In occasione del suo cinquantesimo anniversario, la Fondazione Museo del Tessuto di Prato, in collaborazione con la Fondazione Azzedine Alaia di Parigi, ha annunciato la mostra "Alaia e Balenciaga. Scultori di forma", dal 25 ottobre al 3 maggio 2026, un progetto espositivo speciale dedicato a due icone assolute della moda francese, per la prima volta in Italia a ottobre. Nata nel 2020 dal desiderio di Hubert de Givenchy di mettere in dialogo due storici talenti della haute couture francese, la mostra – curata da Olivier Saillard e presentata alla Fondation Azzedine Alaia nel 2020 – arriva per la prima volta in Italia al Museo di Prato mettendo a confronto la creatività dei due stilisti grazie a un nucleo di cinquanta abiti provenienti dalla Fondazione Azzedine Alaia con documenti e video originali dell’Archivio Balenciaga. Con questa mostra il Museo del Tessuto di Prato prosegue un percorso di studio e di valorizzazione della moda e dei protagonisti che ne hanno fatto la storia, affrontando per la prima volta il tema della couture francese con due grandi maestri. L’omaggio a Cristobal Balenciaga e Azzedine Alaia viene così a proseguire idealmente lo studio del Museo del Tessuto sul lavoro dei grandi della moda, a cominciare dagli italiani con Gianfranco Ferrè (2014) e Walter Albini, padre del pret-à-porter italiano (2024) e gli inglesi Ossie Clark e Celia Birtwell (2022), protagonisti della scena londinese degli anni Sessanta e Settanta del Novecento. L’esposizione è realizzata con il supporto di: Comune di Prato, Fondazione Cassa di Risparmio di Prato, Saperi, Estra; Direzione Generale Educazione, Ricerca e Istituti Culturali del Ministero della Cultura, Regione Toscana. Un sentito ringraziamento dagli organizzatori a Pitti Immagine e, per l’importante impegno, alle aziende tessili Arché, Balli il Lanificio, Marini Industrie, oltre che Gruppo Colle, Lyria, Faliero Sarti e le aziende del Museo del Tessuto Textile Lovers. (gci)
A VERONA L’ESPOSIZIONE FOTOGRAFICA CON AUTORI NON VEDENTI
Dallo scorso 22 giugno al 29 luglio, il Museo Archeologico Nazionale di Verona, che ha sede all’interno dell’ex carcere asburgico di San Tomaso, ospita la mostra “Fotografia al Buio” che presenta una ventina di scatti realizzati da persone ipovedenti e non vedenti. Le opere sono frutto di un corso fotografico realizzato dall’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Verona, condotto dal fotografo Sergio Maria Visciano e sostenuto dal Gruppo AGSM AIM. I sette partecipanti al corso, Silvia Cepeleaga, Giorgio Gagliardi, Angela Gianesella, Mattia Grella, Paolo Lizziero, Maurizio Turra e Laura Veronesi, hanno prodotto immagini suggestive che raccontano diversi aspetti delle persone e della città scaligera alternando viste architettoniche e storiche ad altre di tipo naturalistico del Fiume Adige e dell’abitato di Montorio caratterizzato dalla presenza di acque di risorgiva, con ritratti in studio di una modella, una statua bronzea di Cangrande della Scala e un cesto di frutta che evoca un’atmosfera caravaggesca. Infine, sono stati ritratti alcuni reperti archeologici del museo, che sono stati fatti uscire dalle vetrine sottraendoli all’abituale condizione di inaccessibilità. Non solo la campagna fotografica, ma anche l’esposizione è stata pensata nel segno della massima accessibilità: si è rivolta un’attenzione particolare alla modalità di stampa per renderla fruibile a tutti gli spettatori, affiancando alle stampe di tipo tradizionale la tecnica delle litofanie tattili che propongono dei rilievi delle immagini riprese. Inoltre, per alcuni oggetti, sono stati proposti elementi stampati a mezzo di stampante 3d. Infine, è inoltre fornito ai visitatori un codice QR con la descrizione audio del progetto. “Nonostante io abbia imparato tante tecniche penso che in questo mondo della fotografia ci sia ancora tanto da apprendere e per questo auspico che vi possano essere ulteriori corsi di questo tipo. Questo percorso ha contribuito alla mia autostima come fotografa. Ogni volta che ora passo vicino a un paesaggio, immagino come vorrei fotografarlo. Con la mostra potrò far capire ai miei amici conoscenti e ai nostri soci che la parola impossibile non esiste”, dichiara Silvia Cepeleaga, vicepresidente di UICI Verona e corsista. (redm)
