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direttore Paolo Pagliaro

NASCITE IN CALO, AI MINIMI STORICI LA FECONDITA'

NASCITE IN CALO, AI MINIMI STORICI LA FECONDITA'

Nel 2024 i nati residenti in Italia sono 369.944, quasi 10mila in meno rispetto al 2023. La variazione relativa sull’anno precedente (-2,6%) è in linea con la variazione percentuale media annua registrata dal 2008 al 2023 (-2,7%). Il tasso di natalità nel 2024 è pari a 6,3 per mille residenti (era 9,7 per mille nel 2008). Lo rileva l’Istat. L’andamento decrescente delle nascite prosegue senza soste dal 2008, anno nel quale si è registrato il numero massimo di nati vivi degli anni Duemila (oltre 576mila). Da allora la perdita complessiva è stata di quasi 207mila nascite (-35,8%). Il calo delle nascite, oltre a dipendere dalla bassa propensione ad avere figli (1,18 figli in media per donna nel 2024), è causato dalla riduzione nel numero dei potenziali genitori, appartenenti alle sempre più esigue generazioni nate a partire dalla metà degli anni Settanta, quando la fecondità cominciò a diminuire, scendendo da oltre 2 figli in media per donna al valore di 1,19 del 1995. Nel 2024 continuano a diminuire sia i primi figli sia i figli di ordine successivo al primo. I primogeniti sono pari a 181.487 unità, in calo del 2,7% rispetto al 2023. I secondi figli (133.869) diminuiscono del 2,9% mentre quelli di ordine successivo dell’1,5%. La diminuzione dei primi figli riguarda tutte le aree del Paese, con una riduzione minore nel Centro-Nord (-1,8% per il Nord, -2,0% per Centro) e un calo più intenso nel Mezzogiorno (-4,3%). Anche la diminuzione dei figli di ordine successivo al primo interessa in misura maggiore il Mezzogiorno: -4,3% contro -1,7 del Centro e -1,4% del Nord (-2,5% la media Italia). Persistono, quindi, le difficoltà tanto ad avere il primo figlio quanto a passare dal primo al secondo. I fattori che contribuiscono alla contrazione della natalità sono molteplici: l’allungarsi dei tempi di formazione, le condizioni di precarietà del lavoro giovanile e la difficoltà di accedere al mercato delle abitazioni, che tendono a posticipare l’uscita dal nucleo familiare di origine, a cui si può affiancare la scelta di rinunciare alla genitorialità o di posticiparla La diminuzione dei nati è quasi completamente attribuibile al calo delle nascite da coppie di genitori entrambi italiani, che costituiscono oltre i tre quarti delle nascite totali (78,2%). Infatti, a fronte di un calo complessivo delle nascite di 9.946 unità, i nati da genitori italiani, pari a 289.183 nel 2024, sono diminuiti di 9.765 unità rispetto al 2023 (-3,3%). Le nascite da coppie in cui almeno uno dei genitori è straniero sono invece 80.761 (21,8%), sostanzialmente stabili rispetto al 2023, quando sono state 80.942 (-0,2%). Tra queste, la diminuzione registrata sui nati da genitori entrambi stranieri, pari al -1,7%, viene compensata dall’aumento dei nati in coppia mista (+2,3%).

