Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

Cara Ferragni, i patti
vanno rispettati

di Benedetta Lazzeri

Un mese dopo il video di scuse di Chiara Ferragni per la “questione Balocco”, a seguito della notizia dell’apertura di un’indagine a suo carico per truffa, tra detrattori e sostenitori, critiche o difese, sono sempre più convinta che quantomeno l’aspetto ideale della vicenda (diversamente da quello giuridico) non riguardi solamente la sua protagonista, ma più propriamente tutti noi, o almeno quella parte della personalità di ciascuno che è necessariamente comune, condivisa: la socialità.
Già, perché il vivere in una comunità sociale non implica solo il necessario aderirne alle regole, ma anche il condividerne il sistema simbolico ed economico.
In altre parole, più semplici: non c’è offerta senza domanda, venditore senza compratore, non c’è influencer senza influenzato, né c’è nulla da mostrare se non c’è nessuno che sia pronto a guardarlo.
La vicenda è più che nota ed è probabilmente inutile ripercorrerla: l’inchiesta di Selvaggia Lucarelli, la multa dell’Antitrust per pubblicità ingannevole e il “precedente” delle uova di Pasqua, un video di scuse di Ferragni virale sui social, l’apertura di un’indagine per frode.
Dopo il video di scuse - e dopo anni al galoppo - Chiara Ferragni sembra frenare di colpo la sua corsa.
Nel suo profilo non compaiono post, nessun vestito glamour, nessun evento sfavillante, nulla sulle vacanze natalizie solitamente scintillanti; dopo quasi un mese, iniziano a vedersi foto e video che ritraggono una quotidianità familiare, quasi ordinaria, dalla cabina armadio da sogno non più che qualche tuta da ginnastica. Nel frattempo l’opinione si divide, ma la bilancia sembra pendere dalla parte della rabbia, delle accuse, dello sdegno e, allo stesso tempo, i followers sembrano diminuire.
A qualcuno – a me sicuramente - ad un primo sguardo questo andamento disomogeneo avrà ricordato “il mondo ondoso” di Interstellar, dove si è sommersi o sulla cresta dell’onda senza neanche avere contezza del tempo che intercorre tra l’emergere e lo sprofondare.
Ma c’è di più.
È fuor di dubbio che un certo grado di indecifrabilità dei fenomeni aumenti con l’aumentare della complessità delle società, eppure resta sempre – anche se spesso in incognito – un elemento semplice e costitutivo del tutto, semplice come il punto di fuga dal quale si diramano tutte le linee di un quadro e i toni dimessi delle ultime settimane, ci fanno pensare che Chiara Ferragni inizi ad averne contezza.
Non è cambiato poi molto da ciò che raccontava la grande trattatistica politica moderna (da Hobbes a Russeau, per intenderci); sicuramente nulla è cambiato del meccanismo che ne costituì l’ intuizione più importante: la società umana intesa come comunità è il frutto di un patto sociale, ossia della concessione (consapevole o meno) che una parte – solitamente quella più numerosa e più debole – fa all’altra, la concessione di amministrarla, condurla e ordinarla.
Tutto quello che non si conforma, che devìa, che si allontana, ne è fuori.
Ma perché? Anche qui la risposta è semplice e probabilmente esplicativa di molti dei fenomeni di odio da tastiera: colui che esce dal patto sociale, che vi si distanzia, compie un atto di forza, travalica i confini del comune assenso e ci ricorda una verità brutale: gli uomini sono lupi con gli altri uomini fintantoché un patto loro superiore non ne normi le sfere di influenza e proprietà.
Quello che Ferragni chiama “errore di comunicazione”, è possibile che sia un reato ed è certo che sia un’esplicita rottura del patto, quantomeno di quello di fiducia stipulato con milioni di seguaci sicuri che l’immagine e la parola consegnatagli fosse incontrovertibilmente sincera.
Sì, perché quello che i Ferragnez hanno, con buona pace di Fedez, non gli spetta di diritto, né gli arriva grazie ai superpoteri «delle loro ditina e dei loro telefonini», ma è il frutto di una compartecipazione di molti superpoteri, prima di tutto quello dei social social, strumenti che sappiamo avere un impatto (economico e sociale) precisamente orientato, e poi quello di noi fruitori, disposti non solo a prestare attenzione ai contenuti, ma anche a dare loro la possibilità di partecipare alle nostre decisioni.
Ha ragione chi rileva l’ipocrisia del non considerare il punto di partenza, il mondo è ondoso anche al di là della magica penna di Christopher Nolan, c’è chi parte sommerso e chi sulla cresta dell’onda, non c’è nulla di cui scusarsi, ma dimenticarlo è rischioso. La pena, infatti, è severa: si può finire fagocitati dai lupi.

(© 9Colonne - citare la fonte)