STREET ART, AL FORTE DI BARD “BANKSY E COMPAGNI”
“Street Art Revolution. Banksy e compagni: itinerari d’arte” è il titolo del nuovo progetto espositivo promosso dal Forte di Bard, in provincia di Aosta, in collaborazione con 24 Ore Cultura, dedicato a una delle forme artistiche più significative dell’arte contemporanea. La Street Art è un movimento che ha attraversato confini culturali, geografici e temporali, sfidando le convenzioni e le regole imposte dalla società. Nata a New York e nelle periferie urbane, la Street Art si è evoluta in una forma di espressione capace di coinvolgere un pubblico sempre più vasto e variegato. Il Forte di Bard, situato all’imbocco della Valle d'Aosta, arroccato in un contesto naturalistico e geologico impervio, si presta a ospitare una mostra su un movimento artistico che, a sua volta, ha dovuto affrontare con fatica ostacoli significativi prima di poter ergersi con potenza nel panorama del mercato dell’arte e arrivare al riconoscimento che oggi conosciamo. L’esposizione, curata da Patrizia Cattaneo Moresi e visitabile dallo scorso 21 giugno al 2 novembre, ripercorre il viaggio di conquista compiuto dalla Street Art mettendo in luce non solo l’evoluzione stilistica e tecnica del movimento, ma anche la sua capacità di confrontarsi con la realtà, di sfidare i confini, di attraversare le frontiere sociali, politiche e culturali. Il percorso espositivo si articola nelle sale delle Cannoniere per un totale di 50 opere, tra cui un intervento artistico realizzato direttamente sulle pareti allestitive da Edoardo Ettorre. Attraverso le sei sezioni della mostra, si percorre lo sviluppo e l’esplosione del movimento artistico: dalle origini del graffitismo e dei primi pionieri, come Taki183 e Seen, alle opere dei grandi nomi della Street Art, come Banksy, Obey e JR, che hanno portato il movimento a un riconoscimento globale. La scena francese, quella italiana e più generale europea, aggiungono ulteriori sfaccettature a questo viaggio tra stili, tecniche e sensazioni che oggi definiscono l'arte urbana. Ogni opera è un segno tangibile di come l’arte può essere un luogo di incontro e di passaggio, dove storie, esperienze e tradizioni si intrecciano in un continuo flusso di creatività e innovazione. Il Forte di Bard, iconico luogo di transito, diventa ancora una volta crocevia, questa volte di artisti e forme espressive innovative, dando vita ad un itinerario d’arte che dalle sale delle Cannoniere toccherà anche gli spazi esterni della fortezza attraverso due opere site specific realizzate da Raul e la crew d’artisti Truly Design e abbraccerà il territorio della Bassa Valle toccando anche i vicini Comuni di Donnas, Pont-Saint-Martin e Perloz con opere inedite che prenderanno forma nel corso della mostra realizzate da Damiano Mengozzi, Madame e Hitnes. (redm)
“MEGAFLORA”: A VENEZIA L’INSTALLAZIONE DI ALICE CHANNER
“Megaflora” (2021) è uno stelo di rovo in alluminio fuso in sabbia, estratto tramite scansione tridimensionale e allungato verticalmente in una forma scultorea auto portante alta tre metri, collocato nel Giardino d'Ingresso del Museo di Storia Naturale di Venezia: presentata in un ambiente esterno per la prima volta, l'opera mette in luce la monumentale forza evocativa e l'affascinante ambiguità insite nell'opera di Alice Channer. “Megaflora”, fino al 28 settembre, esamina il modo in cui l'artista usa la forma per enfatizzare la violenza dell'attuale fenomeno di cambiamento, la protezione che si potrebbe dire che simboleggia e come potremmo ripensare ciò che costituisce la vulnerabilità oggi. L’installazione è accompagnata da una nuovissima pubblicazione, realizzata con contributi del direttore del Museo di Storia Naturale Luca Mizzan, del curatore e curatore Harry Woodlock, dello storico dell'arte e ricercatore presso lo IUAV di Venezia Jacopo Galimberti e della scrittrice d'arte e conduttrice Louisa Buck. (gci)
ESPOSTO A MASSA UN DISEGNO INEDITO DI GIO’ POMODORO
