L’ECONOMIA SECONDO DAVID GRAEBER: 5000 ANNI DI DEBITI
David Graeber, l’antropologo alle origini del movimento di Seattle e del movimento Occupy (suo lo slogan “Siamo il 99%”), rivoluziona la teoria sociale ed economica in un libro destinato a rimanere nel tempo. In uno stile colloquiale e diretto, attraverso l’indagine storica, antropologica, filosofica, teologica, Graeber ribalta la versione tradizionale sulle origini dei mercati. Mostra come l’istituzione del debito sia anteriore alla moneta e come da sempre sia oggetto di aspri conflitti sociali: in Mesopotamia i sovrani dovevano periodicamente rimediare con giubilei alla riduzione in schiavitù per debiti di ampie fasce della popolazione, pena la deflagrazione di tutta la società. Da allora, la nozione di debito si è estesa alla religione come cifra delle relazioni morali (“rimetti a noi i nostri debiti”) e domina i rapporti umani, definendo libertà e asservimento. Mercati e moneta non sorgono automaticamente dal baratto, come sostengono gli economisti fin dai tempi di Adam Smith, ma vengono creati dagli stati, che tassano i sudditi per finanziare le guerre e pagare i soldati. In quest’ottica, il conio della moneta si diffonde per imporre la sovranità dello stato e assicurare il pagamento uniforme dei tributi. L’economia commerciale, basata sulla calcolabilità impersonale, eclissa così le economie umane, basate sulla reciprocità personale. Da qui parte il libro “Debito, i primi 5000 anni” (euro 23; pp. 528) appena pubblicato da Il Saggiatore. L’autore sarà a Milano il 13 giugno e a Roma il 14 e il 15 giugno. (Naf)
CON SACHA NASPINI “LE NOSTRE ASSENZE” DIVENTANO IMPERDONABILI
"Le nostre assenze" (euro 16; pp. 256) di Sacha Naspini, pubblicato da Eliot, non offre spazio né alla consolazione né alla rassegnazione. È un libro dalle molteplici anime che si fondono insieme tenendo il lettore costantemente con il fiato sospeso. È un romanzo perfettamente circolare che alla fine rimette ogni cosa al suo posto ma non nel modo che ci saremmo immaginati. È un racconto crudo e a tratti crudele sui segni indelebili provocati dall’assenza o ancora meglio dalla sparizione di una persona cara. È anche un romanzo di formazione che cerca di scavare nelle cause che ci nascondono dietro ad alcuni comportamenti apparentemente incomprensibili. La nostre assenze inizia raccontando la storia di un rapporto d’amicizia non convenzionale tra il protagonista del libro, un bambino grasso, benestante e infelice e un bambino poverissimo ma bello. Da quest’amicizia, raccontata in modo tutt’altro che banale, prenderanno il via una serie di vicende drammatiche che culmineranno molti anni dopo in America. A fare da filo conduttore saranno proprio delle imperdonabili assenze che talvolta lasciano soltanto un tenero rimpianto (come nel caso della nonna del protagonista che trascorre la sua intera esistenza nel ricordo di un suo amore di gioventù scomparso senza dare spiegazioni) ma altre volte provocano delle ferite che sono vere e proprie lacerazioni, impossibili da curare. A completare il libro e a fare da splendida cornice ci pensa un'ambientazione molto evocativa e suggestiva, vicino a Follonica, che gli abitanti del posto riconosceranno immediatamente. (Cma)
DIECI ANNI DI HAKING E MEDIATTIVISMO ITALIANO RACCONTANTO DA LAURA BERITELLI
Alla fine del XX secolo la scena hacker era avanguardia pura. Quando le idee, le pratiche e le scorribande nella rete di questa nicchia di sperimentatori telematici iniziarono ad attirare l’attenzione del mainstream, in Italia un manipolo di attivisti ebbe l’intuizione che la comunicazione fosse davvero la sostanza in cui si sarebbero espressi i processi sociali, politici e culturali dell’immediato futuro. Il collettivo A/I, o Autistici/Inventati, nasce nel 2001 con l’obiettivo di creare un server autogestito e fornire gratuitamente servizi web nel rispetto dell’anonimato e della privacy. Il loro veicolo informatico è sopravvissuto a molti tentativi di repressione, a denunce, sequestri, inchieste giudiziarie. Nel tempo, ha costruito una rete di server collocati in molti paesi del mondo che gli permette di offrire a diverse migliaia di utenti gli strumenti per una navigazione consapevole, che tutela la loro libertà di informazione e comunicazione. “+Kaos” (Agen zia X; euro 14; pp. 128) è un tentativo di narrazione pensato a partire dai ricordi di chi in A/I c’è stato, di chi passava di lì per caso ed è rimasto, di chi ha dato una mano, di chi ancora, ogni giorno decide che ne vale la pena. È, al contempo, il racconto di un’avventura abbastanza unica nel mondo del digitale e la ricostruzione di una serie di percorsi formativi mai lineari, al limite tra gioco e impegno politico. L’autrice Laura Beritelli (Firenze, 1978) ha una laurea in Ermeneutica Filosofica. Dal 2007 è redattrice della rivista “Humana.mente”, quadrimestrale di studi filosofici pubblicato gratuitamente online. (Naf)
