di Paolo Pagliaro
Nella sua reazione alle atrocità e agli orrori commessi dai terroristi di Hamas il 7 ottobre 2023 Israele dovrà evitare che quella tragedia abbia conseguenze ancora più nefaste, come avvenne negli anni successivi alla strage delle Torri Gemelle. Perché questo è il rischio che Netanyahu sta facendo correre al proprio paese e agli alleati
E’ il timore della Casa Bianca e delle cancellerie occidentali, come viene ben spiegato in un libro uscito in qusti giorni e scritto da Paolo Salvatori, in passato ai vertici della Divisione Controterrorismo dell’Aise. Il libro si intitola “Intelligence, quo vadis?”, è pubblicato dalla casa editrice La Lepre e ospita scritti di Alberto Pagani e Robert Gorelick, già capo della Cia in Italia.
Scrive Salvatori che oggi parte del problema risiede sicuramente nel fanatismo, che contraddistingue Hamas ma da cui non è però esente l’attuale compagine di governo israeliana, espressione di frazioni fondamentaliste. E’ un accostamento – quello tra Netanyahu e i suoi nemici - proposto in questi giorni da numerosi analisti non certo sospettabili di antisemitismo. Uno di loro – il giurista Cesare Pinelli, direttore di Mondo Operaio – in un editoriale ripreso da Reset scrive che il primo ministro israeliano teme la pace, perché segnerebbe sicuramente la sua fine politica, mentre più aumentano i morti a Gaza più i capi di Hamas possono intestarsi il discredito generale che inevitabilmente sta colpendo Israele. Per tutti – come cantava Fabrizio de André e come ricorda il professor Pinelli - il dolore degli altri è dolore a metà.
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