Gli ultimi dati Istat fotografano che sono circa 6 milioni e 400mila (il 31,9%) le donne italiane dai 16 ai 75 anni di età che hanno subito almeno una violenza fisica o sessuale nel corso della vita, e che nel contempo aumenta la consapevolezza dei rischi da parte delle donne, ma non altrettanto le denunce che restano stabili. Dati illustrati in anteprima alla Camera, nel corso della Conferenza internazionale contro il femminicidio, promossa dalla presidenza del Consiglio e dall’Osce. Una iniziativa che prelude a una celebrazione del 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, in grande stile ai Palazzi: martedì, infatti l’aula di Montecitorio avrà all’ordine del giorno per il via libera definitivo il ddl che introduce il reato autonomo di femminicidio. A Palazzo Madama passa invece il provvedimento che introduce il concetto di “consenso libero e attuale” nel codice penale per individuare una violenza sessuale.
“Siamo tutti consapevoli che la violenza contro le donne sta crescendo e dobbiamo creare conoscenza, perché non è un problema solo per le donne, ma per tutti noi, perché è un problema di sicurezza. Prima di finire questa intervista, una donna, in un luogo del mondo, sarà uccisa solo perché è una donna. Dobbiamo cambiare la mentalità, dobbiamo educare le donne, i bambini, le ragazze, perché il problema riguarda soprattutto gli stereotipi” spiega Hadja Lahbib, commissaria europea per la parità di genere. “Tutti - aggiunge - sappiamo che quando le donne sono uccise, la maggior parte delle volte avviene per mano di chi si sono fidate, di qualcuno che le ha detto una volta che le ha amate. Questo è un problema che tocca la nostra famiglia intima, la nostra società e la nostra democrazia. A livello europeo abbiamo una direttiva fondamentale, che considera il femminicidio la fine di un processo. La violenza contro le donne non inizia con un femminicidio, il femminicidio è la fine. Quindi dobbiamo risolvere i nodi delle dipendenze economiche, degli stereotipi, della violenza online, e così via. Per questo motivo siamo davvero impegnati”. A rappresentare il governo, il ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità, Eugenia Roccella, il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il ministro delle Riforme Elisabetta Casellati. “Riconoscere il femminicidio come reato autonomo è secondo me un passo veramente storico, e serve anche a quella sensibilizzazione, a quel cambiamento culturale che tutti auspichiamo, perché la legge fa cultura: quindi dire che il femminicidio non è più grave dell'omicidio, cioè uccidere una donna non è certamente più grave che uccidere un uomo, ma è diverso, ha una sua specificità, le cui motivazioni affondano veramente nella storia dell'umanità e per cambiare questo dobbiamo coinvolgerci in un'azione di consapevolezza collettiva” ha detto Roccella. Interpellata sul tema dell’educazione sessuo-affettiva, il ministro ribadisce: “Se ne vogliamo parlare ne parliamo, ma lateralmente, perché vediamo che nei Paesi dove da molti anni è un fatto assodato, come ad esempio la Svezia, non c'è correlazione con la diminuzione dei femminicidi: insomma, non c'è una correlazione tra l'educazione sessuale a scuola e una diminuzione di violenze contro le donne, quindi possiamo parlarne ma non mettiamole insieme”.
Nel suo intervento, invece, Nordio ha affermato: “Mi sono sempre chiesto, da modesto studioso anche di storia, come mai siamo arrivati a questa prevaricazione continua, ininterrotta, secolare, millenaria dell'uomo nei confronti della donna: la risposta, se vogliamo un po' darwiniana, è della legge del più forte, nel senso che dai primordi l'unico criterio di forza era quello della forza fisica, della forza muscolare e poiché la natura ha dotato i maschietti di una forza muscolare maggiore di quella delle donne, dai primordi dei tempi questo unico criterio di superiorità ha fondato il cosiddetto maschilismo”. “Tutto questo – è la riflessione del guardasigilli - ha comportato una sedimentazione anche nella mentalità del maschio, che è difficile da rimuovere perché è una sedimentazione che si è formata in millenni di sopraffazione, di superiorità e quindi anche se oggi l'uomo accetta e deve accettare questa assoluta parità formale e sostanziale nei confronti della donna, nel suo subconscio, nel suo codice genetico trova sempre una certa resistenza. Ecco perché secondo me è necessario intervenire con le leggi, con la repressione, con la prevenzione, ma è soprattutto necessario intervenire sull'educazione”. Parole, quelle di Roccella sull’educazione sessuo-affettiva e di Nordio sulla violenza contro le donne iscritta nel “codice genetico” dei maschi, che fanno rumore e scatenano reazioni polemiche: “Imbarazzanti. Solo così si possono definire le parole di Nordio e Roccella. Il ministro della Giustizia, che parla della violenza contro le donne come di una ‘tara’ maschile, e la ministra per le Pari opportunità, che sostiene che l’educazione non serva a contrastare i femminicidi, stanno insultando tutte donne che ogni giorno chiedono rispetto e pari opportunità” dichiara la presidente dei deputati di Italia Viva Maria Elena Boschi, che aggiunge: “È questo è il contributo che il governo Meloni offre alla Conferenza contro i femminicidi? Ora capiamo perché l’Italia arretra. Le donne non hanno bisogno di teorie ottocentesche, ma di leggi applicate, fondi certi, centri antiviolenza sostenuti e una cultura del rispetto che si costruisce proprio a scuola. La parità non è un’idea né un’eccezione biologica, è un dovere costituzionale”. Al di là delle divisioni e della dialettica tra forze politiche, l’impegno bipartisan nella lotta alla violenza contro le donne ha raggiunto importanti risultati, come sottolinea la presidente della Commissione di inchiesta sul femminicidio, Martina Semenzato: “La legge sul consenso, ‘libero e attuale’, cambierà la narrazione anche nei nostri tribunali e ha un valore preventivo, perché ci concentriamo sul tema del consenso, per le generazioni di adulti ma soprattutto per le generazioni dei giovanissimi. Il ddl femminicidio istituisce il reato autonomo di femminicidio, ma è un provvedimento complesso che interverrà in 50 punti, codice penale, codice di procedura penale, parla di formazione, parla di formazione obbligatoria e specifica ma parla anche di irrobustire le misure cautelari e custodiali, questo vuol dire che il divieto di avvicinamento diventerà l'eccezione e non la regola. Sono tutti interventi di prevenzione, ma soprattutto la prevenzione fa rima con sensibilizzazione e la lotta alla violenza di genere passa necessariamente anche attraverso il diritto. Di nuovo l'Italia è un Paese virtuoso che irrobustisce il proprio apparato normativo”. (Roc)
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