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Tra l’uomo e Dio un rapporto complicato

Tra l’uomo e Dio un rapporto complicato

di Giorgio Dobrilla

Sir Richard Burton (1821-1890), linguista ed esploratore inglese, fu in grado di parlare perfettamente più di 20 lingue europee, asiatiche e africane e riuscì a tradurre e a far pubblicare "Le mille e una notte" e il testo del "Kama Sutra". Non dovrebbe collocarsi tra gli esperti di religione, ma indubbiamente per le sue esperienze raccolte in molti viaggi e per la conoscenza di popoli favorita dalla sua comprensione di tante lingue, merita che sia menzionato il suo pensiero in proposito. Che sulle religioni è il seguente: “Più le studio più sono convinto che l’uomo non ha mai adorato altro che se stesso”. Con quanto dice nel titolo egli rinforza intanto l’opinione di molti e cioè che, invece che essere un dio ad aver creato l’uomo, sia questo ad aver ipotizzato un qualsiasi superdemiurgo, attribuendo a lui caratteristiche, doti, e difetti suoi propri. Facile reazione provocatoria mai blasfema del cabarettista Pino Caruso che afferma come niente sia più pericoloso di chi crede che i propri pensieri coincidano con quelli di Dio. Quanto a me, vorrei intanto a citare tre commenti, due seri e uno …un po’meno, che fanno comunque riflettere.
Il primo, negativissimo, è quello di Joanathan Swift, pastore anglicano, autore de “I viaggi di Gulliver”, che osserva malinconicamente come le religioni siano sufficienti a farci odiare, ma insufficienti per farci amare l’un l’altro. Il secondo è di Giancarlo Ravasi, cardinale e noto teologo che assegna invece alle religioni non solo e non tanto un fine consolatorio ma il ruolo positivo, di rendere l’uomo più inquieto e pensante. Il terzo commento divertente è del solito Woody Allen il quale racconta che stava uscendo con una ragazza che pensava di sposare, dop aver superato un conflitto religioso: “lei era atea e io agnostico e noi non sapevamo senza quale religione educare i figli”.
Tornando seri, mi sembra invece doveroso meditare sulla esperienza di Carl Gustav Jung quando afferma testualmente :”Ho curato molte centinaia di malati di mente. Tra quelli d’età superiore ai 35 anni, non ce n’è stato neppure uno il cui problema, in ultima analisi, non fosse quello di scoprire un senso religioso nella vita”. Ignoro, però, cosa volesse dire esattamente con questo il celebre psicologo e psicanalista svizzero. Qualcuno si è chiesto anche quale differenza esiste tra mito e religione e la risposta che si è dato James K. Feibleman, filosofo della Tulane University ( Louisiana) è che il mito è una religione in cui nessuno crede più.

(© 9Colonne - citare la fonte)