di Paolo Pagliaro
Fino al 21 novembre Belèm, in Brasile, ospita l’annuale conferenza sul clima che riunisce i rappresentanti di quasi tutti i paesi. Ma mancano i leader di Stati Uniti, Cina, India e Russia, cioè dei più grandi inquinatori del mondo. Manca l’enfasi politica che in passato accompagnava questo appuntamento. E manca il sostegno delle opinioni pubbliche a quella transizione green vista sempre più come una minaccia al benessere raggiunto. Guerre, crisi energetiche e ritorno dei nazionalismi suggeriscono che le priorità siano altre.
Resta la necessità di contenere l’aumento delle emissioni a effetto serra. In attesa che le conferenze globali sul clima producano i loro compromessi , molto possono fare i singoli paesi . Luca Carra, direttore della rivista Scienza in rete, ha messo a confronto i dati della transizione ecologica in Spagna e in Italia. La conclusione è che la quota di rinnovabili dell’Italia è intorno al 40% e in Spagna al 60%, che l’idrogeno verde che si intende produrre entro il 2030 è 5 Gigawatt in Italia e 12 in Spagna, che l’Italia non ha una legge climatica mentre la Spagna ce l’ha dal 2021, che l’Italia ha votato contro la legge europea per difendere la biodiversità e la Spagna a favore, che in Italia si sono acquistate l’anno scorso il 4% di auto elettriche e in Spagna il 13%. E che nonostante questa valanga di misure che qualcuno definirebbe ideologiche il PIL della Spagna negli ultimi anni è cresciuto del 3% e quello dell’Italia dello 0 virgola.




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