Tra immagini e parole: BUILDING presenta a Milano, dall’8 febbraio al 23 marzo, “Post Scriptum”, mostra personale di Gianluigi Colin a cura di Bruno Corà, che ospiterà una selezione di circa 40 opere inedite realizzate appositamente per l’occasione, fra cui dipinti di grandi dimensioni, video e installazioni, che mettono in luce la potenza espressiva e la poliedricità dell’autore. I lavori di Colin esposti in BUILDING e realizzati negli ultimi tre anni sono il frutto di una ricerca concettuale iniziata nel 2011 e già confluita in alcuni progetti espositivi presentati a Milano, Roma e in altre città italiane. Il centro del suo lavoro è il sistema dei media, la dimensione del tempo e il valore della Memoria. Con “Post Scriptum”, Colin presenta una nuova sequenza di opere astratte, cariche di sedimentazioni cromatiche, di striature ripetute, di campiture dilatate nello spazio. La particolarità di questi lavori risiede nella loro stessa tecnica d’origine: l’artista, infatti, si appropria di grandi tessuti utilizzati per pulire le rotative di quotidiani e di stabilimenti di arti tipografiche, un’operazione che mette in luce l’autenticità di questa ricerca concettuale, che si fonda e dialoga con la storia personale dell’artista. Come afferma Bruno Corà: “Quella di Gianluigi Colin è oggi una delle proposizioni visive linguisticamente più originali della scena artistica contemporanea, poiché essa si manifesta formalmente e si confronta con una realtà del quotidiano, del transitorio, dell'instabile, cioè con quanto della vita e dei fatti che in essa avvengono, tradotti in comunicazione mediatica, si eclissa scomparendo dalla memoria con una rapidità inaudita, mai percepita prima d'ora. Con un'azione di recupero, scelta e qualificazione dei tessuti residuali impiegati nell'operazione di pulitura delle rotative dagli inchiostri, Colin consegna alla nostra epoca, quali sirene policrome attraenti, le sorprendenti icone della sua precipitosa impermanenza e del suo drammatico dissolvimento”. I suoi lavori, dunque, nascono tra la materia della realtà tipografica, portatrice della memoria di giorni, mesi, anni di notizie, intrisa di inchiostri tipografici ed energie collettive. Dipinti che interpretano emblematicamente lo spirito di un tempo contemporaneo, incline a rimuovere più che a memorizzare tanto le parole quanto le immagini, elementi che invece, nelle opere dell’artista, appaiono dissolti e trasformati in un seducente insieme di colori, segni, venature azzeranti lo spazio e il tempo. “Ho sempre pensato alla responsabilità dell’artista di fronte alla Storia - dichiara Colin - L’insieme dei miei lavori, volutamente scelti per questa mostra dai toni drammatici, con rossi intensi, sfumature di nero, striature nere su fondi bianchi o azzurri, si presentano come simbolo di un oblio incombente, inquietante e minaccioso. Un senso di costante indifferenza e dimenticanza che purtroppo appartiene al momento storico che viviamo. Le mie opere si confrontano con uno spazio interiore, ma parlano di una dimensione collettiva”. In questo senso, il titolo della mostra, “Post Scriptum”, lascia spazio a un’evocazione che coinvolge la stessa identità dell’artista. Da una parte l’autenticità della ricerca che proviene dal mondo delle parole, della stampa, dell’informazione, degli inchiostri, dunque dalle scritture. Dall’altra una nota di aggiunta alla lunga e ricca storia artistica dell’autore. Gianluigi Colin (Pordenone, 1956) vive e lavora a Milano. Da molti anni conduce una ricerca artistica intorno al dialogo tra le immagini e le parole. Il suo lavoro nasce come investigazione sul passato, sul senso della rappresentazione, sulla stratificazione dello sguardo. Si tratta di una poetica densa di richiami alla storia dell’arte e alla cronaca, che tende a porre sul medesimo piano memoria e attualità, facendo sfumare i confini tra le epoche. Sue mostre personali si sono tenute in numerose istituzioni italiane e