Mentre Gustave Auffeulpin, un grande inventore, guarda perplesso la costruzione del prestigioso Centro Beauborg, ha un lampo di genio, un’illuminazione, decide di applicare a questa monumentale opera della Cultura Alta una sua invenzione: la contrazione molecolare tangenziale. L’inventore riesce nel suo esperimento e sotto l’edificio si apre una voragine di 7 milioni di metri cubi “contratti”, uno spazio verticale dove si insedia spontaneamente una cultura sotterranea e alternativa, questa nuova società si pone agli antipodi della Cultura della superficie dello Spettacolo-Merce-Potere e crea un modo di vivere tutto suo. Queste due realtà vivono parallelamente e, mentre le Autorità si ingozzano di salatini all’inaugurazione del Beauborg Superiore, nei sotterranei si assiste ad un’assemblea caotica, ludica e vociante che inaugura il loro culto immaginifico e scatenato contro-beaubourg. Con “Sotto il Beauborg” (Eleuthera), Albert Meister racconta l’utopia di una realtà sotterranea, immensa, autogestita e sovversiva. “Se pensi che il punto non è lavorare meno ma lavorare con gusto e quando ne hai voglia, che le cose non le devi possedere ma utilizzare quando serve, che il denaro non va affatto accumulato ma abolito… se sono questi gli orrori che ti passano per la testa, allora non ti resta che mollare al suo destino l’attuale Sistema e fare il contrario di quello che predica: amare invece di odiare, donare invece di prendere, scrivere con errori invece di rispettare l’ortografia, non scrivere invece di scrivere cazzate. E qui mi fermo, perché alla fin fine è preferibile vivere piuttosto che scrivere come si deve vivere”.
L’AUTORE: Albert Meister (Basilea 1927 - Kyoto 1982), sociologo, è stato directeur d’études presso l’École Pratique des Hautes Études di Parigi, dove si è affermato come uno dei più noti studiosi dell’associazionismo in generale e delle teorie ed esperienze autogestionarie in particolare. Ha lungamente collaborato con Adriano Olivetti, trasferendosi per un periodo a Ivrea dove ha studiato i risvolti comunitari del processo di industrializzazione piemontese. Con Olivetti ha inoltre fondato la rivista internazionale «Community Development», oltre a essere stato co-fondatore, assieme a Jacques Vallet, della rivista di arte e satira “Le Fou parle”. Tra i suoi libri più importanti vanno citati L’Afrique peut-elle partir? (1966), Où va l’autogestion yougoslave? (1970), L’inflation créatrice (1975), L’autogestion en uniforme (1981). Ha scritto talora anche sotto pseudonimo: Sotto il Beaubourg (elèuthera 2024 n.e.), racconto decisamente poco convenzionale lo ha pubblicato nel 1976 con il nom de plume di Gustave Auffeulpin. (ers)
“SPADE CHE CANTANO. IL PAESAGGIO SONORO DEL ROMANZO ARTURIANO D’OÏL” DI ELENA MUZZOLON
Con il libro intitolato “Spade che cantano. Il paesaggio sonoro del romanzo "Arturiano d’oïl” (Esedra) Elena Muzzolon propone una sintesi sulle funzioni e sulle forme dell’audio-sfera nella narrativa antico-francese di argomento bretone. Da un lato il canto fresco delle acque, accordato alle arie degli uccelli canterini, e la musicalità del cronotopo primaverile con lo stormire delle fronde e la vibrazione misteriosa del bosco. Tutto un fondale concertato di ‘voci’ impostate su tonalità soavi, un brusio d’incanti fiabeschi: è lo sfondo acustico dell’erranza cavalleresca. Dall’altro lato c’è lo strepito ferreo delle armi e lo zoccolio ritmato delle cariche a fondo, il fracasso rimbombante delle lance spezzate nelle scene di torneo e nelle sequenze duellistiche, lo squillo del corno, le magie ‘rumorose’ dei luoghi ultraterreni. Il volume indaga la dialettica tra i due poli essenziali del ‘paesaggio sonoro’ arturiano, facendo emergere un’opposizione tensiva tra consonanza e dissonanza, melodia e cacofonia, armonia e crisi: tra i suoni della quiete e quelli stridenti del trauma.
L’AUTRICE: Elena Muzzolon si è laureata presso l’Università di Padova con una tesi volta ad indagare gli aspetti allegorici, letterari e magici del motivo della “carole magique” nella letteratura francese fra Medioevo e Rinascimento, ottenendo la dignità di stampa. I suoi interessi di ricerca sono rivolti principalmente al romanzo bretone in lingua d’oïl, all’ambito del meraviglioso e all’antropologia del testo medievale. (ers)
IL MISTERO DE “L’OMICIDIO DI VALLE GIULIA”
Durante la battaglia di Valle Giulia, si consuma un terribile omicidio che, dopo più
di mezzo secolo, farà emergere una realtà sconvolgente e terribile frutto del lato oscuro dell’umanità. Tutto ebbe inizio quando Michele Proietti si rifugia in un palazzo per sfuggire alla guerriglia del 1 marzo del 1968 ed incontra Laura Dominici, un incontro per lui fatale. La giovane donna viene trovata morta e suo marito Edoardo è ferito, Michele viene così accusato e condannato di omicidio, furto e aggressione. Dopo tutti questi anni Luisa, la figlia di Michele, riporta a galla questa storia, trova dei carteggi del padre da cui legge la verità e ha intenzione di dimostrare l’innocenza del padre a tutti i costi. Vista la difficile situazione economica, Luisa si affida a Flavia e Clara che si occupano di aiutare le vittime di ingiustizia “pro bono”. Ad accompagnare le professioniste in questa indagine ci sanno Gianni e Nous, il golden retriver di Flavia, gruppo si e il trova così ad affrontare un viaggio catartico e di crescita tra i quartieri romani dei Parioli e San Lorenzo. Con “L’Omicidio di Valle Giulia” (Fratelli Frilli), Antonella di Fabio ci porta tra i vicoli romani e conduce il lettore in un’avvincente indagine che si svolge tra presente e passato.
