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BATTERIE “COTTE”
E LA C02 DIVENTA ENERGIA

BATTERIE “COTTE” <BR> E LA C02 DIVENTA ENERGIA

Usare gli scarti prodotti dal riciclo delle batterie esauste per trasformare la CO2 in nuova energia, sotto forma di metano e CO, usando semplicemente la luce del Sole: è il risultato ottenuto da un gruppo di ricerca dell’Università degli Studi di Brescia, il cui lavoro è stato pubblicato in copertina sulla rivista Green Chemistry, della Royal Society of Chemistry. Chiave di tutto il processo è un nuovo materiale, scoperto grazie anche ad un evento fortuito, denominato Bat-Mal. A indirizzare gli studi e prevedere le potenzialità del Bat-Mal, acronimo di Battery-derived Malate, è stata l’Intelligenza Artificiale. “La scoperta del Bat-Mal è un classico esempio di serendipità, ossia una scoperta fortuita mentre cercavamo altro”, ha detto Elza Bontempi, responsabile dell’attività di ricerca. La scoperta si inserisce, infatti, in un percorso più ampio, nell’ambito di una innovativa tecnica per il riciclo delle batterie al litio, dispositivi che contengono al loro interno materiali di grande importanza industriale e strategica, come il litio e il cobalto. La nuova tecnologia sviluppata in collaborazione anche con INSTM (Consorzio Interuniversitario Nazionale per la Scienza e Tenologia dei Materiali) permette di recuperare oltre il 90% di litio dalle batterie esauste usando un metodo che riduce il consumo energetico di oltre il 50% ed elimina completamente l’uso di acidi inorganici commerciali. Un metodo sviluppato nell’ambito del progetto Caramel che entro pochi mesi porterà alla costruzione di un primo impianto pilota. Le prime fasi del processo comportano la ‘cottura’ mediante microonde del contenuto delle batterie esauste, una sorta di impasto detto ‘black mass’ da cui poi si possono estrarre gli elementi di pregio. La scoperta del Bat-Mal è arrivata proprio da una conservazione prolungata, oltre i tempi previsti, di questa black mass in una cella frigorifera: “Sul fondo del contenitore si era accumulata una sostanza con uno strano colore tra il rosa e il violaceo, un materiale che ha subito attirato la nostra attenzione. Lo abbiamo analizzato in vari modi – ha aggiunto Bontempi – e ci siamo fatti anche aiutare dalla IA per capirne le caratteristiche. L’IA ci aveva suggerito un possibile uso come catalizzatore. E abbiamo deciso di perseguire questa strada”. A farne le analisi approfondite sono stati incaricati i ricercatori del Dipartimento di Scienze Chimiche del laboratorio di catalisi industriale e ambientale dell’Università di Catania: “Solitamente analizziamo catalizzatori a base di metalli, questo invece era un catalizzatore per buona parte organico e inizialmente ci abbiamo messo un po’ di tempo per capire come dovevamo utilizzarlo ma poi siamo rimasti sorpresi dalle sue capacità”, ha detto Roberto Fiorenza, dell’Università di Catania. Polverizzato e inserito all’interno di un piccolo reattore cilindrico scaldato e irradiato con lampada solare fino a 120°C, il Bat-Mal ha dimostrato di permettere la trasformazione della CO2 presente nel reattore in metano e CO. “Le rese che abbiamo ottenuto sono promettenti”, ha detto Fiorenza. Uno dei prossimi passi sarà ottimizzare il processo così da farlo funzionare in modo continuo e pensare ad esempio di integrarlo in un processo industriale che produce grandi quantità di CO2. Una soluzione che potrebbe così catturare le emissioni e trasformarle in nuova energia sotto forma di metano, oppure in CO utile per altri processi industriali. “In generale da anni si tenta di replicare quello che le piante fanno con fotosintesi, ossia trasformare la CO2 in altro. Nessun catalizzatore è oggi in grado di fare quel che fanno le piante, ossia trasformare la CO2 in zuccheri, al massimo si riesce a fare molecole molto più piccole come in questo caso, metano usando il Bat-Mal. Si punta però – ha aggiunto Fiorenza – a migliorare queste reazioni e magari in futuro ottenere molecole più complesse, ad esempio direttamente combustibile per le auto. Il vantaggio di questi processi è che non aumentano le emissioni di CO2 perché si usa quella già presente nell’atmosfera e per produrla usiamo l’energia del Sole”. Il lavoro pubblicato su Green Chemistry ha visto la partecipazione di Antonella Cornelio, Alessandra Zanoletti, Annalisa Zacco, Laura E. Depero e Elza Bontempi, del Consorzio Interuniversitario Nazionale per la Scienza e Tecnologia dei Materiali Instm e dell’Università di Brescia, Giusy Dativo, Roberto Fiorenza, dell’Università di Catania, e Mohsin Muhyuddin, Carlo Santoro, dell’Università di Milano-Bicocca, rappresenta un avanzamento significativo verso una filiera energetica più sostenibile. (14 ago - red)

 

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