LA DISCESA DELLE NASCITE PROSEGUE NEL 2025, GIA’ 13MILA IN MENO
La denatalità prosegue nel 2025: secondo i dati provvisori riferiti al periodo gennaio-luglio, le nascite sono pari a 197.956, in diminuzione di circa 13mila unità (-6,3%) rispetto allo stesso periodo del 2024 (211.250 nati). Il tasso di natalità, che nello stesso periodo del 2024 si attestava al 3,6 per mille, nel 2025 è pari al 3,4 per mille. Lo rileva l’Istat. Dal 2008, ovvero dall’inizio del progressivo calo della natalità, una diminuzione della stessa entità, nei primi sette mesi dell’anno, si è già verificata nel 2013 (con 13mila nati in meno sul 2012, per una variazione del -4,3%), nel 2016 (-17mila nati e -6,2% sull’anno precedente) e nel 2019 (-13mila nati sul 2018 e un calo percentuale del 5,1%). A livello sub-nazionale, secondo i dati provvisori riferiti al periodo gennaio-luglio 2025, le ripartizioni nelle quali si osserva la diminuzione maggiore rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, sono il Centro (-7,8%) e il Mezzogiorno (-7,2%); segue il Nord (-5,0%). Le regioni che hanno registrato il calo più intenso sono l’Abruzzo (-10,2%) e la Sardegna (-10,1%). In entrambe, nello stesso periodo dell’anno, la diminuzione del 2024 sul 2023 era stata decisamente meno intensa (rispettivamente, -1,0% e -0,1%). Tra le altre regioni che presentano una diminuzione del numero delle nascite, si rilevano l’Umbria (-9,6%), il Lazio (-9,4%) e la Calabria (-8,4%). Le diminuzioni meno intense si sono osservate in Basilicata (-0,9%), nelle Marche e in Lombardia (rispettivamente -1,6% e -3,9%). Le sole regioni a registrare un aumento sono, secondo i dati provvisori, la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (+5,5%) e le Province autonome di Bolzano/Bozen (+1,9%) e di Trento (+0,6%). Nel 2024, nei primi sette mesi dell’anno, le stesse regioni avevano invece registrato un decremento delle nascite rispetto al 2023 (-7,5% la Valle d’Aosta/ Vallée d’Aoste, -3,7% la Provincia autonoma di Bolzano/Bozen e -1,6% quella di Trento).

STABILE LA NATALITÀ DELLE COPPIE CON ALMENO UN PARTNER STRANIERO
Nel 2024 il numero dei nati da genitori in cui almeno uno dei partner è straniero resta sostanzialmente stazionario rispetto all’anno precedente. Queste nascite, che costituiscono il 21,8% del totale, sono infatti passate da 80.942 nel 2023 a 80.761. Dal 2012, ultimo anno in cui si è osservato un aumento sull’anno precedente, il calo è stato di oltre 27mila unità. Lo rileva l’Istat. I nati da coppie miste (padre italiano e madre straniera oppure padre straniero e madre italiana) rappresentano l’8,1% del totale dei nati e registrano un lieve aumento sul 2023 (+2,3%), attestandosi a 30.168 unità (contro 29.495 dell’anno precedente). In particolare, l’aumento è dell’1,3% per i nati da coppie miste in cui è la madre a essere straniera e del 4,5% per i nati da padre straniero e madre italiana. I nati da genitori entrambi stranieri, che costituiscono il 13,7% del totale dei nati, sono nel 2024 pari a 50.593 (erano 51.447 nel 2023). Nell’ultimo anno registrano un calo dell’1,7%, significativo ma inferiore a quello riscontrato tra i nati da coppie italiane (-3,3%). La quota di nati da coppie in cui almeno un genitore è straniero è più elevata nel Centro-Nord, dove la presenza straniera è più stabile e radicata. Nel Nord la percentuale di nati da almeno un genitore straniero sul totale è pari nel 2024 al 30,6%, nel Centro è pari al 24%, quindi al di sopra del valore nazionale (21,8%). Nel Mezzogiorno l’incidenza è invece molto più bassa, pari al 9,3%. Restringendo l’analisi ai soli nati da genitori entrambi stranieri, la geografia rimane analoga. Le quote dei nati stranieri, nel 2024, sono pari al 19,1% nel Nord e al 15,3% nel Centro. Nel Mezzogiorno, la quota è pari al 5,7%, molto distante dal valore nazionale pari al 13,7%. L’Emilia-Romagna si conferma tra le regioni con la più alta incidenza di nati stranieri rispetto al totale (21,9%), seguita dalla Liguria (21,3%). Tra le altre regioni del Nord quasi un nato su cinque è straniero: in Lombardia il 19,3%, seguono il Friuli-Venezia Giulia (18,5%), il Veneto (18,4%) e il Piemonte (17,9%). Al Centro spicca la Toscana (17,5%), mentre nel Mezzogiorno la percentuale è decisamente più contenuta, con un minimo in Sardegna del 4,1% e un massimo in Abruzzo del 10,1%. Per il complesso dei nati con almeno un genitore straniero, al primo posto ci sono i nati da coppie in cui almeno uno dei genitori è rumeno (10.532 nati nel 2024), seguono quelli con almeno un genitore marocchino (9.448) e albanese (9.115). In riferimento a queste tre cittadinanze, mediamente, circa il 60% dei genitori sono entrambi stranieri, il 40% sono in coppia mista. In particolare, esaminando le singole cittadinanze, la quota più elevata di nati da genitori entrambi stranieri sul totale dei nati con almeno un genitore straniero, si osserva per la cittadinanza nigeriana (91,1% dei casi). Con riferimento alla quota di nati in coppia mista, la percentuale più alta si registra per la cittadinanza ucraina (52,9%, di cui il 48,0% composta da madre ucraina e padre italiano). Per quanto riguarda le coppie miste in cui il padre è straniero, la percentuale risulta più elevata per la cittadinanza tunisina (17,1%).

