ph Giansalvo Cannizzo
S’intitola ‘456’ la commedia nera scritta e diretta dall’indimenticato Mattia Torre che andrà in scena martedì 6 maggio (ore 21) al Teatro Duse di Bologna (via Cartoleria). Sul palco, Massimo De Lorenzo, Carlo De Ruggieri, Cristina Pellegrino e Totò Onnis. ‘456 è la storia comica e violenta di una famiglia che, isolata e chiusa, vive in mezzo a una valle oltre la quale sente l’ignoto. Padre, madre e figlio sono ignoranti, diffidenti, nervosi. Si lanciano accuse, rabboccano un sugo di pomodoro lasciato dalla nonna morta anni prima, litigano, pregano, si odiano. Ognuno dei tre rappresenta per gli altri quanto di più detestabile ci sia al mondo. Tuttavia, occorre una tregua perché sta arrivando un ospite atteso da tempo, che può e deve cambiare il loro futuro. Tutto è pronto, tutto è perfetto, ma la tregua non durerà. ‘456’ nasce dall’idea che l’Italia non sia un Paese ma una convenzione; dall’idea che, non avendo un’unità culturale, morale, politica, l’Italia rappresenti oggi una comunità di individui che sono semplicemente gli uni contro gli altri per precarietà, incertezza, diffidenza e paura. Il tutto per mancanza di comuni aspirazioni. Lo spettacolo racconta, dunque, come proprio all’interno della famiglia, che pure dovrebbe essere il nucleo aggregante di difesa dell’individuo, nascano i germi di questo conflitto. La famiglia sente ostile la società che gli sta intorno ma finisce per incarnarne i valori più deteriori, incoraggiando la diffidenza, l’ostilità, il cinismo, la paura. In sintesi, in ‘456’ Mattia Torre racconta la famiglia quale avamposto della nostra arretratezza culturale. (red Gil)
ROCÍO MUÑOZ MORALES IN CONTRAZIONI PERICOLOSE
Gli ingredienti vincenti ci sono tutti. Situazioni comiche, momenti di scontro e incontro che fanno riflettere, un grande feeling fra gli attori sul palco e un pizzico di mistero che non guasta mai. Al Teatro Manzoni di Roma arriva la nuova commedia dal titolo “Contrazioni pericolose”, scritta e diretta da Gabriele Pignotta e prodotta da ArtistiAssociati – Centro di Produzione Teatrale, in scena da giovedì 8 a domenica 25 maggio. Sul palco Rocío Muñoz Morales, Giorgio Lupano e Gabriele Pignotta. “Contrazioni pericolose - spiega Gabriele Pignotta - non è una semplice commedia, come se ne sono viste numerose negli ultimi anni e a differenza delle mie precedenti opere compie un passo in più. Si tratta di un passo importante che varca la soglia dell’esplorazione dell’animo, delle pulsioni, paure, speranze e desideri di una generazione che ha voglia di trovare un suo equilibrio nel marasma di una vita che ha perso punti di riferimento certi”. Massimo Martina (Giorgio Lupano) e Martina Massimo (Rocío Muñoz Morales) sono amici da anni. Il loro incontro è stato fortuito, dettato dalla strana coincidenza del nome con il cognome dell’altro, ma da quel momento fra loro è nato qualcosa. Quella che sembra una semplice amicizia - quell’amicizia che potrebbe nascondere un vulcano - viene però placata dai timori di una vita che fatica a dare quella concretezza in grado di apportare all’animo umano la forza per compiere grandi cambiamenti nello status quo. Ma sarà proprio un cambiamento a sconvolgere la loro vita, Martina resterà incinta e Massimo lo scoprirà solo quando lei entrerà in travaglio. È questo il momento giusto per l’eruzione di quel vulcano di emozioni che i due si portano dentro da anni. In una sala parto nella quale i giochi di luce rispecchiano, sapientemente, i dolori e gli incontri fra i due protagonisti gioca un ruolo fondamentale l’ostetrico Francesco (Gabriele Pignotta). “Quest’ultimo – conclude l’autore - bene rappresenta la rassegnata passione di chi lavora e vive situazioni di estrema gioia e dolore negli ospedali romani, che anno dopo anno sono sempre più in difficoltà per carenza di personale e scarsi mezzi a disposizione”. Una commedia che fa tanto ridere, tanto emozionare ma anche riflettere sui nostri limiti, sulle nostre fragilità, invitandoci a superarle con fiducia e ottimismo. (red PO Gil)
