L’attacco delle forze aeree americane del 6 settembre scorso nel Mar dei Caraibi ad una imbarcazione venezuelana sospettata di essere utilizzata dai narcotrafficanti ( morti tutti gli undici componenti l’equipaggio), ha fatto salire alle stelle la tensione tra i due paesi alimentata da affondamenti di altri natanti anche in questi casi sospettati di trasportare cocaina. Il presidente venezuelano de facto Maduro ha respinto le accuse di Trump secondo cui il Venezuela sarebbe una rotta centrale per il narcotraffico e, pur chiedendo un incontro con il presidente americano per allentare la tensione, si è dato subito da fare schierando numerose truppe sull’isola di La Orchilla con sbarchi anfibi e navi in manovra .
Si potrebbe dire che da anni i Caraibi sono il “ventre molle” del commercio legale e illegale che coinvolge le tre Americhe e, attraverso l’Atlantico, il grande mercato europeo. Ma Trump non è il “padrone del mondo” e non può decidere di attaccare navi o di invadere paesi (minaccia formulata contro il Messico) per iniziare una seconda guerra alla droga dopo che la prima, avviata oltre mezzo secolo fa, è fallita da tempo. Il Venezuela continua ad essere un importante fornitore di petrolio e ferro degli Stati Uniti e la sua Costituzione, pur attraverso i passaggi alternati tra fasi peroniste e fasi di restaurazione, rimane quella di una repubblica federale di modello americano.
A partire dalla scoperta del petrolio, il paese ha visto un notevole incremento dell’immigrazione da parte di spagnoli, portoghesi e italiani. Questi ultimi costituiscono l’8% circa della popolazione venezuelana. La presenza di una consistente e prestigiosa comunità italiana, l’apertura verso gli stranieri che hanno capitali da investire, l’assenza di controlli efficaci, hanno favorito nel tempo l’infiltrazione di latitanti e di esponenti dei gruppi criminali nostrani che, tra l’altro, non hanno subito la concorrenza di organizzazioni locali forti. In Venezuela, in effetti, i gruppi criminali non costituiscono un sistema autonomo e radicato della struttura sociale e politica del paese. Si tratta per lo più di articolazioni locali che collaborano con i gruppi colombiani o misti e che si avvalgono anche della collaborazione di narcotrafficanti europei, soprattutto italiani, tedeschi e olandesi.
Spesso le forze dell’ordine e le autorità sottovalutano la potenza finanziaria e politica di questi gruppi e di questi individui che tendono a mettere radici nel paese, accasandosi e acquisendo la cittadinanza venezuelana. E’ molto difficile accertare i loro legami con eventuali esponenti politici locali anche se il sistema include corruzione e clientelismo in percentuali non insignificanti. Con i colombiani, la criminalità venezuelana opera in armonia, perché la Colombia funge da tramite on i mercati europei anche per il riciclaggio del denaro sporco. Quanto ai mezzi usati per il trasporto della “merce”, niente di nuovo. Per le grandi quantità si preferisce la navigazione ma vengono utilizzati anche gli aerei spesso acquisiti attraverso furti o sequestri in territorio venezuelano e riciclati in Colombia.