L’AUTRICE: Antonella Di Fabio nasce l’8 aprile 1964 a Roma. Dopo il diploma di maturità scientifica prosegue i suoi studi presso l’Università di Roma “La Sapienza” laureandosi in Scienze Biologiche e ottenendo in seguito il titolo di Dottore in Scienze Farmacognostiche. È autrice di numerose pubblicazioni su riviste scientifiche nazionali ed internazionali. Con il tempo riesce a dar forma alla sua passione: la scrittura. Nel 2022 conclude il suo primo lavoro: Un rifugio perfetto pubblicato su ilmiolibro.it. (ers)
“TANTA GENTE, MARIANA”, GLI OTTO RACCONTI DI MARIE DE CERVALHO
Con la raccolta titolata “Tanta gente, Mariana” (Sellerio), Marie Judite de Carvalho raccoglie otto racconti con cui mette in luce la mediocrità e l’indifferenza della società in situazioni limite, come lo stupro, l’aborto, il tradimento ed il suicidio. Dei racconti per cui l’autrice utilizza una prosa crudele ed elegante, intrisa di un sublime senso dell’umorismo, racconta dell’amore, del disamore, del desiderio e della rovina privata. Pubblicato in Portogallo nel 1959, quando regnavano la dittatura di Salazar e i rigidi editti della Chiesa cattolica, “Tanta gente, Mariana” fece scalpore ma le pagine sembrano state scritte oggi, rimangono immortali poiché intrise di cruda umanità e dell’eterno paradosso della vita umana. Nella postfazione, Giulia Caminito scrive “In tempi come quelli odierni dove si ha spesso paura a spaventare il lettore e la lettrice, e dove si cerca persino nella scrittura risoluzione, accomodamento, salvezza, per fortuna esistono scrittrici del passato come de Carvalho che del confronto con gli abissi non hanno avuto alcuna paura”.
L’AUTRICE: Maria Judite de Carvalho (Lisbona, 1921-1998) è stata scrittrice e pittrice. Ha vissuto a lungo in Belgio e in Francia, in particolare durante la dittatura di Salazar. La sua opera, romanzi e racconti spesso di taglio breve, è oggi considerata tra le più interessanti del Novecento in Europa. (ers)
“LA PRIMA ASSOLUTA AL K2”, CE LA RACCONTA ARDITO DESIO
Il 31 luglio 1954, Achille Compagnoni e Lino Lacedelli piantarono il tricolore sulla vetta del K2. Un anno dopo la conquista dell’Everest, una spedizione interamente italiana conquistava la seconda vetta più alta del pianeta, al termine di un'impresa alpinistica straordinaria. Per un paese appena uscito dagli orrori e dalle difficoltà della guerra, la conquista del K2, seguita quasi in diretta attraverso la radio, rappresentò un motivo d’orgoglio nazionale e forse il segnale che una pagina difficile della nostra storia era definitivamente chiusa. Fu un’impresa estremamente complessa, le conoscenze geografiche e meteorologiche erano scarsissime e le difficoltà tecniche non mancavano. Ma gli scalatori erano adeguatamente organizzati, con le tecnologie al tempo più avanzate e con un grande spirito di avventura. Ardito Desio con “La prima assoluta al K2” (Corbaccio), nel 70° anniversario della spedizione, ci racconta questo incredibile traguardo da lui seguito interamente e dettagliatamente dal campo base. L’autore dedica poco spazio alla scalata, la maggior parte del libro racconta della preparazione della spedizione, un’opera immensa che richiese il reperimento di ingenti quantità di materiali e l’impiego di numerosi uomini. Questo aspetto è assai importante per comprendere le differenze tra l’alpinismo di oggi e quello di un tempo, rendendo il libro non solo un classico dell’alpinismo, ma anche uno straordinario documento storico.
L’AUTORE: Ardito Desio (Palmanova 1897 - Roma 2001), oltre alla sua attività scientifica testimoniata da oltre quattrocento pubblicazioni, è noto per la sua attività di esploratore, alpinista e pioniere. Protagonista di grandi imprese nel deserto del Sahara, sul Karakorum, in Etiopia, in Albania, e poi al Polo Sud, in Birmania, in Tibet, sull’Himalaya, ha legato indissolubilmente la sua grande fama alla guida della spedizione italiana che nel 1954 conquistò il K2. Desio è stato membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei e socio onorario di molte società scientifiche italiane e straniere. Fu il primo Presidente dell’Associazione Nazionale dei Geologi Italiani e Presidente del Comitato Geologico. Ha scritto su alcuni dei maggiori quotidiani e periodici italiani. Oltre alla Conquista del K2, Corbaccio ha pubblicato anche Sulle vie della sete dei ghiacci e dell’oro. (ers)