"Con il mio libro voglio dire che 'contare' i femminicidi è un atto politico perché non sono un fenomeno che accade in privato. È un fenomeno che ci riguarda tutti a livello sociale, culturale e avere i dati completi, strutturati in collaborazione tra i vari enti, non solo quelli istituzionali, ma anche quelli che lavorano sul territorio come i centri antiviolenza, è fondamentale per prevenirlo e fermare ulteriori violenze". Così Donata Columbro, autrice del libro "Perché contare i femminicidi è un atto politico" (Feltrinelli), presentato oggi in una conferenza stampa a Palazzo Madama, in un'iniziativa promossa dal senatore Pd Filippo Sensi, componente della bicamerale femminicidio. "Al momento - aggiunge l'autrice - emerge il fatto che in dieci anni sono cambiate tantissime cose in meglio anche nella produzione dei dati. Abbiamo le indagini che vengono fatte grazie alla Commissione parlamentare di inchiesta sui femminicidi, tantissimi rapporti che vanno a indagare ambiti specifici dove interviene la violenza, ma è come se mancasse un punto di raccordo tra le varie raccolte dati. E avere i dati pubblici, quindi anche raccontati in modo pubblico, pubblicati periodicamente, sarebbe anche utile per cambiare il discorso dei media sui femminicidi, e quindi alle istituzioni si richiede una particolare attenzione su questo". Nel 2022, proprio con questo scopo, arrivò la legge 53 che prevede disposizioni in materia di statistiche sulla violenza di genere, promossa dalla senatrice dem Valeria Valente, allora presidente della Commissione femminicidio: Una legge - spiega la senatrice - approvata all'unanimità dal Parlamento, ma che resta ancora carta morta perché non viene attuata in maniera piena, mancano i decreti attuativi da parte del ministero della Giustizia e del ministero dell'Interno: credo che si debba levare una voce dura e arrabbiata delle donne che chieda sia data portata concreta e pratica a quella legge, perché quella legge impone una raccolta di dati sistematici e periodici non solo all'Istat, ma soprattutto che le banche dati di tutti i ministeri parlino e dialoghino tra di loro raccogliendo dati esattamente ella stessa maniera, indagando le stesse cose e quindi ponendosi nella condizione per poter dialogare. Un'attività che se fatta bene e fatta in maniera tempestiva, consente di evitare l'escalation del fenomeno della violenza e quindi fare un'attenta valutazione del rischio in tempo utile". "Non conosciamo il fenomeno, penso che i dati servano anche a prevenirlo, a capire dove ci sono i rischi: quella sulla mancanza dei dati è davvero un grido e una denuncia politica" ribadisce Cecilia D'Elia, senatrice Pd e vicepresidente della Commissione femminicidio. (PO / Roc) ///
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