PAOLA MINACCIONI TORNA NEI PANNI DI “ELENA, LA MATTA”
Dopo il grande successo delle repliche passate, torna a grande richiesta l'intensa Paola Minaccioni nei panni di Elena Di Porto, la “matta” del ghetto ebraico di Roma. Lo spettacolo andrà in scena al Teatro sala Umberto di Roma dal 6 all’11 maggio. Donna indipendente, temeraria e antifascista, Elena ha lottato con tutta sè stessa per lei e per gli altri. Una storia di libertà e di ribellione, testimonianza di uno dei periodi più tragici della nostra storia diviene in scena uno spettacolo intimo, travolgente e di grande impatto emotivo. La regia è di Giancarlo Nicoletti, drammaturgia Elisabetta Fiorito, liberamente ispirato al libro di Gaetano Petraglia "La matta di piazza Giudia” edito da Casa Editrice Giuntina. (PO red Gil)
STABILE DI CATANIA, IN SCENA LA STORIA D’AMORE TRA MARTA ABBA E PIRANDELLO
La storia d’amore tra Marta Abba e Luigi Pirandello rivive in teatro grazie allo spettacolo “Non domandarmi di me, Marta mia” che sarà in scena alla Sala Futura del Teatro Stabile di Catania da venerdì 2 a domenica 4 maggio. La drammaturga Katia Ippaso, in questo suo spettacolo, ha realizzato un approfondito e sensibile lavoro, ricostruendo il carteggio tra i due, durato dieci anni. La protagonista è l’attrice Elena Arvigo, diretta dal regista Arturo Armone Caruso. “Non domandarmi di me, Marta mia…”, prodotto da Nidodiragno/CMC, si situa in un preciso punto del tempo, il 10 dicembre del 1936, data della morte di Luigi Pirandello, e in un preciso punto dello spazio, New York, dove Marta Abba stava recitando al Plymouth Theatre di Broadway. Quella sera, dopo aver fatto al pubblico l’annuncio dell’improvvisa scomparsa di Pirandello alla fine dello spettacolo, Marta Abba si trova da sola nella sua camera di Manhattan, non molto distante dalla Fifth Avenue, di fronte alla cattedrale di St. Patrick. Legge l’ultima lettera che Pirandello le aveva scritto, solo sei giorni prima della sua morte, nella quale non accennava minimamente alla sua malattia. Nella calma allucinata di quella notte, dopo la rappresentazione, Marta si trova a dover fare i conti con il suo passato. L’attrice ha portato con sé le lettere che negli anni le ha scritto Pirandello dal 1926 al 1936 ma anche quelle che lei aveva indirizzato al suo Maestro. Le sparge sul letto e sul pavimento, vi si immerge, e rievoca così la loro storia, la storia di un rapporto elettivo, agli altri segreto e in una qualche forma incomprensibile, “un fatto d’esistenza”, annotava Pirandello in una lettera del ‘29. Rispetto al personaggio forte e risoluto del carteggio, emerge in Marta Abba, col favore delle tenebre, una nota di vulnerabilità, una maggiore solitudine di donna. L’irruzione improvvisa della morte, non può non influenzare l’interpretazione del passato, facendo vacillare le certezze e portando la protagonista a farsi delle domande che non si era mai fatta prima. È una notte di veglia, in cui si fa vivo non solo il fantasma di Pirandello ma vengono chiamate a raccolta anche le immagini fantasmate di tutte le eroine pirandelliane (dalla Tuda di “Diana e la Tuda” alla Donata Genzi di “Trovarsi”, fino alla contessa Ilse de “I Giganti della montagna”) che il grande scrittore aveva inventato per lei, per la sua Marta. (PO red Gil)
