Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

Matrimoni gay, Sportiello (M5S): Italia li riconosca. Ma per governo bastano unioni civili

Roma, 12 dic – La recente pronuncia della Corte di giustizia dell'Unione europea, in merito al riconoscimento dello status coniugale acquisito in altro Stato membro da coppie dello stesso sesso, “non produce alcuna conseguenza nel nostro Paese, dal momento che la legge sulle unioni civili italiana contempla un ampio sistema di tutele adeguate a garantire i diritti fondamentali dell'Unione europea, e altre disposizioni normative stabiliscono che il matrimonio contratto all'estero tra cittadini italiani o tra un cittadino italiano e un cittadino straniero dello stesso sesso possa essere trascritto in Italia nei registri delle unioni civili”. Così Marcello Gemmato, sottosegretario alla Salute, rispondendo a un’interpellanza urgente della deputata M5S Gilda Sportiello. Il quesito riguardava una sentenza emessa dalla Corte nei confronti della Polonia, relativa al rifiuto di trascrivere nei registri dello stato civile di quel Paese un atto di matrimonio contratto tra persone dello stesso sesso in un altro Stato membro. Non soddisfatta della risposta la parlamentare pentastellata: “Il governo risponde dicendo che noi abbiamo le unioni civili e quindi non c'è motivo di rispettare quella sentenza, che non ci riguarda: non è assolutamente così, quella sentenza riguarda anche noi e ci dice che i matrimoni legittimamente contratti all'estero tra persone dello stesso sesso devono essere riconosciuti, quindi non è una concessione ma un dovere che deve essere rispettato”. Sportiello denuncia la situazione di “limbo in cui si rischia di rimanere incastrati, perché se una persona o una coppia contrae un'unione civile in Italia ma decide di spostarsi all'estero per poter attuare il proprio progetto di vita e godere di maggiore tutela, ebbene l'unione civile non sarà trascritta come matrimonio all'estero seppure il Paese dovesse riconoscere questo istituto. Dovrebbero perciò ritornare in Italia a sciogliere l'unione civile, perché nel frattempo non potrebbero comunque contrarre matrimonio all'estero non avendo un certificato di stato libero, per poi ripartire e sposarsi, ma nel momento in cui decideranno di rientrare nel nostro Paese si ritroverebbero di nuovo a non vedersi riconosciuto il matrimonio contratto all'estero, ma convertito in unione civile. Quindi questo significa comprimere tutti quei diritti che riguardano il matrimonio, questo significa comprimere la progettualità di vita delle persone”. “Faccio presente – conclude la deputata M5S - che il nostro Paese riconosce i matrimoni contratti all'estero tra persone di sesso diverso, quindi è un'ulteriore discriminazione non riconoscere ugualmente quelli legittimamente contratti all'estero tra persone dello stesso sesso”. (PO / Roc)

(© 9Colonne - citare la fonte)