Quando nel gennaio del 1914 Henry Ford, il magnate dell’industria automobilistica americana, introdusse un piano di ristrutturazione i cui punti fermi erano la riduzione dell’orario di lavoro (da nove a otto ore giornaliere) e un aumento retributivo per i suoi operai che portava a più che raddoppiare la paga, l’idea fu accolta con grande scetticismo. Ciononostante quell’idea produsse risultati più che positivi per la casa automobilistica: aumento della produttività, riduzione del turn-over, sparizione dell’assenteismo e, soprattutto, aumento (e non diminuzione) dei profitti.
Si trattava di una scelta strategica vincente che si collegava all’altra presa di posizione del magnate che riteneva che, se gli operai avessero ricevuto una paga molto bassa, non avrebbero avuto le risorse per comprare i suoi prodotti (le automobili).
Quest’ultima idea mi ha sempre ronzato per la testa per risolvere il problema della fine del lavoro causata dell’introduzione su larga scala dell’intelligenza artificiale.
Ho detto “fine del lavoro” anche se per il momento si tratta della perdita molto significativa di posti. Basti pensare che, proprio a seguito dell’introduzione di ChatGpt e OpenAi, negli Stati Uniti è in corso una vasta ristrutturazione con migliaia di licenziamenti che colpiscono non solo i colletti blu (gli operai) ma anche i colletti bianchi (gli impiegati e i dirigenti). In questi casi chi programma i licenziamenti (vedi l’esempio di Amazon) si affretta a precisare che non si tratta di una perdita di posti di lavoro, ma solo di una diversa dislocazione del lavoro (sì ma … in un domani futuro ed incerto). E che faranno quelle persone espulse dal processo produttivo in attesa che si crei occupazione in altri settori? Bella domanda.
Ed allora provando a collocarci in quel futuro distopico in cui il lavoro come lo intendiamo oggi o non ci sarà più o sarà enormemente ridotto, come potremo soddisfare i nostri bisogni? Ma soprattutto a chi venderanno i loro prodotti le imprese e come si alimenterà il consumismo che costituisce la spina dorsale delle cosiddette economie avanzate?
Personalmente mi ero dato, sulla scia di Henry Ford, una risposta, ingenua e rozza quanto volete, che era questa: i poveri Cristi (noi poveri Cristi) metteranno sul mercato l’unico bene che possiedono e che è appetibile per le imprese, attraverso le piattaforme, e cioè i loro dati personali, quei dati personali che ora sono regalati o vengono rapinati attraverso il web. Con i ricavi di questa vendita – ho sempre pensato – si potrà nuovamente alimentare il circolo virtuoso del consumo.
Vedo ora, con malcelata soddisfazione, che la mia non era un’idea tanto bislacca, se è vero che Maurizio Ferraris ne ha fatto oggetto di una articolata riflessione nel suo recentissimo libro Comunismo digitale – Una proposta politica (Einaudi, 2025). Si tratta infatti proprio del tentativo di restituire all’umanità “il patrimonio che essa stessa costruisce attraverso l’attività (consumo e mobilitazione) sul web”. Il capitale nel sistema digitale è costituito dai dati che vengono generati quotidianamente da ciascuno di noi attraverso varie attività (acquisti online, interazioni sui social, prenotazioni, etc.). Essi, messi insieme ed analizzati attraverso algoritmi, consentono ai padroni del vapore (le grandi piattaforme digitali) di conoscere comportamenti, bisogni e abitudini e quindi hanno un valore economico di tutto rilievo per orientare la produzione e generare importanti e significativi profitti.
In questo quadro la proposta politica di Ferraris intende rifiutare una critica sterile e per nulla producente all’evoluzione tecnologica, alimentata più dalla paura che dal raziocinio, per valorizzare piuttosto meccanismi redistributivi della ricchezza prodotta dal capitale documediale (ecco, per l’appunto, il comunismo digitale).
Che un progetto così originale ed ardito sia attuabile dipende solo da noi. Ma se tutto dipende da noi sono sicuro che non ce la faremo, come direbbe Nanni Moretti.
*Professore Emerito di Diritto del lavoro dell’Università di Pisa
(© 9Colonne - citare la fonte)



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