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direttore Paolo Pagliaro

GALLO: JEEG ROBOT
HA CAMBIATO IL CINEMA

GALLO: JEEG ROBOT <BR> HA CAMBIATO IL CINEMA

A vederli parlare di fumetti dei supereroi, canticchiare “corri ragazzo laggiù, vola tra lampi di blu” e poi mettersi a sferrare, due uomini, sulla quarantina, salti e fendenti in una stanza di Cinecittà, li si sarebbe certo giudicati degli irrecuperabili nerd. E invece è stato questo il primo passo da cui sarebbe nato “Lo chiamavano Jeeg Robot”, film uscito 10 anni fa e già consacrato come spartiacque nella storia del cinema italiano per la capacità di contaminare e mescolare stili, dal fantastico al dramady, portando visionarietà nella più prosaica delle nostre società. “A Gabriele Mainetti voglio un gran bene, ci eravamo appena conosciuti e insieme ci siamo messi a mimare la scena del combattimento tra Enzo e lo Zingaro nello stadio Olimpico di Roma. Ho pure fatto un video – che ovviamente non vedrà nessuno! - per capire come avrei dovuto disegnare quella scena. Mentre Gabriele mi raccontava i movimenti della scena, ho capito subito che avrebbe fatto un film unico nella storia del nostro cinema, basso budget, tanto coraggio ed un talento enorme. E, a dieci anni di distanza dalla sua uscita, sappiamo che è stato così. Quando dico che ho lavorato a quel film mi guardano come se fossi un supereroe anche io. E’ entrato nell’immaginario collettivo ed è stato un radicale cambio di prospettiva per tanti autori. Grazie a questo film possiamo finalmente andare oltre gli steccati dei generi” racconta Marco Valerio Gallo, uno dei maggiori storyboard artist italiani che con Mainetti ha stretto un sodalizio, andato oltre il rapporto artistico. “Gabriele è diventato un amico carissimo e per questo considero il più bello dei complimenti quando mi dice che riesco a disegnare quello che lui ha in mente perché è uno di quelli che il suo film lo ha già tutto già in testa prima di girarlo.  Con lui ho lavorato anche a Freaks Out, per gli spot de Il Mulino bianco, birra Moretti e Maserati con Damiano David ed altri. Ed ovviamente spero di lavorare insieme al suo prossimo film! Tutti i registi con cui lavoro hanno un approccio creativo agli storyboard, uno strumento che aiuta a pre-visualizzare l’andamento di una scena e questo e è molto importante dal punto di vista registico e artistico.  Comunque ora, anche in Italia, questo metodo è usato in modo massiccio, perché visualizzare scene ed effetti, fa risparmiare su tempi e costi”.

E di registi Gallo ne ha incontrati tanti, lavorando con nomi di peso: Gabriele Salvatores (“ne Il Ragazzo invisibile disegnare la scena dello specchio in cui il ragazzo scopre l’invisibilità era necessaria per preventivarne l’effetto speciale”), Andrej Koncalovskij (“E’ stato bello lavorare con lui preparando il set de Il Peccato, in una maestosa cava del monte Altissimo dove Michelangelo nel ‘500 scelse i giganteschi blocchi di marmo per le sue opere. Per esprimerne la verticalità e del luogo il maestro scelse di girare in 4/3. All’epoca aveva 82 anni e a fine giornata noi eravamo distrutti e lui sempre instancabile. Un uomo di altri tempi”), Paolo Sorrentino (“Ho lavorato con lui quando ha girato per Missoni e Campari. Più che spot parliamo di film... Un vulcano di idee)”, Carlo Verdone (“Il disegno del segno della moto in Benedetta Follia era necessario per decidere come fare l’effetto speciale. Sono intervenuto anche in una scena in Vita da Carlo. E’ fico lavorare con lui, con i suoi film ci sono cresciuto!”), Cosimo Gomez (“In Brutti e cattivi è stato un piacere ritrovare Claudio Santamaria che avevo conosciuto per Jeeg. Gli voglio bene e mi fa molto piacere disegnare il suo volto negli storyboard. D’altronde disegnare il volto dei veri attori nei film aiuta per la realizzazione. Questa è stata fin dagli inizi una mia caratteristica come anche quella di usare le frecce rosse, molto nette, per indicare le azioni degli attori e quelle nere per i movimenti di macchina. Per fare un buono storyboard, infatti, bisogna avere una grande conoscenza della prospettiva, dell’anatomia e del linguaggio cinematografico, sapere come gira un Russian Arm piuttosto che un Ronin, conoscere i meccanismi dell’effettistica”), Ferzan Ozpetek (“con la serie tv de Le Fate Ignoranti, Nuovo Olimpo, lo spot Maserati… Una grande persona che ti lascia grande spazio creativo”). E ancora Pupi Avati, Paolo Genovese, Sergio Castellitto, Valerio Mastandrea, Stefano Sollima, Roger Kumble, Valeria Golino, Davide Marengo Pietro Castellitto, Giampaolo Morelli, Giuseppe Bonito, tra i tanti. Un elenco molto lungo perché nel lavoro di Gallo c’è, oltre a tanta pubblicità (con grandi marchi come Honda, Toyota, Missoni, Campari, Ferrero, Tim, Lavazza) e televisione (con innumerevoli fiction e produzioni delle piattaforme “che si muovono sempre con gli storyboard perché curano i loro investimenti”).

