di Paolo Pagliaro
La potestà extra-territoriale della giustizia americana fa vittime grandi e piccole. Nella primavera del 2019 l’italiana Unicredit accettò di pagare al Tesoro degli Stati Uniti una multa da 1 miliardo e 300 milioni di dollari. L’accusa era quella di aver favorito transazioni con paesi sotto embargo come Libia, Siria, Cuba, Sudan e Iran, dove l’embargo in molti casi era stato deciso unilateralmente dagli Stati Uniti. Nonostante l’enormità della somma, la notizia della maxi sanzione non ebbe grande spazio sui giornali.
Analogo disinteresse circonda oggi la vicenda che ha per protagonista Francesca Albanese, la giurista italiana Relatrice Speciale dell’Onu sui diritti umani in Palestina. Il 9 luglio, il Segretario di Stato americano ha annunciato che Albanese era stata inserita nella lista di individui, paesi e gruppi sanzionati in quanto terroristi.
L’inserimento nella lista comporta, tra l’altro, l’espulsione dal sistema bancario, per cui anche in Italia la dottoressa Albanese non ha più un conto corrente , non può utilizzare la carta di credito e subisce lo stigma finanziario solitamente riservato ai narcotrafficanti.
Solo Banca Etica sembrava intenzionata a rimediare alla discriminazione verso Francesca Albanese, ma si è fermata davanti al rischio di vedersi bloccata l’operatività in dollari per tutti i propri clienti.
Gli Stati Uniti sono l’unico paese al mondo che esercita la propria giurisdizione anche su imprese straniere, con la giustificazione che l’utilizzo del dollaro per le transazioni va interpretato come l’accettazione della sovranità americana. Quando era commissario europeo, Emma Bonino criticò in più occasioni l’asservimento al diritto americano in ambito commerciale e finanziario. Lo stesso fece Federica Mogherini. Ma nulla accadde e adesso di quei guizzi di orgoglio europeista non c’è più traccia.
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