Alla vigilia dei 300 giorni di prigionia in Venezuela del cooperante italiano Alberto Trentini, La Repubblica pubblica gli interventi di alcuni dei firmatari della petizione che ne chiede il rilascio. Intanto Palazzo Chigi, con il sottosegretario Alfredo Mantovano, e la Farnesina, che ha nominato anche un inviato speciale (Luigi Vignali), hanno in piedi diversi contatti con il governo. I genitori di Giulio Regeni, Paola e Claudio: “Siamo vicini ai genitori ai genitori di Alberto Trentini. La nostra è una vicinanza affettuosa. Noi possiamo veramente immaginare l'enorme dolore, lo sconforto insopportabile dell'attesa che ti liberino un figlio arrestato ingiustamente. Trecento giorni sono veramente tanti. Veramente troppi. Per questo chiediamo ancora una volta che chi può intervenga con decisione per risolvere questa situazione di stallo incomprensibile....e farlo ritornare al più presto, anzi subito a casa”. Il magistrato Gherardo Colombo: “Alberto Trentini è detenuto in Venezuela e sono ignoti i motivi per i quali sia in prigione. La nostra Costituzione impegna le istituzioni a riconoscere e garantire i diritti inviolabili di ogni essere umano, tra questi quello alla libertà personale, la cui limitazione rappresenta un'eccezione e, per principio internazionale generalmente riconosciuto, deve essere accompagnata dall'effettivo diritto a difendersi da parte di chi la subisce. È compito delle nostre istituzioni fare ogni sforzo perché i diritti dei cittadini siano rispettati anche all'estero. Il governo deve fare tutto il possibile perché la situazione allucinante subita da Alberto sia finalmente risolta”. Il conduttore e autore televisivo Pif: Caro Alberto, in questi trecento giorni nei quali sei stato ingiustamente imprigionato, sta succedendo di tutto. Civili che vengono bombardati, senza possibilità di essere soccorsi. Il presidente degli Stati Uniti che vuole costruire un residence a cinque stelle lungo tutta la Striscia di Gaza. In Italia un trafficante di donne e di uomini, un pericoloso torturatore è stato prima arrestato su ordine della Corte penale internazionale. E poi scarcerato, con il nostro governo che lo ha riaccompagnato a casa. Eppure, nonostante tutto questo, ci sono persone che ti pensano e che lavorano per renderti di nuovo un uomo libero. Nella confusione tu rimani una priorità!”. Lo scrittore Gianrico Carofiglio: “Sono passati trecento giorni dall'arresto di Alberto Trentini, 45 anni, cooperante della Ong Humanity e Inclusion. Il 15 novembre 2024, mentre portava aiuti a persone con disabilità in Venezuela, è stato fermato e rinchiuso nel carcere di El Rodeo, senza che alcuna accusa sia mai stata formalizzata. Da allora viene trattenuto contro ogni regola del diritto in una immorale pratica di estorsione politica. Alberto ha dedicato la sua vita agli altri, ai più fragili. È insopportabile che venga trattato come un criminale. Ed è nostro dovere pretendere che sia fatto ogni passo necessario per la sua immediata liberazione. Lo scrittore Maurizio de Giovanni: “Il tempo può essere un grande medico, pub guarire molte ferite; ma pub essere anche una condanna, una condanna terribile. Da quasi un anno, Alberto Trentini conosce solo il volto oscuro del tempo: rinchiuso ingiustamente in un carcere venezuelano, senza che gli sia stato nemmeno concesso il diritto elementare di sapere di cosa viene accusato. Provate a immaginare il dolore dei suoi cari, l'attesa che diventa disperazione, l'angoscia di ogni giorno che passa. Alberto è un operatore umanitario, un ragazzo che ha scelto di mettere la propria vita al servizio degli altri. Un giovane di grande valore, che oggi vive l'ingiustizia più insopportabile: la privazione della libertà. Tutto questo è inaccettabile. Non possiamo permettere che il silenzio e l'indifferenza diventino complici della sua prigionia. Il governo ha il dovere morale e politico di agire, e di farlo subito: con fermezza, con decisione, con urgenza. Perché Alberto Trentini deve tornare a casa, tra le braccia della sua famiglia e del suo Paese”. La scrittrice Valeria Parrella: “Ci sono due parole chiave in questa vicenda che sono il motivo per cui l'operatore umanitario Trentini è diventato una vittima del regime di Maduro e che forse sono anche la spiegazione per cui c'è troppo silenzio intorno a questa grave violazione dei diritti di un connazionale, e sono contenute nel nome della ONG perla quale lavora: Humanity e Inclusion, umanità e inclusione. Sono le due parole che ci tengono al mondo, che ci permettono di sperare nel futuro, di dirci degni del presente, sono il prerequisito e insieme l'obiettivo forale per muoverci nel mondo per il tempo che ci è dato, sono la forma che vorremmo avesse la compagine sociale in cui far vivere i nostri figli. Chi si occupa di inclusione, chi dedica la sua vita all'umanità, va ad aprire spazi perché ci sia posto per tutti: è una persona troppo libera e mite per i regimi, per le dittature, che resistono solo a condizione che queste due parole vengano disattese, calpestate, negate”. Nella foto l'appello tv della madre di Alberto Trentini. (11 set - red)
(© 9Colonne - citare la fonte)