SEMPRE PIÙ DIFFUSA TRA I GIOVANI LA TENDENZA AD AVERE FIGLI FUORI DAL MATRIMONIO
In un contesto di natalità decrescente, nel 2024, come già osservato nel 2023, anche i nati da coppie non coniugate registrano una diminuzione, sebbene in misura inferiore rispetto ai nati da coppie coniugate. I figli nati fuori dal matrimonio, che dal 2008 al 2024 sono aumentati di oltre 46mila unità, si attestano nel 2024 a 159.671, diminuendo dello 0,8% sul 2023. Lo rileva l’Istat. I nati all’interno del vincolo coniugale, pari a 210.273 nel 2024, diminuiscono invece del 4,0% rispetto all’anno precedente. Pur a fronte di una riduzione assoluta, l’incidenza dei nati da coppie non coniugate continua comunque a crescere: 43,2% nel 2024, +0,8 punti percentuali sul 2023 e +23,5 punti percentuali sul 2008. In particolare, ad aumentare rispetto al 2023 è la quota di nati da genitori che non sono mai stati coniugati (dal 35,9% del 2023 al 36,9% del 2024), mentre scende, anche se di poco, la quota di nascite da coppie in cui almeno un genitore proviene da una precedente esperienza matrimoniale (dal 6,5% del 2023 al 6,2% del 2024). Permangono le differenze tra le aree del Paese che, tuttavia, tendono ad assottigliarsi anno dopo anno. La quota più elevata di nati da genitori non coniugati si osserva nel Centro (49,6%), seguito dal Nord (42,8%). Il Mezzogiorno registra ancora la quota più bassa ma, grazie a una crescita di 1,8 punti percentuali, raggiunge il 40,3%, continuando a ridurre il differenziale con le altre ripartizioni. La regione con la più alta proporzione di nascite more uxorio è la Sardegna (56,6%). Nel Centro spiccano l’Umbria (stazionaria al 50,7%) e il Lazio (50,6%); nel Nord, la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (stazionaria al 49,3%) e la Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (49,0%). Nel Mezzogiorno, la quota più elevata si osserva in Abruzzo (47,5%). Le percentuali più basse si registrano in Basilicata (30,0%) e in Calabria (33,4%). L’incidenza di nati al di fuori del matrimonio è più alta tra i genitori entrambi italiani, raggiungendo nel 2024 il 47,0%. Nelle coppie miste l’incidenza dei nati al di fuori del vincono coniugale è più elevata se è il padre ad avere cittadinanza straniera (37,6%) rispetto a quelle in cui è la madre ad averla (28,0%). Per i nati da genitori entrambi stranieri la quota è pari al 28,2%, ben 18,8 punti percentuali in meno rispetto all’incidenza che si osserva tra i nati da coppie italiane. La tendenza ad avere figli fuori dal matrimonio è diffusa soprattutto tra i giovani: il 61,7% per le madri fino a 24 anni e il 43,6% per quelle tra i 25 e i 34 anni. Se però la coppia è composta da partner entrambi italiani, le medesime quote salgono, rispettivamente, al 77,1% e al 48,1%. Infine, dopo i 34 anni di età, la quota di nati fuori dal matrimonio si attesta al 38,5% per il complesso delle coppie e al 40,8% tra le sole coppie di genitori italiani. Le nascite fuori dal matrimonio riguardano per lo più quelle da coppie di genitori celibi e nubili: (l’85,6% delle quasi 160mila nascite more uxorio nel 2024), a conferma di una tendenza sempre più diffusa a non considerare il matrimonio una condizione necessaria per avere figli. Tra le madri fino a 24 anni di età, per esempio, la quota di nascite da genitori mai coniugati rappresenta il 57,3% del totale, contro il 38,5% di quelle di età compresa tra i 25 e i 34 anni e il 30,2% tra le madri di età superiore ai 34 anni.