IL QUADERNO NERO DI MICHEL TREMBLAY
Alla vigilia dell’Esposizione universale del 1967, nel cuore del Quartiere Latino di Montréal, la giovane Céline Poulin svolge il lavoro di cameriera in un ristorante malfamato, frequentato anche da travestiti e prostitute. Maltrattata da una madre tirannica e ubriacona, Céline sembra trovarsi a proprio agio solo in mezzo a quel gruppo chiassoso e colorato di “creature della notte”. Da loro riceve in dono il racconto di vite entusiasmanti ma anche difficili, e l’invito a non ricamarci troppo sopra: “La nostra vita è più semplice e più complicata di così, e chi non l’ha mai conosciuta dovrebbe smettere di immaginare com’è. È inimmaginabile. Unica, ma inimmaginabile”. Ma la serenità di Céline Poulin, apparentemente conquistata grazie al lavoro al Sélect, verrà messa a dura prova quando una vivace studentessa dell’Istituto di Arti Applicate le chiederà di partecipare a un provino per poter entrare a far parte di una compagnia amatoriale che dovrà rappresentare "Le Troiane" di Euripide. Perché per Céline Poulin quella richiesta appare provocatoria? E perché anche solo mostrarsi su quel palcoscenico diventa per lei un’impresa eroica e dolorosa? È questo il plot di "Il quaderno nero" (Playground; euro 16; pp. 248) di Michel Tremblay, lo scrittore nato a Montréal e considerato l’esponente di punta del teatro e della letteratura quebecchese. (Naf)
VIAGGIO NEL TEMPO E NELLA MEMORIA ALLA SCOPERTA DEL PROPRIO PASSATO
Tony Webster è un uomo senza qualità. Negli studi e nel lavoro, nei sentimenti e, c'è da scommetterci, anche nel sesso. Ma la lettera con cui un avvocato gli annuncia il lascito di cinquecento sterline e di un diario proveniente dal passato scuote il fondo limaccioso della sua esistenza. Tony deve ora scoprire chi gli ha destinato quell'ingombrante eredità e perché ha scelto proprio lui, e quale segreto rabbiosamente custodito quel diario potrebbe rivelare. Nel porsi queste domande, s'imbatterà in risposte che avrebbe preferito non conoscere e dovrà imparare a sue spese che “la nostra vita non è la nostra vita, ma solo la storia che ne abbiamo raccontato”. È questo il plot de “Il senso di una fine” (Einaudi; euro 17,50; pp. 160), scritto da Julian Barnes, l’autore e giornalista britannico nato a Leicester. Con questo romanzo è risultato vincitore del più importante premio letterario di lingua inglese, il Man Booker Prize 2011. (Naf)
IL WESTERN ITALIANO, STORIA E RICEZIONE
Il western italiano nasce in un momento di crisi dell’Italia, quando lo slancio del miracolo economico si è esaurito. Per questo “Per un pugno di dollari” di Leone e i film di Corbucci e Tessari vengono subito letti come lo specchio di una società arrivista, cinica e consumista. Ma il western italiano ha in sé anche una vocazione ribelle e terzomondista, come mostra il filone dedicato alla rivoluzione messicana inaugurato da “Quién sabe?” di Damiani. E al tempo stesso ammette una declinazione ironica e comica, che esplode nel 1970 con “Lo chiamavano Trinità...” caratterizzando la sua fase conclusiva. Partendo dal dibattito dell’epoca (Soldati, Moravia, Spinazzola, Kezich...), “Il western italiano” (Il Castoro; euro 15,50; pp. 184) ricostruisce la ricezione di un genere complesso e dalle molte sfaccettature, evitando i pregiudizi e smontando tanti luoghi comuni. Servendosi di fonti spesso dimenticate e di riletture aggiornate, intende fare luce sul contesto culturale, il rapporto con il western americano, i modi produttivi, le innovazioni stilistiche, la diffusione al di fuori dell’Italia. L’autore Alberto Pezzotta (1965) ha scritto tra l’altro “La critica cinematografica”, “Regia Damiano Damiani”, “Tutto il cinema di Hong Kong”. Ha curato con Anna Gilardelli “Cinema italiano. Recensioni e interventi 1933-1990” di Alberto Moravia. Scrive su “Corriere della Sera”, “Cineforum”, “Ciak” e sul Mereghetti. (Naf)
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