TEATRO, CINEMA E ARTE CONTEMPORANEA: ASPETTANDO RE LEAR DI ALESSANDRO PREZIOSI
Per tre giorni, in esclusiva al Cinema Farnese di Roma, sarà proiettato "Aspettando Re Lear", il nuovo documentario firmato da Alessandro Preziosi con la partecipazione straordinaria del maestro Michelangelo Pistoletto. Scritto da Preziosi insieme a Tommaso Mattei, arriverà per la prima volta in sala lunedì 5 maggio alle ore 21, come evento speciale alla presenza del regista. Le repliche sono previste nei giorni successivi, martedì 6 e mercoledì 7 maggio alle ore 19. Biglietti in prevendita sul circuito 2tickets.it e in vendita direttamente al cinema. Aspettando Re Lear è un’opera immersiva e visionaria che unisce teatro, cinema e arte contemporanea in un racconto che attraversa le prove, la messa in scena e le riflessioni esistenziali legate all’allestimento teatrale del Re Lear di Shakespeare. Seguendo attori, luoghi e suggestioni visive in un percorso che si snoda tra il Teatro Goldoni e la città di Venezia – tra le Prigioni Nuove, il Palazzo Ducale, l’Arsenale e la Fondazione Cini – il documentario si trasforma in un viaggio onirico che supera i confini del palcoscenico. Al centro del racconto, oltre all’indagine sulle dinamiche artistiche e umane della compagnia, spicca la collaborazione con Michelangelo Pistoletto, la cui poetica e visione artistica permeano profondamente l’opera. Le sue opere diventano parte integrante della scenografia e della narrazione, mentre una lunga intervista esclusiva approfondisce i temi dell’eredità, della follia, della responsabilità tra generazioni e della funzione speculare dell’arte. «Ho voluto raccontare il Lear non solo come testo, ma come stato mentale – dichiara Preziosi - Un’esperienza collettiva e personale, in cui gli attori, come i personaggi, si confrontano con la fragilità, la follia, la perdita. Venezia è il nostro specchio: città reale e al tempo stesso allucinata, teatro di tutte le trasformazioni. L’incontro con Michelangelo Pistoletto è stato poi cruciale: le sue opere non sono solo scenografie, ma parte viva della riflessione sul rapporto tra padri e figli, tra generazioni che non si ascoltano, tra verità negate e identità frammentate. "Aspettando Re Lear" è il mio modo per interrogarmi – e interrogarci – su chi siamo, oggi, quando le nostre certezze vacillano.» Il documentario è anche un viaggio attraverso una nuova idea di costume teatrale, sviluppato con Fashion B.E.S.T. della Fondazione Cittadellarte di Biella, attraverso un processo sostenibile, tracciabile e etico, sotto la direzione creativa di Olga Pirazzi, con i designer Flavia La Rocca e Tiziano Guardini. Il cast, guidato da Alessandro Preziosi, vede l’intensa partecipazione di Nando Paone in una rara e potente interpretazione tragica, accanto a Roberto Manzi, Valerio Ameli e Federica Fresco Le musiche originali sono firmate da Giacomo Vezzani, che costruisce una colonna sonora intensa e visionaria, capace di accompagnare il racconto come una drammaturgia sonora, amplificando i piani visivi e concettuali del film. Un documentario che va oltre il dietro le quinte per proporre una riflessione visiva e poetica sull’arte contemporanea, sulla scena del nostro tempo, sul cinema che documenta e su tematiche di attualità che da Shakespeare permangono anche ai nostri giorni. (red Gil)