FECONDITÀ AI MINIMI STORICI: 1,18 FIGLI PER DONNA NEL 2024
Nel 2024 il numero medio di figli per donna si attesta a 1,18, un valore in calo rispetto a quello osservato nell’anno precedente (1,20) e inferiore al minimo storico di 1,19 figli per donna del 1995. Si è quindi ben al di sotto del valore massimo del nuovo millennio, pari a 1,44 figli per donna registrato nel 2010. Lo rileva l’Istat. La fecondità diminuisce sia per effetto del calo attribuibile alle donne italiane sia per quello che compete alle straniere. Nel 2024 il numero medio di figli per queste ultime è di 1,79; un valore più elevato di quello delle donne italiane, ma in calo sia rispetto al valore di 1,82 del 2023 sia, in misura più marcata, rispetto a quello di 2,31 del 2010. La fecondità delle donne italiane è nel 2024 pari a 1,11 (nel 2023 si attestava a 1,14 e nel 2010 era pari a 1,33). La riduzione della fecondità si osserva in tutto il territorio nazionale. Il Centro, che presenta la fecondità più bassa, registra la diminuzione più lieve, da 1,12 del 2023 a 1,11 del 2024. Nel Nord, il numero medio di figli per donna diminuisce da 1,21 del 2023 a 1,19 del 2024, mentre nel Mezzogiorno cala da 1,24 a 1,20. La provincia autonoma di Bolzano/Bozen continua a detenere il primato della fecondità più elevata, pari a 1,51 (era 1,57 nel 2023). Seguono la provincia autonoma di Trento e la Sicilia (1,27), la Campania (1,26) e la Calabria (1,24). La Sardegna continua a essere la regione con la fecondità più bassa, inferiore all’unità (0,91) ma stabile sul 2023. Nel periodo gennaio-luglio 2025, in base ai primi dati provvisori sulle nascite e alle stime che su di essi è possibile costruire, il numero medio di figli per donna continua la sua discesa. Nei primi sette mesi del 2025 la fecondità è stimata pari a 1,13 figli per donna, in netta diminuzione rispetto a quanto rilevato nello stesso periodo del 2024 e del 2023 (1,21). Il Centro continua a essere l’area con la fecondità più bassa (1,04), seguono Nord e Mezzogiorno (rispettivamente 1,15 e 1,16). La Sardegna, con un tasso di fecondità pari a 0,86, e la Provincia autonoma di Bolzano/Bozen, con un tasso provvisorio pari a 1,55, si confermano, nei primi sette mesi del 2025, come le regioni con la fecondità rispettivamente più bassa e più alta. Le province autonome di Bolzano/Bozen e di Trento, la Valle d’Aosta/ Vallée d’Aoste e la Basilicata sono le sole realtà territoriali nelle quali si riscontra un moderato aumento della fecondità nei primi sette mesi del 2025 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La fecondità di periodo, misurata dal numero medio di figli per donna in un determinato anno di calendario, sintetizza il comportamento riproduttivo di generazioni diverse, risentendo dei fenomeni di posticipazione o recupero delle scelte riproduttive. La fecondità per coorte di nascita, invece, misura la propensione ad avere figli delle diverse generazioni. L’analisi per le generazioni di donne che hanno concluso il proprio periodo di vita riproduttiva (15-49 anni), restituisce un quadro di costante diminuzione della fecondità: da 2,01 figli per donna della generazione del 1947 (l’ultima ad aver raggiunto la cosiddetta soglia di ricambio generazionale) a 1,44 per le donne nate nel 1975 (che nel 2024 hanno compiuto 49 anni). Al calo della fecondità per generazione si associa un aumento delle donne senza figli. Se per le donne nate nel 1947 questa quota si attesta al 10%, nella coorte 1975 le donne senza figli sono quasi un quarto del totale (23,0%). Questo aumento riflette le criticità connesse all’avere figli, ma suggerisce anche l’emergere di scelte di vita che prevedono percorsi alternativi alla genitorialità.

