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DIFESA, PARSI: ITALIA
NON PRONTA PER GUERRA

DIFESA, PARSI: ITALIA <BR> NON PRONTA PER GUERRA

“Abbiamo un ordine internazionale basato sulla leadership americana-occidentale che, da diversi anni, si sta indebolendo” mentre “la Cina ha una proposta articolata di sfidante globale. Poi abbiamo la Russia che punta sostanzialmente sull'uso della forza, a cui si aggiungono le ambizioni a livello regionale dell'Iran e della Corea del Nord. Questa è la cornice all'interno della quale inquadrare le due guerre in corso che rischiano di diventare tre”. Lo afferma Vittorio Emanuele Parsi, ordinario di Relazioni internazionale all'università Cattolica del Sacro cuore di Milano, in una intervista al Piccolo. “E’ un fenomeno destabilizzante, animato anche da attori che propongono alternative all'esistente e che rischiano di far diventare la guerra più efficace e più pericolosa” aggiunge. Il ministro Crosetto ha già detto che le nostre forze armate non sono preparate per affrontare la guerra... “Anche il capo di Stato maggiore della Difesa, in audizione in Parlamento, è stato netto nel dire che abbiamo ritardi da assorbire, carenze in termini di equipaggiamento ancora da migliorare e numeri scarsi in termini di dotazioni e personale. Nell'intenzione del ministro è cercare di porre rimedio”, “non possiamo competere con Paesi come la Francia e la Gran Bretagna, che sono potenze nucleari e membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu: la Francia è intervenuta a difesa di Israele su richiesta della Giordania. Eviterei di pensare che abbiamo un protagonismo da giocare a ogni costo” e “non possiamo continuare a fare i consumatori passivi di sicurezza. Non abbiamo allevato un'opinione pubblica che riesce a pensare alla sicurezza come investimento: la pace si costruisce mettendosi nelle condizioni di allontanare la prospettiva della guerra. L'Italia è una potenza a livello di Spagna e Polonia con capacità economica e politica superiori che però vanno messe a sistema senza paura, se vuoi contare devi assumere le tue responsabilità”. E conclude che in Europa “gli Stati devono cambiare le norme che penalizzano gli investimenti nella difesa e nella sicurezza, ovvero le norme che potevano andare bene quando il mondo era dominato dall'illusione della pace ineluttabile e non dalla possibilità della guerra”. (16 apr - red)

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