Lo stress e i suoi sintomi psicosomatici sono tra i peggiori nemici dei nostri capelli e quindi, con l’acuirsi della crisi economica e della precarietà del lavoro, è esploso un vero e proprio fenomeno sociale: il sensibile aumento delle malattie legate ad un eccesso di nervosismo, come le patologie cutanee di origine autoimmune. Soprattutto la calvizie ha avuto una maggiore incidenza con un aumento stimato intorno al 16%. Da qui un maggiore ricorso a trattamenti e a interventi per arginare il problema. E, in tempi di crisi, si deve guardare oltre che all’efficacia anche al portafogli. Per questo è in sensibile aumento, di circa il 22%, la richiesta del cosiddetto trattamento PRP al posto del più costoso e invasivo trapianto. A rivelare i dati è l’Ihrf, fondazione di ricerca per la patologia sui capelli, presieduta da Fabio Rinaldi, docente presso La Sorbona e dermatologo a Milano che durante il prossimo secondo Congresso internazionale di dermatologia sull'uso di fattori di crescita, terapia cellulare e plasma ricco di piastrine, che si terrà a Milano venerdì e sabato, analizzerà anche gli effetti dello stress da disoccupazione e l’impatto della crisi a livello fisico. Un’indagine condotta a partire dall’inizio dello scorso anno ad oggi, con la collaborazione di 100 dermatologi, ha rilevato come la crisi abbia impattato duramente sia sui portafogli degli italiani sia sul loro derma e sui loro capelli. E’ noto che lo stress già di per sé favorisca la comparsa di molte malattie della pelle come la dermatite seborroica, la psoriasi, l’alopecia areata e la perdita dei capelli. Lo specifico stress dovuto alla crisi economica e alla perdita o alla ricerca spasmodica del lavoro o, più in generale, alla condizione di instabilità della società in generale altera ancora di più le risposte del corpo e le difese immunitarie. Nello specifico la ricerca, prendendo in esame un campione di circa 500 pazienti adulti che hanno subito la perdita del lavoro, la riduzione dello stipendio o la cassa integrazione (64% donne, 36% uomini, di età compresa tra i 30 e i 60 anni), ha evidenziato la prima comparsa di chiazze di alopecia areata nel 5% dei soggetti (la media normale è del 2%), una caduta importante e cronica dei capelli (defluvium telogenico) nel 46% dei casi (la media è del 20%), dermatite seborroica e psoriasi nel 15% (media 2-3%), prurito diffuso nel 31% (media 3%) e l’insorgere del lichen ruber planus (una malattia cutanea di origine autoimmune che colpisce di solito l’1% della popolazione) ben nel 3% dei pazienti studiati. Dall’indagine è inoltre emerso quanto la parte economica e i costi dei trattamenti incidano nella scelta degli stessi. “La pelle e i capelli – spiega Rinaldi - sono tra gli organi più sensibili a queste modificazioni per la loro necessità di alta energia alle cellule e di bilancio delle difese anticorpali. Inoltre esteticamente sono fondamentali per la presenza e la sicurezza psicologica di una persona”. (red – 16 gen)
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