Tutto in divenire, nel mondo come in Senato. Il dibattito a Palazzo Madama sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del vertice Nato e del Consiglio Europeo dei prossimi giorni inizia quando Donald Trump ha da poco annunciato la tregua tra Iran e Israele, ma quanto prende la parola la premier per la replica il cessate il fuoco è già stato violato da Teheran. E prima del voto delle risoluzioni, la violazione sarà da entrambi i lati. La mattinata dunque scorre tra la crescente instabilità geopolitica in Medio Oriente e le polemiche interne sull’aumento delle spese militari. Sullo sfondo il duro botta e risposta con Giuseppe Conte sull'impegno italiano a portare le spese militari al 2% del Pil. Meloni riferisce che l’annunciata tregua bilaterale tra Israele e Iran, "dopo un attacco più simbolico che altro da parte dell’Iran", è già stata infranta. "Da parte iraniana è stata violata la tregua e Israele potrebbe rispondere, si spera in maniera commisurata", ha dichiarato la premier, indovinando, e sottolineando tuttavia che Teheran ha anche "confermato la volontà di una tregua", segno di una spaccatura interna al regime. Una tregua, dunque, che scricchiola da ambo i lati, a conferma di un equilibrio sempre più fragile nello scacchiere mediorientale. Nel suo intervento, Meloni ha anche ribadito la necessità di "partire dal piano di ricostruzione proposto dai Paesi arabi" per Gaza. Ma il cuore del suo messaggio politico ha riguardato il rafforzamento delle capacità difensive dell’Italia e dell’Europa: "Pace è deterrenza, sono per il moto Si vis pace, para bellum” se vuoi la pace prepara la guerra: “il sistema di difesa occidentale è basato sulla NATO… una difesa solo europea sarebbe un inutile duplicato", ha affermato, aggiungendo che le spese per la sicurezza includeranno anche investimenti in innovazione e sviluppo, con priorità alle aziende italiane.
Ma è stato sul capitolo delle spese militari che si è acceso lo scontro più aspro con le opposizioni. “Conte dice che lui non ha sottoscritto l’impegno del 2%? Una firma è una firma, signori… Io sono d’accordo con quell’impegno", ha detto Meloni. Il leader del Movimento 5 Stelle infatti era stato chiaro via stampa, dopo che ieri la premier aveva spiegato che tutti gli ultimi presidenti del Consiglio aveva confermato l’impegno preso in sede Nato: "Io non ho firmato nessun 2%, è stato firmato nel 2014. Io all’epoca insegnavo all’università, Meloni faceva politica da tempo", ha replicato dal programma L’aria che tira su La7. Conte ha rivendicato anzi di aver detto “in faccia a Trump” che non avrebbe affamato gli italiani per raggiungere quella soglia: “Ho messo 12 miliardi sulla sanità, 8,5 sulla scuola. Lei invece triplica la spesa al 5% del Pil. È una follia ideologica sulle spalle degli italiani". Nel dibattito, Carlo Calenda ha invocato una "difesa europea forte" per contrastare Trump e Putin, perché da loro passa “il rischio della dissoluzione dell’Europa". Matteo Renzi ha contestato la narrazione dell'Italia più influente con Meloni al governo: “Se contiamo così tanto, perché la Germania ha tolto l’Italia dal patto strategico, sostituendola con la Polonia?”. Il capogruppo di Forza Italia, Maurizio Gasparri, ha invece ribadito l’equazione tra sicurezza e prosperità: “Senza arsenali pieni, non avremmo i granai pieni”. Sul fronte ucraino, il M5S ha mantenuto una linea scettica sulla prosecuzione della guerra. Il senatore Stefano Patuanelli ha affermato: "Pensare che la guerra si concluda con la vittoria dell’Ucraina è forse fare il più grande favore a Putin", sottolineando che “non esiste una pace giusta, ma solo quella voluta dalle due parti”.
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