Sul Corriere della Sera, Federico Fubini tratteggia con grande semplicità e lucidità la rivoluzione dei mercanti con cui Trump adempie alla sua missione storica : togliere la politica del Novecento dal tavolo, a partire dal patto sociale fra capitale e lavoro, e imporre la centralità del business come unica categoria delle relazioni sociali, nazionali e internazionali . Uno scenario che riproduce in versione capitalista la via della seta cinese : una geografia delle alleanze basate sulla convenienza delle élites di governo, a partire dalla famiglia del presidente americano.
Diplomatici e ideologi stanno a casa, decidono i ragionieri e i manager .Una svolta che esaspera la prima rivoluzione reazionaria di Tatchter e Reagan, e offre un primo baricentro al mondo post muro di Berlino: federare le elite e integrare il ceto medio emarginato al grido di “arricchitevi!” che Den Xiao Ping usò per la prima spinta liberista dopo Tienanmen. Motore di questo processo è la privatizzazione dei processi tecnologici che ristrutturano le nostre relazione confiscando il nostro immaginario. Del tutto assente ogni variabile di sistema, come una proposta di sinistra, che non a caso non era al tavolo di Sharm el-Sheikh dove il solo esile e spaurito premier laburista Starmer assisteva alla sua prossima sostituzione .
Il tema è come ricostruire, rispetto al sinedrio del business globale, una proposta che rimetta in campo il conflitto sociale e sia in grado di riportare al tavolo del negoziato quelle élites che collegano Trump, Putin, la Cina e il mondo arabo insieme ad Israele.