Tra i tanti registi un posto importante Gallo lo dedica poi a Ricky Tognazzi: “Lui è stato in Italia il vero antesignano nell’uso degli storyboard. Ho imparato tanto standogli accanto e oggi posso dire che mi ha cambiato la vita. Ho cominciato nel 2009 con la sua serie tv “L’isola dei segreti” e poi l’ho seguito nei suoi lavori successivi. Avevo appena iniziato questo lavoro tre anni prima, che già avevo 32 anni. E quello che mi è capitato dopo è un po’ la dimostrazione che la fortuna esiste ma te la devi anche guadagnare. Un giorno, a 27 anni, mi sono guardato allo specchio e mi sono detto che non stavo combinando niente ma che l’unica cosa che mi piaceva davvero fare era disegnare. Lo avevo capito molto bene poco tempo prima quando, da annoiato studente di lettere, nel 1998, facevo parte della squadra di studenti che lavorava  nello scavo del Giardino Caffarelli sul Campidoglio diretti dal professor Alberto Cazzella e mi ero offerto di fare i disegni dei reperti archeologici. Fu così che ripresi a disegnare. E così mi sono iscritto alla Suola Romana dei Fumetti (di cui oggi è diventato un docente, avendo una cattedra anche l’Accademia delle Belle Arti, ndr). La prima lezione è stata con Massimo Rotundo e mi sono detto: “Vabbè, sono una pippa, devo studiare”. Ho poi seguito le lezioni di Paolo Morales (che ha disegnato storyboard fin dagli anni ’80 all’estero - tra cui il terzo Padrino di Francis Ford Coppola e Gangs of New York di Martin Scorsese - e che in pratica è stato il primo storyboard artist italiano in un’epoca in cui questa tecnica in Italia veniva usata di rado, ndr). Lui mi ha aperto davvero un mondo. Unire il disegno alla mia altra passione, che era il cinema, è stato folgorante. Sono cresciuto vedendo i film di Fellini e Sergio Leone insieme a mio padre Mario Gallo che aveva lavoricchiato con il fratello, Fabrizio - che ha fondato nel 1975 l’azienda REC che fornisce apparecchi per riprese cine-tv - prima di aprirsi un negozio di caccia e pesca che ancora segue oggi, a Casalotti. Lui mi ha anche trasmesso l’amore per Roma che aveva a sua volta assorbito dal nonno, Tullio Gallo, che è stato un poeta dialettale del Rugantino e alimentato vivendo in centro storico, in via Giulia, fino agli anni ‘60. Mio padre mi ha appassionato alle storie delle battaglie della Repubblica romana quando mi portava sul colle del Gianicolo con le giostre, il teatro dei burattini, lo sparo di mezzogiorno del cannone. E quindi è stata per me una grande gioia quando sono venuto ad abitare proprio vicino al Vascello ed al ristorante Lo Scarpone, dove sono diventato di casa, teatri dei combattimenti del 1849. Anche se a dire il vero, dall’Aurelio dove abitavo, qui venivo spesso quando, da ragazzino, andavo Villa Pamphili. Di quei 3 anni in cui ho abitato a Monteverde Vecchio ho un ricordo bellissimo. Specie perché qui ho vissuto il lavoro preparatorio per Freaks Out che per me è stato un viaggio emotivo molto importante”.