NEL 2024 L’ETÀ MEDIA AL PARTO RAGGIUNGE I 32,6 ANNI
Nel 2024 l’età media al parto delle madri raggiunge i 32,6 anni in lieve rialzo sull’anno precedente (32,5), ma in crescita di quasi tre anni rispetto al 1995. Limitando l’analisi ai soli primogeniti, in media, nel 2024, le donne in Italia diventano madri per la prima volta a quasi 32 anni (31,9). L’età media al primo figlio era pari a 31,7 nel 2023 e inferiore ai 30 anni (28,1) nel 1995. La posticipazione delle nascite a età sempre più avanzate è strettamente connessa alla riduzione generale della fecondità, poiché più si ritardano le scelte di genitorialità, più si riduce l’arco temporale a disposizione per la realizzazione dei progetti familiari. Lo rileva l’Istat. L’aumento dell’età media al parto nel 2024 si osserva sia tra le donne straniere sia tra le italiane. Per queste ultime, si passa da 33,0 anni nel 2023 a 33,1 nel 2024. L’età media al parto delle donne straniere continua a essere inferiore ai 30 anni, aumentando da 29,6 a 29,7. Lo spostamento della fecondità verso età sempre più mature risulta evidente confrontando i tassi di fecondità per età della madre in serie storica. Rispetto al 1995 i tassi di fecondità sono più alti nelle età superiori a 30 anni e più bassi tra le donne più giovani. Scendendo a livello territoriale, l’età media al parto continua a essere più alta nel Centro e nel Nord (33,0 e 32,7 anni) rispetto al Mezzogiorno (32,3). Lazio, Basilicata e Sardegna sono le regioni cui spetta il primato della posticipazione (33,2 anni in tutte e tre le regioni), mentre la Sicilia è ancora la regione dove risiedono le madri più giovani (31,7 anni nel 2024, stabile sul 2023). Nel Nord, l’età media al parto più elevata si registra in Lombardia (32,8 anni), seguita dalla Provincia autonoma di Trento e dal Veneto (32,7 anni in entrambe), mentre la più bassa si rileva nella Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (stabile a 31,9 anni). Nel Mezzogiorno, oltre alla Sardegna e alla Basilicata anche il Molise presenta un calendario riproduttivo piuttosto posticipato (33,1 anni). Quanto posticipazione e calo della fecondità siano connessi è evidente proprio dal caso delle Isole, con la Sardegna che presenta la fecondità più bassa e tardiva, e la Sicilia che, con le madri più giovani di Italia, presenta una fecondità, per quanto anch’essa in discesa, tra le più alte nel panorama nazionale. Il rinvio a età sempre più mature della scelta di diventare genitori è evidente anche dall’analisi per generazione. Per la coorte 1975, che ha concluso il proprio percorso riproduttivo nel 2024, l’età media al parto è stata pari a 31,4 anni, divenendo madri per la prima volta a 30,0 anni. Per le donne del 1947, le ultime ad aver registrato una fecondità a fine vita riproduttiva prossima al livello di sostituzione delle generazioni (2,01), l’età media al parto è stata pari a 26,9 anni e quella al primo figlio pari a 24,8 anni. (red – sip / 21 ott)

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