E’ da alcuni anni che magistratura e forze di polizia italiane si sono rese conto dei seri pericoli che potevano venire dai gruppi criminali albanesi in “affari” con la criminalità di casa nostra. In realtà i rapporti dei criminali albanesi con la mafia italiana erano rilevanti già ai tempi di Enver Hoxha (primo ministro dell’Albania dalla fine della seconda guerra mondiale fino alla sua morte nel 1985), relativamente al traffico delle armi, della droga e delle auto rubate. Una volta caduto il regime comunista, i rapporti si rafforzarono e si diversificarono i settori di interesse. Per esempio, sembra che sia stata proprio la mafia italiana ad iniziare il traffico di clandestini nel 1991. Lo dichiarava, in una intervista, l’ex capo della Polizia di Vlora, Sokol Mulosmani ( intervista pubblicata il 30 novembre 1997 dalla rivista “Albanian”, a cura di Lufti Dervishi).
La città di Volra veniva indicata come la base principale della criminalità collegata con tale commercio, assieme alle città di Fier, Divjake, Golem e Shengjin; in quest’ultima località, come noto, si sta approntando, con non poche polemiche politiche, sulla scorta dell’accordo intercorso nel novembre 2023 tra il nostro governo e quello albanese, l’hot spot per l’identificazione dei migranti soccorsi in acque internazionali da mezzi italiani, da trasferire, poi, nel Centro per i rimpatri, pure in allestimento, sempre da parte italiana, in territorio albanese. Difficile, già ai tempi di Hoxha, l’azione di contrasto da parte della Polizia locale, debole e disorganizzata, ma soprattutto perché “gli onesti – dice Mulosmani - sono stati costretti ad emigrare per salvare la pelle o costretti alle dimissioni dalla volontà dei politici corrotti”. In realtà, affermava ancora Mulosmani, i grossi profitti si ricavavano, già allora, dalla droga, rispetto alla quale il traffico di clandestini appariva piuttosto una copertura. La conclusione era che, nel 1998, la mafia si era consolidata in Albania, grazie anche alle infiltrazioni nell’apparato dello Stato.
Non basta. Se negli anni Ottanta quello con la mafia italiana era un rapporto di subordinazione, oggi, gli albanesi, da quando hanno emarginato i turchi nel controllo della rotta balcanica, sono cresciuti, hanno fatto il salto di qualità e si è verificato un riequilibrio come è emerso anche in diverse inchieste giudiziarie. Insediamenti criminali italiani, soprattutto pugliesi, vengono segnalati da tempo in Albania, dove le varie mafie nostrane hanno delle basi operative e il traffico di migranti è una eccellente e redditizia attività criminale. Anni fa, il gruppo albanese “Shkoder or Velipoje mafia” gestiva, nella città omonima, un campo di raccolta per chi voleva partire verso le coste italiane. Ancora oggi, attraverso l’Albania, continuano a passare i migranti dell’Asia diretti in Germania e trasportati dalle mafie asiatiche sulla costa calabrese e pugliese. Naturalmente questo fenomeno non è nato dall’oggi al domani, ma ha avuto una fase iniziale che, forse, non è stata valutata con l’attenzione necessaria, ed una fase successiva che ha richiesto un eccezionale impegno delle istituzioni con una buona collaborazione tra i due paesi, che vede anche la presenza in Albania, da diversi anni ormai, di un nucleo di militari della Guardia di Finanza con mezzi navali ed aerei - per il pattugliamento marino finalizzato anche al contrasto del narcotraffico - oltre alla presenza dell’esperto per la sicurezza, accreditato presso l’ambasciata italiana a Tirana.
La mafia albanese, in effetti, è andata assumendo un ruolo preoccupante sul mercato mondiale degli stupefacenti ed in particolare con esportazioni sempre maggiori di marijuana ( individuate 1.094 piantagioni illegali nel 2023) e le preoccupazioni sono aumentate quando ci si è accorti che gruppi della criminalità albanese erano entrati in affari anche con i narcos colombiani per le importazioni ingenti di cocaina. Il commercio di marijuana resta la principale attività con la coltivazione iniziata nel 1991/1992 (cfr. Anila Prifti, Albania-Fertile Land of drugs, in “Tirana Koha Jone” del 30 novembre 1997): un business che si è moltiplicato in breve grazie anche ai collegamenti con la criminalità greca. Oggi sono centinaia le coltivazioni di cannabis, in particolare nelle zone di Vlore, Fier,, Mallakaster, Sarande. L’economia di questi territori, ormai, dipende dalla vendita di marijuana, in combutta con italiani e greci.
Le analisi fatte dalla DIA nelle relazioni semestrali da almeno una decina di anni a questa parte, danno conto di come la criminalità organizzata albanese presenti “caratteristiche di estrema dinamicità nella capacità organizzativa ed operativa”, tanto da paragonarla alla ‘ndrangheta. Anche per questo, recentemente, lo stesso procuratore nazionale antimafia Melillo si è recato a Tirana per stringere con la Procura speciale albanese relazioni utili al contrasto della criminalità.