Roma, 9 lug - Un nuovo rapporto di Amnesty International, intitolato “Poco tutelato e troppo ostacolato: lo stato del diritto di protesta in 21 stati europei“, afferma che in tutta Europa il diritto di manifestare pacificamente è sotto duro attacco, poiché le autorità statali "stigmatizzano, criminalizzano e reprimono sempre più le persone che manifestano in modo pacifico imponendo restrizioni ingiustificate e punitive e ricorrendo a mezzi sempre più repressivi per soffocare il dissenso". Il rapporto rivela "un modello europeo di leggi repressive, uso eccessivo o non necessario della forza, arresti e procedimenti arbitrari, restrizioni ingiustificate o discriminatorie, nonché l’uso crescente di tecnologie di sorveglianza invasive, che portano a una sistematica erosione del diritto di protestare". La ricerca è stata presentata a Palazzo Madama, su iniziativa della senatrice Ilaria Cucchi (Avs), secondo cui di quanto denuncia Amnesty International "ne abbiamo avuto una prova con il cosiddetto ddl sicurezza, che a mio avviso è spaventoso, rappresentando un elenco di privazioni di diritti, dopotutto è quello avviene dall'inizio di questa legislatura. Il diritto di manifestare sarà seriamente punito anche dal punto di vista penale". "C'è nel ddl sicurezza - aggiunge la senatrice - un capitolo interamente dedicato al diritto di manifestare, si punisce il fatto di 'causare il blocco stradale con il proprio corpo', quindi se lo faccio con il trattore va bene ma con il mio corpo no, questo significa puntare il dito contro coloro che si battono contro le variazioni climatiche. Si tratta di segnali da regime, stiamo andando verso una pessima deriva" denuncia Cucchi. "Purtroppo moltissime delle preoccupazioni evidenziate a livello europeo sono attualissime anche per il nostro Paese - afferma Debora Del Pistoia, ricercatrice di Amnesty International Italia - Ci sono tre macroaree principali su cui abbiamo concentrato la nostra attenzione: l'inasprimento dell'apparato normativo, allarmanti sono in particolare gli articoli 10 e 11 del pacchetto sicurezza che andrebbero ad estendere e ad inasprire le pene su Daspo urbano e blocco stradale, già ripenalizzato dal decreto Salvini del 2018. Ma c'è anche un utilizzo improprio e un'interpretazione restrittiva di normative molto datate del nostro ordinamento, come l'uso del Tulps (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, ndr) da parte di questure e prefetture per restringere il diritto di protesta pacifica, attraverso il sanzionamento dell'omesso preavviso per chi organizza manifestazioni pubbliche, senza alcuna valutazione previa della pericolosità per l'ordine pubblico della manifestazione, che dovrebbe essere la ratio che sta dietro a determinati divieti". "Pensiamo inoltre alle manifestazioni che volevano essere promosse per la Giornata della memoria, vietate preventivamente e in modo generalizzato" sottolinea la ricercatrice, che aggiunge: "Abbiamo segnalato inoltre un preoccupante e massiccio uso della forza da parte delle forze dell'ordine nel disperdere manifestazioni pacifiche, ricordiamo che per il diritto internazionale una manifestazione in cui si verifichino episodi sporadici di violenza non è da considerarsi violenta di per sé, quindi le autorità non sono legittimate a disperdere quella protesta. Pensiamo alle manifestazioni di Firenze e Pisa, che hanno avuto una forte eco a livello nazionale, perché molti minori sono rimasti feriti, anche gravemente, e a manifestazioni più recenti contro il G7 a maggio". "Il diritto di protesta in Europa - spiega Marco Perolini, Law and Policy Adviser di Amnesty international - è tutt'altro che acquisito, abbiamo riscontrato violazioni in tutti i 21 paesi europei analizzati e in diverse aree: emerge un quadro molto negativo rispetto a questo diritto, storicamente molto importante in Europa per l'acquisizione di diritti da parte dei gruppi marginalizzati. In realtà oggi il diritto di protesta pacifica è a rischio in tutti i Paesi europei". In conferenza stampa è stato anche presentato il rapporto "Diritto non crimine. Per la madre terra, la giustizia sociale, climatica e ambientale", promosso dalla Rete "In difesa di" e Osservatorio repressione: "Il rapporto, il primo in Europa scritto a più mani con le varie organizzazioni che si occupano di giustizia climatica e ambientale e dai loro avvocati, cerca di fare il punto su paradigmi di restrizione degli spazi di agibilità politica, di repressione e delegittimazione di chi oggi si occupa non solo di giustizia climatica ma anche di difendere i territori da garndi opere inutili e imposte dall'alto" afferma Francesco Martone, portavoce Rete "In difesa di". (PO / Roc) ////
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