straniere, tra le quali: Arengario di Milano, 1998; Centro Cultural Recoleta di Buenos Aires, 2002; Museo Manege di San Pietroburgo, 2003; Bienal del Fin del Mundo a Ushuaia, 2007; Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina – Museo MADRE di Napoli, 2011; Museo Istituto d’Arte Moderna - IVAM di Valencia, 2011; Fondazione Marconi di Milano, 2012; Galleria d’ Arte Moderna e Contemporanea a Pordenone, 2014; MARCA – Museo delle Arti di Catanzaro, 2016-2017; Triennale Milano, 2018; Visionarea Art Space di Roma, 2019; Palazzo del Governatore a Parma, 2020, in occasione delle manifestazioni di Parma Capitale della Cultura. È stato invitato a “Valencia09” (presso l’IVAM di Valencia, nel 2009) e selezionato per il Padiglione Italia della 54a Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia nel 2011. Alcune sue opere sono presenti in collezioni private, musei e istituzioni pubbliche in Italia e all’estero. Colin per molti anni è stato art director del “Corriere della Sera”; attualmente è cover editor de “la Lettura” e de “la Lectura” de “El Mundo”, di Madrid. Tiene conferenze, seminari e corsi universitari. Ha scritto numerosi saggi e articoli sulla fotografia e sulla comunicazione visiva. (gci)
MUSEI CAPITOLINI, IN DIALOGO DUE CAPOLAVORI DI GOYA E CARAVAGGIO
Torna a Roma, ai Musei Capitolini, dopo ventitré anni dalla sua unica apparizione nella capitale (Galleria Nazionale d’Arte Antica, 18 marzo - 18 giugno 2000) il “Parasole” di Francisco Goya, capolavoro giovanile del maestro spagnolo (1777), che sarà esposto dallo scorso 12 gennaio fino al 25 febbraio. L’arrivo della tela è frutto della politica culturale di scambi di opere d’arte avviata già da tempo dalla Sovrintendenza Capitolina con importanti istituzioni museali italiane e internazionali. Il museo prestatore è il Museo Nazionale del Prado, che ha concesso il dipinto di Goya come controprestito de “L’Anima Beata” di Guido Reni, in occasione della mostra “Guido Reni” (Museo Nazionale del Prado, 28 marzo - 9 luglio 2023). Il “Parasole” di Goya (cm 104x152) sarà ospitato nella Sala Santa Petronilla della Pinacoteca Capitolina e posizionato a fianco alla “Buona Ventura” di Caravaggio (1597), con l’intento di arricchire il percorso di visita e offrire al pubblico nuovi spunti di riflessione sui grandi temi della storia dell’arte. Il progetto espositivo, dal titolo “Goya e Caravaggio: verità e ribellione”, intende mettere in risalto come i due grandi artisti si fecero magistrali interpreti della società del loro tempo e come l’abbiano descritta, introducendo nel loro linguaggio figurativo rivoluzionarie novità iconografiche e stilistiche. Tante le analogie: entrambe le tele appartengono alla loro attività giovanile, in entrambe i protagonisti sono una donna e un uomo, entrambe descrivono con “verità” una scena di vita quotidiana della società contemporanea e, infine, entrambe rivelano quei sintomi di “ribellione” nei confronti dei condizionamenti iconografici e stilistici imposti dalle consuetudini e regole accademiche del loro tempo. Un confronto ardito tra due opere tanto lontane nello stile e nel tempo – sono distanti circa 180 anni – ma che annunciano ciascuna il passaggio verso una nuova epoca. L’iniziativa “Goya e Caravaggio: verità e ribellione” è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e gli apparati didattici sono a cura di Federica Papi e Chiara Smeraldi. Organizzazione di Zètema Progetto Cultura. (gci)
ITALIA-CINA, A VENEZIA L’ESPOSIZIONE SULLA SETA PER CELEBRARE MARCO POLO
