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LA CASSAZIONE CONFERMA
LA RESTITUZIONE
DEL CANONE DEL 1998 A TIM

LA CASSAZIONE CONFERMA <br>LA RESTITUZIONE <br>DEL CANONE DEL 1998 A TIM

Si chiude definitivamente dopo più di vent’anni il lungo contenzioso tra Tim e lo Stato italiano sul canone concessorio versato nel 1998. La Corte di Cassazione ha infatti rigettato il ricorso presentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, confermando in via definitiva la sentenza della Corte d’Appello di Roma dell’aprile 2024, che aveva dato ragione al gruppo telefonico. Con la decisione della Suprema Corte viene sancito l’obbligo di restituzione a favore di Tim di una somma complessiva di poco superiore a un miliardo di euro. L’importo comprende il canone originariamente versato, pari a oltre 500 milioni di euro, a cui si aggiungono rivalutazione monetaria e interessi maturati nel corso degli anni.

La vicenda affonda le sue radici nel 1998, all’indomani della liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni. La legge finanziaria dell’epoca aveva introdotto un contributo obbligatorio a carico degli operatori, calcolato sul fatturato, in sostituzione del tradizionale canone di concessione, divenuto nel frattempo inapplicabile. A Telecom Italia furono richiesti complessivamente 528,7 milioni di euro: 385,9 milioni riferiti alla capogruppo e 142,8 milioni all’allora Telecom Italia Mobile. Nel 2000 la società presentò ricorso al Tar del Lazio contro il decreto attuativo che disciplinava le modalità di versamento del contributo. Il tribunale amministrativo decise di rimettere la questione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che nel febbraio 2008 si espresse a favore di Telecom, stabilendo che il canone non fosse dovuto.

Nonostante la pronuncia europea, il percorso giudiziario rimase complesso. Nel 2003 Telecom aveva infatti presentato una richiesta di rimborso sempre al Tar del Lazio, che nel dicembre 2008 respinse l’istanza. Lo stesso esito arrivò l’anno successivo dal Consiglio di Stato, a cui la società si era rivolta in appello. La svolta è arrivata solo con il ricorso alla Corte d’Appello di Roma, che nel 2024 ha riconosciuto il diritto al rimborso. Il governo aveva quindi presentato un nuovo ricorso in Cassazione, mentre a maggio la Corte Suprema aveva rinviato la decisione per ulteriori approfondimenti sulla competenza del tribunale presso cui Tim aveva inizialmente presentato la domanda. (peg - 20 dic)

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