Massa si prepara a vivere un’estate all’insegna dell’arte. Dallo scorso 22 giugno fino al 21 agosto, il Museo Gigi Guadagnucci a Villa Rinchiostra ospita la grande mostra “Gigi Guadagnucci Gio’ Pomodoro - Conversazione sulla natura”, un’iniziativa di grande prestigio che mette in dialogo i due scultori di fama internazionale, approfondendo il loro rapporto con la natura e in particolare con il Sole. Questo tema, centrale nelle loro ricerche ed esecuzioni, viene messo in risalto non solo attraverso le loro straordinarie opere ma anche – simbolicamente – dalla scelta della data di apertura al pubblico, che non a caso cade il giorno del solstizio d’estate. A partire da domani, sia all’interno che nel maestoso giardino con geometria settecentesca all’esterno della Villa, i visitatori avranno l’opportunità unica di ammirare ben 18 capolavori dei due artisti, di cui 13 sculture e 5 disegni, provenienti da Fondazioni e collezioni pubbliche e private. Elemento di elevato prestigio che impreziosisce questa già di per sé straordinaria mostra sarà la presentazione, per la prima volta in esclusiva, del disegno inedito di Gio’ Pomodoro “Senza titolo (Tensioni)”, realizzato nel 1963 con inchiostro di china su carta e prestato per l’occasione da un collezionista privato. Altro valore aggiunto che donerà originalità al progetto sarà l’esposizione di una dichiarazione inedita di Gigi Guadagnucci scritta di pugno, concessa e condivisa dalla moglie Ines Berti: “Scolpire vuol dire, per me, aver acquisito tanta familiarità con le forme della natura, attraverso il disegno… ma lo scultore non deve imitare la natura, deve procedere, nella creazione, come la natura”, Gigi Guadagnucci (Massa, 18 aprile 1915 – Massa, 14 settembre 2013). La frase affianca uno scatto realizzato dal celebre fotografo Romano Cagnoni che ritrae Guadagnucci davanti ad un suo fiore di marmo, al fine di approfondire il rapporto che l’artista aveva con la scultura e di metterlo in relazione con quello di Gio’ Pomodoro. L’esposizione nasce infatti con l’obiettivo di mettere in relazione i due maestri, offrendo un’occasione unica di riflessione sul tema della natura attraverso le loro opere. La giornata dell’inaugurazione sarà arricchita dallo spettacolo Bianchisentieri, il primo appuntamento della rassegna Palcoscenici Stellati, in programma alle ore 18 nel giardino della Villa. Il curatore Mirco Taddeucci ha raccontato le similitudini e le differenze tra i due scultori, dichiarando: “Guadagnucci e Pomodoro condividono non solo la ricerca sul rapporto con l’elemento naturale ma possiedono anche una profonda padronanza tecnica e un’enorme curiosità, elementi che hanno permesso loro di sperimentare materiali particolari, come ad esempio la pietra di Trani, il marmo statuario delle Apuane e il bronzo, fino a realizzare anche opere su carta. Gli esiti formali delle opere dei due artisti sono simili per certi versi, ma seguono percorsi differenti: all’approccio più emozionale di Gigi Guadagnucci si contrappone quello più razionale e fedele allo studio di Gio’ Pomodoro”. La natura che celebrano e indagano i due artisti è intesa sia come quella natura facente parte del luogo in cui hanno operato per un lungo periodo della loro attività – ai piedi delle Apuane – ma anche natura concepita come pretesto per parlare di movimento, strutture architettoniche, spazio e rapporti tra pieno e vuoto, che sono, come cita Gio’ Pomodoro, “l’ossessione di ogni vero scultore”. Ulteriore elemento prestigioso del progetto espositivo che crea un “ponte” con la Villa è l’installazione dell’opera monumentale in bronzo Sole Deposto di Gio’ Pomodoro nel centro storico poco distante dall’obelisco meridiana di Piazza Aranci in via Dante a Massa. La mostra, ideata dall’amministrazione comunale, è curata da Mirco Taddeucci, in collaborazione con Bruto Pomodoro, figlio dell’artista e vicepresidente dell’Archivio Gio’ Pomodoro – diretto da Rossella Farinotti – e presenta i testi critici di Paolo Bolpagni, storico dell’arte e direttore della Fondazione Ragghianti. (red)
NELLA FOTO. Sinistra: Cristobal Balenciaga, Haute Couture 1940, Bolero in crepe di lana nera. Destra: Azzedine Alaia, Couture Automne-Hiver 1989, Bolero in pelle. Photo DR Julien Vidal
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