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Il “campo largo” e le tante livree di Conte

di Salvatore Tropea

Quando si sente parlare di “campo largo” non si può fare a meno di pensare alle diverse contrade politiche frequentate da Giuseppe Conte e alla sua pretesa di parlare ora a nome di una sinistra che esiste solo nella sua mente,, non essendo riconducibile ad altro che non sia la sua aspirazione a diventare il leader di un ipotetico cartello. E’ evidente che quando si va verso una consultazione elettorale nella quale ogni forza politica è tenuta a correre da sola, come nel caso delle europee, il dibattito deve scontare forzature che apparentemente sembrano snaturarlo ma che, nella sostanza, hanno il vantaggio di far comprendere meglio le reali intenzioni dei contendenti.
Non stupisce pertanto la sortita di Conte che, piuttosto rozzamente, accusa il Pd di non avere un progetto e di voler andare al governo solo per le poltrone, rivendicando una “diversità” che dovrebbe collocare lui e i suoi compagni di partito in una posizione progressista e per questo più credibile. Ora è chiaro che il capo dei cinquestelle è libero di coltivare le sue aspirazioni, riconducibili per sua stessa ammissione, al progetto di un’alleanza di centro sinistra da lui guidata. Ma è altrettanto chiaro che questo metodo non va nella direzione di un indebolimento dell’alleanza di governo che, di suo, ha problemi di sopravvivenza derivanti semmai dallo stillicidio di incidenti che inducono a chiedersi se e fino a quando un esecutivo possa reggersi su una maggioranza che giorno dopo giorno vede allungarsi la lista dei ministri alle prese con personali vicende giudiziarie.
Stando così le cose il protagonismo di Conte e la sua pretesa di dire al Pd quello che deve o non deve fare si spiega con un obiettivo elettorale che, in quanto tale, non ha niente a che fare con un’alleanza alternativa al centro destra. Elly Schlein mostra di averlo capito e di avere predisposto le contromisure per rispondere alle critiche di Conte e alle amnesie sulle tante livree indossate lungo il suo percorso politico. Così come mostra di aver capito che sul suo cammino il pericolo non è rappresentato tanto dalle esternazioni dell’esponente grillino quanto da una fronda interna al Pd mirata a mettere fine all’esperienza della prima segretaria donna del partito.
Non è certo un mistero che all’interno del Pd continua infatti il lavorio di quanti non si sono mai rassegnati alla sua leadership nonostante o forse per il numero e la natura dei consensi con la quale è stata da lei conquistata. A nessuno sfugge che, dopo un avvio con qualche incertezza, la segreteria Schlein oggi mostra di avere superato gli esami e che proprio per questo non è costretta a dover replicare a quelle esternazioni di Conte che qualcuno s’illude di poter usare come grimaldello per farla saltare. Ma gli applausi alle critiche del presidente del M5S all’operato della Schlein sono un segnale di debolezza che ricaccia indietro il Pd. Altro che “campo largo”.

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