“In difesa dell’umano. Pasolini tra passione e ideologia” è il nuovo saggio che Paolo Desogus dedica all’opera di Pier Paolo Pasolini. Uscito lo scorso maggio 2025, il corposo volume - pubblicato da La Nave di Teseo - è la complessa risistematizzazione di anni di studi e ricerche che l’autore sardo (di adozione bolognese e poi parigina) ha voluto regalarci a pochi mesi dal cinquantesimo anniversario dalla scomparsa del poeta casarsese.
Il libro – che consta di sei ampi capitoli, per un totale di quasi 500 pagine – raccoglie e analizza la produzione pasoliniana dagli anni giovanili alla maturità, servendosi di una chiave interpretativa più filosofica che letteraria: quella della contraddizione.
Una categoria che viene analizzata nelle sue molteplici declinazioni, allo scopo di comprendere le istanze più profonde del corpus pasoliniano, ma anche di «mantenerne vivo» il dialogo con il presente, per cercare di leggere la realtà a noi contemporanea attraverso quella «tensione tra espressione poetica e impegno politico» che ha rappresentato, forse, il movente più forte del lavoro di Pasolini.
Nell’opera del poeta casarsese, scrive Desogus: «anche la più banale effrazione metrica, anche il più semplice innesto dialettale o la più elementare inquadratura, svolge una funzione politica»; e, in effetti, è lo stesso concetto di contraddizione ad avere una valenza propriamente politica. Mettere il reale al vaglio del contraddittorio non significa solo interpretarne il movimento, ma anche dare movimento, dare una direzione a tutte quelle forme della realtà che si impongono all’uomo e che, al contempo, l’uomo costruisce attraverso il processo creativo. In queste pagine, il gesto poetico pasoliniano è quasi equiparabile all’urlo del bestione vichiano, quella voce senza parola che è, però, in grado di lasciare un segno nel mondo, segno che coincide perfettamente con l’esistenza del suo proferente.
Il riferimento a Vico – che non a caso è uno dei filosofi frequentati da Pasolini – si trasforma quasi in una citazione joyceana, è quel tuono bestiale, irrazionale, che è anche iniziatore di una razionalità, di una consapevolezza dell’esser-ci dell’uomo che si appresta a divenire cosciente.
E proprio questa ulteriore antinomia tra raziocinio e impulso è il fulcro dei paragrafi che Desogus dedica al rapporto di Pasolini con la filosofia, quasi che l’autore volesse indagare il gesto pasoliniano prima ancora che sorga.
Quella alle origini, tuttavia, è solo un’occhiata, il tempo di uno sguardo. Il binomio razionale/irrazionale è subito riportato alle pagine politiche di Pasolini, al suo rifiuto di considerare il processo storico un movimento che «tutto riassume, tutto analizza e tutto giustifica». È qui che, per la prima volta, si intravede l’ostilità di Pasolini nei confronti di Hegel – un rapporto di diffidenza cui, infatti, Desogus dedica un paragrafo nel libro –, dal quale, tuttavia, il poeta prende in prestito non solo la categoria di contraddizione, ma anche quella di dialettica.
Nel corso della sua produzione matura – Desogus lo mostra con cura – Pasolini si avvicina e si allontana da Hegel in una modalità che un hegeliano considererebbe un (inconscio) eterno ritorno al filosofo di Stoccarda. Questi ne rifiuta il sistema tripartito e crede di discostarsene quando interpreta la storia come storia della lotta di classe, forse non riconoscendo nella Fenomenologia il germoglio di una teoria più tarda. È forse a causa di questa distanza ravvicinata che, più che una critica al sistema hegeliano, In difesa dell’umano sembra raccontare la sofferenza di Pasolini nell’accettare i passaggi particolari della storia come parte di un Intero.
Desogus ci svela il tormento di un rivoluzionario deluso dalla rivoluzione, un uomo che ha perso la speranza di vedere l’umanità trascendere le forme (hegeliane) che la società civile gli impone.
In queste pagine, l’autore– anche attraverso un’inedita lettura dei rapporti di Pasolini con la filosofia - dà voce alla disperazione di un presente schiacciato dal progresso economico e tecnologico che non vede più l’uomo, ma lo castra e lo incastra nella sola dimensione performativa e funzionale.
A questa realtà non rimane che una contraddittorietà binaria che ha perso ogni velleità di ricucirsi in una soluzione. Nell’illusione della società dei consumi Pasolini non vede alcun ordine razionale, ma solo lo scomparire di qualsiasi spazio politico sotto l’affermarsi di un unico valore economico della vita, una dimensione che non annulla l’alienazione dell’uomo civile, ma la esaspera nel desiderio sfrenato e nella vana promessa di appagamento.
Al di là dei molti spunti scientifici e letterari, questo volume ci lascia con una domanda sulla realtà a noi contemporanea, un presente in cui perfino la politica risponde al bestiale desiderio di appagamento di cui il Capitalismo si serve per sfamarsi e autoalimentarsi, ma non solo.
Con queste intense pagine dedicate al tormento di un animo sempre in lotta con sé stesso e con il mondo, Desogus ci lascia con un invito prezioso: quello a farci ancora attraversare dalla contraddizione.
(© 9Colonne - citare la fonte)




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