Un appuntamento imperdibile nell’ambito delle celebrazioni per i 700 anni della morte di Marco Polo: il Museo di Palazzo Mocenigo, a Venezia, ospiterà “L’asse del Tempo: tessuti per l'abbigliamento in seta di Suzhou” dallo scorso 11 gennaio fino al 29 febbraio. Un progetto che ricorda e rinnova il legame storico tra Venezia e Suzhou, ufficialmente gemellate dal 1980, due Città sull’Acqua che sorgono alle estremità della Via della Seta. Soprattutto, entrambe con un forte legame con la figura di Marco Polo che, durante il suo lungo viaggio in Oriente come incaricato del Kublai Khan, restò ammaliato da Suzhou. Ne “Il Milione” viene descritta come una “molto nobile città” dove “molti drappi di seta fanno, e sono ricchi mercatanti”. Proprio la seta è protagonista a Palazzo Mocenigo con l’esposizione nel portego di una ventina di abiti, creazioni originali, tessuti e fedeli repliche di antichi abiti provenienti dal Museo della Seta di Suzhou, centro di primaria importanza per la ricerca, la tutela, la conservazione e la protezione della millenaria tecnica di tessitura che rese celebre la seta della regione dello Jiangnan. Creazioni come il broccato della dinastia Song, il lampasso, il Kesi, tappezzerie in seta, o il tipico ricamo di Suzhou conosciuto come "pattern velvet", qui in mostra con preziosi esemplari, ancor oggi sono esempi del patrimonio culturale immateriale della Cina. Il dialogo con gli spazi del Museo, Centro Studi di Storia del Tessuto, del Costume e del Profumo che ospita le collezioni tessili e di abiti antichi dei Musei Civici, è un’occasione davvero speciale anche per comparare da un punto di vista estetico e manifatturiero lo stile dell’abbigliamento durante la Repubblica Serenissima con quello delle principali dinastie regnanti nell’antico impero cinese. Arte tessile, sete e trame pregiate, il racconto di un viaggio attraverso preziose testimonianze storiche, approfondimenti sull’arte calligrafica araba e cinese, fino a costumi di scena e incursioni nell’arte moderna per riscoprire una grande avventura, all’insegna della scoperta, della curiosità, della conoscenza. Per tutto il 2024 Marco Polo e la sua opera letteraria “Il Milione” saranno protagoniste delle attività di Fondazione Musei Civici con mostre, masterclass, incontri e momenti dedicati al pubblico dei più giovani e delle scuole. La mostra è promossa dal Comune di Venezia, Fondazione Musei Civici di Venezia, Museo della Seta di Suzhou, Ufficio Affari Esteri del Governo Popolare Municipale di Suzhou, Ufficio Municipale di Suzhou per la Cultura, la Radio, la Televisione e il Turismo, Radio e Televisione Media Group di Suzhou, Istituto Confucio presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. L’esposizione è a cura di Qian Zhaoyue, direttore del Museo della Seta di Suzhou, Liu Xu Dong, Consulente del Museo della Seta di Suzhou, Chiara Squarcina, Responsabile del Museo di Palazzo Mocenigo, Massimo Andreoli, Presidente Wavents srl e Laura Fincato, cittadina onoraria di Suzhou. (red)
“IMPRONTE”: L’ESPOSIZIONE SUL RAPPORTO TRA ESSERE UMANO E PIANTE
Visitare una mostra e ritrovarsi a sfogliare un album di famiglia, in cui a prendere vita sotto i nostri occhi non sono i ricordi privati ma le memorie collettive e cangianti dei nostri rapporti con le piante nel corso di oltre sei secoli. A Parma, nella splendida cornice di Palazzo del Governatore, dallo scorso 13 gennaio, ha aperto al pubblico “Impronte. Noi e le piante” (noielepiante.it), esposizione unica nel suo genere che ripercorre in oltre 200 oggetti figurativi (erbari storici, illustrazioni botaniche, stampe in nature printing e xiloteche, ma anche fotografie moderne e immagini ad alta tecnologia) il rapporto inesauribile che lega umanità e natura, botanica e immagini, scienza e arte. Realizzata dall’Università di Parma in collaborazione con il Comune di Parma e il sostegno di Fondazione Cariparma, Gruppo Chiesi e Gruppo Davines, “Impronte” dipana nelle sue 10 sezioni il filo della memoria naturale che da sempre l’uomo cerca di cogliere e fissare, dalla carta degli erbari alle odierne immagini satellitari dei censimenti arborei, passando per illustrazioni, taccuini, modellini e persino risonanze magnetiche e sguardi ai raggi X. Al centro, ideale e concreto raccordo tra le epoche, l’installazione audiovisiva Artificial Botany, a cura di fuse*, che esplora suggestioni e capacità espressive