Gallo, oltre al lavoro dello storyboard dell’onirico film del 2021 di Mainetti, basilare per creare e stimare costi dei tanti vfx in un film non certo da budget hollywoodiano (dalla porta spazzata via con un getto di 60 litri d’acqua sparati che andava girata in un solo ciak alla resa dei poteri paranormali dei circensi protagonisti del film) ha anche creato i disegni con cui il chiaroveggente Franz raffigura le sue visioni, come anche quelli dei titoli di coda. “Erano veri nodi della sceneggiatura ed ero felicissimo per il compito. Gabriele mi ha chiesto di farli ispirandomi a Degas e Toulouse-Lautrec. Ma quando vide i primi disegni mi disse che erano ‘troppo belli’, fatti da una mano allenata al disegno e che quindi non era realistico che potessero essere opera di uno come Franz, che disegnava come in trance. Allora mi è venuta una certa ansia, perché dovevo creare lo stile artistico e visionario di Franz, ci ho pensato per una settimana. Finché mi è venuta in aiuto la scienza. Ho cominciato a disegnare con la mano sinistra. Tempo prima ci avevo provato per sfizio facendo un ritratto di Jack Nicholson che era venuto spigoloso ma comunque piacevole. Poi mi è capitato di cambiare mano quando mi bloccavo su un disegno. Questo perché, usando una mano diversa si passa ad un altro emisfero del cervello. Ossia facevo emergere un lato alternativo della mia creatività. Ma sperimentare questo metodo su un lavoro così impegnativo dal punto di vista estetico, come Freaks Out, è stata per me una forte esperienza. Con Gabriele abbiamo passato due mesi e pure delle nottate per scegliere i disegni dei titoli. Ne sono rimasti fuori moltissimi. Per i disegni che vediamo nel film invece, ricordo che una sera, alle 7, lui mi telefonò dicendo che il mattino seguente mi sarebbe arrivata con un corriere una lavagna su cui, con i gessetti, dovevo disegnare la visione che aveva Franz di Adolf Hitler che si suicidava, sparandosi. Purtroppo poi quella scena è stata tagliata come altre cose bellissime che Gabriele ha dovuto sacrificare. Come una scena pazzesca di un assalto al treno, che era al livello del bombardamento del circo Mezzapiotta… La scena iniziale del circo Gabriele me l’ha raccontata con estrema precisione, con tutti i movimenti di macchina che avrebbe poi usato per girarla. Ti pare che la AI, di cui tanto si parla anche nel nostro mestiere, avrebbe potuto riprodurla?! Penso sia impossibile, attualmente,  che una intelligenza artificiale arrivi a cogliere l’empatia di un momento creativo, che è contatto, immaginazione, scambio umano ed egoisticamente  spero non ci riesca mai! Ecco perché agli storyboard di questo film ci tengo molto ed è stato un grande piacere vederli esposti al Romics”. Gallo non dimentica infatti la sua passione per il disegno illustrato. E’, ad esempio, tra i protagonisti della collettiva del progetto “The Grade” che omaggia Akira Toriyama, creatore di Dragon Ball e Dr. Slump. Tra gli artisti in mostra anche Yoshiko Watanabe, già mangaka al fianco di Osamu Tezuka, autore di Principessa Zaffiro, Astroboy e Doremon ed il cui lavoro in Italia è curato da Olivia Sara Perugia, illustratrice e sceneggiatrice.

Gallo è stato il primo storyboard artist a vincere La Pellicola d’Oro, il premio nazionale dedicato ai mestieri del cinema per Lo Chiamavano Jeeg Robot (lo vincerà altre 5 volte, per Brutti e Cattivi, Freaks Out, Le Fate Ignoranti, I leoni di Sicilia e Briganti) attestando il suo ruolo di primo piano in questo campo. E, con la sua ormai ventennale esperienza nel campo ed una forte curiosità creativa, non esclude un suo sconfinamento creativo: “Il mio lavoro lo adoro ma sento anche il desiderio di sperimentare, in particolare nel campo del noir, dell’horror e della fantascienza. Sto seguendo la stesura di alcuni soggetti in questo campo. Quando disegno ascolto spesso podcast di true crime. Amo molto Lovecraft ed Edgard Allan Poe. E’ un mondo che nutre il mio immaginifico”. A quando un Sin City italiano? “Vedremo… (ride, ndr). Come dico ai miei allievi la fortuna c’è ma te la devi anche guadagnare con la costanza. Penso che chi crede di avere talento deve mettersi alla prova e confermare a se stesso di averne, deve provare ad affermarlo, senza avere paura di mettersi alla prova quasi come fosse più rassicurante la certezza del fallimento che il rischio di avere successo. Nella vita puoi e devi certamente riuscire a fare quello che vuoi ma per farlo devi essere preparato, senza sconti. E specie nel nostro lavoro… la carta canta!”. (25 nov - red)

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