicate al sentimento che ha maggiormente ispirato gli artisti nel corso dei secoli. La mostra, a cura di Costantino D’Orazio, con la co-curatela e direzione di Anna Ciccarelli e con la collaborazione di Federica Zalabra, ha l’obiettivo di indagare l’iconografia del sentimento d’amore nella storia, dall’Antichità fino al XXI secolo, grazie ad una serie di opere che affrontano le principali declinazioni di questo tema, che ha attraversato tutta l’arte in ogni tempo. Dalla mitologia greca e romana, attraverso le icone dell’amore spirituale medievale, fino al recupero dell’Antico in epoca Rinascimentale, la sua trasformazione nel Barocco e lo sguardo nostalgico nell’Ottocento, l’Amore ha potuto fare affidamento su una serie di immagini e storie che soltanto nel Novecento cominciano ad essere messe in discussione. Nella mostra, questa metamorfosi dello sguardo sarà raccontata in circa 40 opere, tra pittura, scultura e ceramica. La mostra sarà l’occasione per presentare per la prima volta al pubblico l’ultima opera acquisita dalla Fondazione Carit: una delle versioni più raffinate del dipinto “Venere e Adone” (1554 circa) della bottega di Tiziano Vecellio. Soggetto replicato più volte dalla bottega di Tiziano, sotto la supervisione del maestro, “Venere e Adone” arriva a Terni, che entra così a far parte di un circuito che collega la città a New York (Metropolitan Museum), Londra (National Gallery), Los Angeles (Getty Foundation), Washington (National Gallery) e Madrid (Museo del Prado), dove sono conservate alcune delle tele gemelle. La mostra sarà accompagnata da un catalogo pubblicato da De Luca Editore con testi di Stefania Auci, Anna Ciccarelli, Costantino D’Orazio, Angelo Mellone e Federica Zalabra. La progettazione dell’allestimento della mostra è stata curata dallo Studio Sciveres Guarini. (gci)
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