delle illustrazioni botaniche classiche attraverso l’uso di moderni algoritmi di apprendimento automatico. La mostra - visitabile gratuitamente fino al 1° aprile - prevede anche visite guidate, laboratori didattici riservati a giovani esploratori accompagnati dai propri insegnanti e un concorso per giovani illustratori, intensificando così il dialogo tra Parma e la sua Università. Un rapporto oggi ancora più profondo grazie all’avvio dei lavori di ristrutturazione dell’Orto Botanico (ortobotanico.unipr.it), oggetto di un significativo recupero volto a renderlo uno dei fulcri cittadini e nazionali su cui imperniare comunicazione scientifica, educazione e ricerca condivisa, soprattutto sui temi della cultura vegetale in ogni sua declinazione umanistica e scientifica. Nel progetto di recupero l’Ateneo è affiancato da istituzioni e realtà private del territorio: Ministero dell’Università e della Ricerca, Ministero della Cultura, Fondazione Cariparma, Gruppo Chiesi e “Parma, io ci sto!”. Molte opere esposte portano alla luce i rapporti tra immaginario botanico e città, dagli erbari di personaggi illustri decisi a dare il giusto valore al sapere botanico (come Luigi Gardoni, il cui omonimo erbario farmaceutico è stato riportato alla luce solo nel 2014 dopo una permanenza silente negli armadi dell’Orto Botanico lunga più di un secolo), alla “donazione regale” di modelli di funghi in cera acquistati da Maria Luigia d’Austria proprio per l’Orto Botanico, passando per storie, notizie e curiosità contenute nell’altrettanto nutrito universo digitale composto da QR-code e video. Ricca e varia la provenienza dei materiali, che oltre a prestatori locali ha coinvolto strutture estere (Real Jardin Botanico di Madrid) e di prim’ordine in Italia (Orti Botanici di Padova, Bologna, Pavia, Erbario Centrale Italiano di Firenze, tra gli altri). Al centro del percorso espositivo, tuttavia, vi è la raffigurazione scientifica delle piante e la sua trasformazione di stile, di percezione, di obiettivi: un percorso che usa la leva della bellezza per mostrare quanto sia cambiato nei secoli il nostro modo di guardare le piante e, con esso, la nostra opinione su di esse. “Si usa spesso l’espressione plant blindness per indicare la nostra scarsa capacità di notare le piante nella vita di tutti i giorni - spiega Renato Bruni, direttore scientifico dell’Orto Botanico di Parma e responsabile del progetto scientifico della mostra - Impronte nasce per evidenziare come invece studiosi e ricercatori abbiano sviluppato nei secoli una grandissima capacità di osservazione verso questi organismi, scoprendone gradualmente caratteristiche e peculiarità. A mancare sino ad ora è stata la ribalta, l’esposizione completa del fotoromanzo che la scienza ha costruito in secoli di botanica, un piano sequenza per capire quanto sia cambiata la risposta a una domanda solo apparentemente innocua: 'che cos’è una pianta?' Si tratta di una risposta agevolata dallo strumento visuale e dal suo portato simbolico: le immagini scientifiche delle piante sono bellissime e capaci di trasmettere concetti complessi nell’emozione di un attimo”. Alla mostra è legato il concorso Impronte OFF, un concorso di illustrazione aperto a giovani disegnatori, una mostra / happening che andrà ad arricchire il percorso espositivo e due incontri fuori città per far conoscere l’Orto Botanico di Parma non solo come luogo di studio ma anche come polo aggregativo innovativo, pensato per le nuove generazioni. Il programma Impronte Off - ideato da Interno Verde e promosso dall’associazione “Parma, io ci sto!” - affiancherà la mostra coinvolgendo studenti e professionisti under35, contribuendo così a far conoscere alle ragazze e ai ragazzi il ruolo che l’Orto Botanico assumerà per il territorio. Il bando del concorso di illustrazione, declinato sul tema della botanica fantastica, è stato pubblicato il 18 dicembre sul sito www.internoverde.it e resterà aperto fino al 28 gennaio. Verranno selezionati dieci finalisti che esporranno i propri lavori all’interno di "Impronte". Ulteriori appuntamenti volti a esplorare le potenzialità della rappresentazione botanica saranno organizzati tra febbraio e marzo sia a Milano che a Bologna. (gci)
