Nel nord del Darfur, epicentro del conflitto sudanese che dura da due anni, la violenza è un fenomeno quotidiano e i combattimenti, che si sono intensificati negli ultimi 12 mesi, hanno raggiunto il picco ad aprile di quest'anno, quando il campo di Zamzam che ospitava gli sfollati, è stato brutalmente attaccato. Il 99% dell’intera popolazione di Zamzam, infatti, cioè quasi 500.000 persone – delle quali 260.000 sono bambini – sono state sfollate dal campo tra aprile e maggio. Circa il 75% di queste si è spostato nel campo di Tawila, situato a circa 60 km a sud-est di Zamzam. Save the Children e i suoi partner hanno realizzato l’indagine “Bambini intrappolati nel conflitto, raccogliendo le testimonianze di oltre 450 di questi bambini sfollati a Tawila , che hanno descritto viaggi traumatici ed espresso paura, dolore e un profondo senso di incertezza sul loro futuro. Molti bambini hanno assistito a vere e proprie esecuzioni, hanno visto cadaveri per strada, alcuni di loro hanno raccontato di aver visto giovani arrestati o uccisi e più della metà delle ragazze intervistate (53%) ha riferito di aver subito violenze sessuali durante il viaggio da Zamzam a Tawila. Durante il viaggio verso Tawila, tre bambini hanno perso la madre, cinque il padre e quattro il fratellorito che le loro madri sono morte durante il viaggio verso Tawila,. Alcuni minori hanno raccontato di aver dovuto aiutare parenti anziani a percorrere lunghe distanze a dorso di asini, mentre altri di essere stati costretti ad abbandonare familiari esausti a causa della minaccia di violenza. “I bambini del nord del Darfur hanno vissuto l’inferno. Sono profondamente angosciati e non sanno cosa sarà del loro futuro. Molti hanno perso familiari prima e durante lo sfollamento e non hanno gli strumenti adeguati per elaborare le loro esperienze. Alcuni bambini hanno descritto ai nostri operatori le strazianti esperienze del distacco dai familiari più anziani lungo il percorso, che in molti casi non hanno più rivisto. Dall'inizio del conflitto, le vite dei bambini sono state stravolte. Ora si svegliano con il rumore di spari e bombardamenti. Le famiglie scavano trincee per proteggersi, le scuole sono chiuse e l'accesso all'assistenza sanitaria è limitato. Molti minori ci hanno riferito che i loro coetanei si sono uniti a gruppi armati o sono stati costretti a matrimoni precoci a causa di difficoltà economiche” ha detto Francesco Lanino, vicedirettore nazionale dei Programmi e delle Operazioni di Save the Children in Sudan. Salma, 12 anni, originaria di El Fasher, è stata sfollata due volte: prima a Zamzam, poi a Tawila. Ha raccontato di aver assistito a stupri, uccisioni e saccheggi lungo la strada. Suo nonno è morto durante il viaggio a causa della stanchezza e della mancanza di cure. All'arrivo a Tawila, la sua famiglia non aveva né cibo né riparo e dormiva all'addiaccio. Quando il campo di Zamzam è stato attaccato, Talha, 12 anni, stava portando l’acqua alla sua famiglia. Ha assistito alle sparatorie e vissuto momenti di terrore. È corso a casa per cercare la sua famiglia, ma ha scoperto che era vuota. Ha cercato nelle scuole dove si nascondevano delle persone, ma non è riuscito a trovare nessuno. Credendo che la sua famiglia fosse fuggita a Tawila, Talha* ha seguito la folla a piedi. Dopo il suo arrivo, è rimasto da una famiglia ospitante per sette giorni prima che anche loro se ne andassero, lasciandolo solo. Talha ha raccontato agli operatori che il suo unico desiderio è tornare a El Fasher, da cui proveniva, e riunirsi ai suoi familiari, anche se non sa se siano ancora vivi. Mentre alcuni bambini hanno ribadito di sentirsi relativamente al sicuro a Tawila, molti, soprattutto tra le bambine, hanno espresso profondo dolore per la perdita dei propri cari e hanno sottolineato la paura per le violenze continue. I bambini hanno parlato anche delle cattive condizioni di vita nel campo, dove sono costretti a dormire per terra, soffrono il caldo estremo, hanno poco cibo e si sentono insicuri a causa della presenza di individui armati. Le bambine hanno espresso le loro paure e il loro sentirsi vulnerabili, in particolare quando usano i servizi igienici o percorrono grandi distanze per procurarsi l'acqua. Molte hanno raccontato che le loro amiche sono state violentate durante lo sfollamento o nei campi. Sia i ragazzi che le ragazze hanno sottolineato un aumento della violenza sessuale e, in particolare, le ragazze di età compresa tra i 12 e i 18 anni sono le più colpite. (14 lug – red)
(© 9Colonne - citare la fonte)