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direttore Paolo Pagliaro

UN MEDITERRANEO
DI DESTINI E CONFLITTI

UN MEDITERRANEO <br> DI DESTINI E CONFLITTI

 Una giornata attraversata da parole nette, memorie scomode e connessioni globali quella di ieri alla Città dell’Altra Economia, dove Baobab Experience ha proseguito le celebrazioni per i suoi dieci anni con la seconda giornata del festival “Pensare Migrante”. Un programma fitto di talk, proiezioni e confronti che ha tenuto insieme Mediterraneo, Palestina, migrazioni e intersezionalità delle lotte, con uno sguardo dichiaratamente politico sul presente.

Al centro del pomeriggio il talk “Siamo fatti di Mediterraneo: italiani meticci”, che ha visto intervenire il giornalista e scrittore Luca Misculin. “Siamo fatti di Mediterraneo perché il nostro Paese è di fatto una crocevia, un luogo di confine fra nord, sud, est e ovest, fra due continenti, e non può che essere così”, ha spiegato. Un’identità, quella italiana, che Misculin ha definito come “un’esistenza un po’ a metà strada”, frutto di scambi continui e di una storia che rende il Mediterraneo non un confine ma uno spazio condiviso. Un approccio che ha attraversato l’intero incontro, inserendosi nel solco della riflessione più ampia proposta dal festival sui movimenti, le mescolanze e le narrazioni che li accompagnano.

Poco prima, nel talk dedicato all’“Intersezionalità delle lotte”, il giornalista indipendente e attivista della Sumud Flotilla Lorenzo D’Agostino ha portato una testimonianza che ha legato la situazione a Gaza alle pratiche di gestione dei migranti nel Mediterraneo centrale. Partendo dalla recente denuncia dell’organizzazione Music for Peace sugli aiuti umanitari destinati alla Palestina, D’Agostino ha ricordato un episodio vissuto nel 2017 a bordo della nave Open Arms. “L’ufficiale della Guardia Costiera si nervosì perché l’equipaggio stava servendo pasti completi ai naufraghi”, ha raccontato, spiegando che la richiesta era di mantenere “le calorie basse per evitare ribellioni a bordo”. Una logica che, secondo D’Agostino, ritorna oggi nel trattamento dei palestinesi: “Il fatto che tu le tema dice di più sulla tua coscienza nei confronti di queste persone rispetto a qualsiasi cosa che possa passare per la testa di queste persone”.

Nel corso dello stesso panel è intervenuta anche l’attivista Eddi Marcucci, che ha inserito il tema palestinese in una cornice economica globale. “Israele come paradigma anche economico: quello che viene definito miracolo economico esiste solo grazie al genocidio del popolo palestinese”, ha affermato, sottolineando come le armi israeliane siano “commerciate come testate sul campo, e il campo è la vita del popolo palestinese”. Una dinamica che, per Marcucci, non è isolata ma rappresentativa di molte altre nel mondo: “È necessario ricordarci che tutte le lotte sono la stessa lotta”. La seconda giornata di “Pensare Migrante” ha così confermato l’impostazione del festival: uno spazio politico di elaborazione collettiva, capace di tenere insieme testimonianze dirette, analisi strutturali e pratiche di solidarietà. Un percorso che alla CAE ha continuato a interrogare il presente, mettendo in relazione migrazioni, guerre e responsabilità europee, nel solco dell’esperienza decennale di Baobab Experience.

(© 9Colonne - citare la fonte)