“LA CONTINUAZIONE DEGLI OCCHI”: A MILANO LE OPERE DI NICOLO’ CECCHELLA
Una personale che presenta i temi fondamentali della ricerca di Nicolò Cecchella attraverso un corpus di opere che interrogano i concetti di spazio, tempo e luce ponendoli in diretto rapporto con il corpo, lo sguardo e la materia. Dallo scorso 11 gennaio fino al 2 febbraio, presso la sede italiana di Artcurial a Milano, è stata inaugurata “La continuazione degli occhi”, mostra a cura di Andrea Tinterri e Luca Zuccala dedicata all'arte di Cecchella. La selezione delle opere esposte in mostra affronta la questione centrale che accompagna il percorso di Cecchella: in che modo il visibile, ciò che vediamo, è in grado di trasformare non solo la nostra percezione della realtà ma la realtà stessa? Come il nostro corpo e quello di chi guarda si pone rispetto al potere trasformativo degli oggetti della visione? E infine: cosa (ci) resta della visione stessa? Attraverso un itinerario tra opere che alternano materiali preziosi e antichi ad altri organici e terragni, fino a quelli chimici e sintetici che prendono forma mediante tecniche apparentemente distanti (scultura, fotografia, video, disegno), Cecchella fornisce la sua personale risposta a queste domande. Risposta che, naturalmente, non può essere univoca ma inevitabilmente “aperta”, esposta a continue modificazioni della prospettiva di osservazione, generando così un processo di assimilazione e superamento che non può che provocare e trasformare l’occhio di chi osserva, riconfigurando la prospettiva di visione. Come dichiarato dall’autore: “Da un dato punto in avanti, noi siamo. E con questo essere, totalmente esposto, entriamo in contatto e relazione”. La mostra è accompagnata da una pubblicazione stampata in 100 esemplari con testi critici di Andrea Cortellessa, Chiara Protesine, Victor I. Stoichita, Mauro Zanchi e una conversazione tra l’artista e Andrea Tinterri. Nicolò Cecchella (1985), vive tra Reggio Emilia e Roma. La sua ricerca affronta le dinamiche della rappresentazione declinandole attraverso i temi dell’identità, del corpo e della presenza umana, indagando la relazione che questa assume con l’ambiente che la circonda e coniugandola alla dimensione naturale e organica in cui si inserisce. La sua pratica artistica si esplica attraverso l’interazione di diversi linguaggi e tecniche: scultura, fotografia, video e installazione. Ha partecipato alle mostre: Relazioni (im)possibili. Il fil rouge da Piero Manzoni a oggi a cura di Fondazione Piero Manzoni (testo critico di Giorgio Verzotti), Soncino, Cremona, 2023; Una sola traccia opposta alla luce a cura di Lara Conte, Cardelli e Fontana, Opificio Vaccari, Sarzana, 2022; Trees and Leaves a cura di Paola Stacchini Cavazza e Mario Peliti, Galleria del Cembalo, Palazzo Borghese, Roma, 2021/2022; “Le cose che accadono” a cura di Lido Contemporaneo, Artcurial Italie, Milano 2022; Verde Brillante a cura di Leonardo Regano, Galleria Antonio Verolino, Modena, 2022; Una stanza tutta per sé a cura di Ilaria Mariotti e Pietro Gaglianò, Galleria Passaggi, Pisa, 2022. È stato premiato al premio NEXT Award for Theatre – Regione Lombardia 2016 e a Portfolio Europa, Festival Fotografia Europea 2013. Per La Triennale Milano CRT Teatro dell’Arte ha curato la scenografia dello spettacolo teatrale Mi richordo anchora, 2016. È membro fondatore del Teatro Sociale di Gualtieri. Le opere di Cecchella sono presenti in collezioni pubbliche e private tra le quali Galleria del Cembalo, Palazzo Borghese (Roma), GAM Torino - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea. (gci)
NELLA FOTO. Gianluigi Colin, 11/11/2022, 2022
inchiostro offset su poliestere intelato
320 x198 cm
(dettaglio)