Mentre lo sguardo di Israele è rivolto ai confini esterni, la politica interna prosegue con la colonizzazione dei territori occupati. Il governo ha approvato la costruzione di 19 nuovi insediamenti in Cisgiordania, portando a 69 il totale dei nuovi avamposti negli ultimi anni. Una mossa rivendicata con orgoglio dal ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, che segna un aumento del 50% degli insediamenti dall'inizio del mandato dell'attuale esecutivo. Questa espansione, considerata illegale dal diritto internazionale, rappresenta un ostacolo quasi insormontabile alla creazione di uno Stato palestinese, proprio mentre gli Stati Uniti premono per avviare la seconda fase del cessate il fuoco concordato a ottobre.
In questo scenario, la tregua a Gaza appare estremamente fragile. Nonostante il cessate il fuoco sia in vigore dal 10 ottobre, il bilancio delle vittime palestinesi continua a salire, raggiungendo quota 401 morti. L'ultimo tragico episodio riguarda Gaza City, dove sei persone, tra cui un neonato, sono rimaste uccise in un attacco israeliano contro una scuola che ospitava sfollati. Scene di disperazione si sono registrate all'esterno degli ospedali, con i corpi recuperati dalla difesa civile solo grazie alla mediazione dell'ONU per evitare il fuoco dei cecchini lungo la linea di ritirata.
Sul fronte umanitario, le Nazioni Unite hanno confermato venerdì la fine ufficiale della classificazione di "carestia" nella Striscia, grazie a un timido aumento degli aiuti dopo gli accordi di ottobre. Tuttavia, l'allarme resta rosso: una persona su otto soffre ancora la fame e le inondazioni invernali stanno aggravando le condizioni di chi vive nelle tende tra le macerie. La distribuzione dei beni di prima necessità rimane, secondo l'ONU, "limitata e incoerente", lasciando la popolazione civile in uno stato di precarietà assoluta mentre i venti di una nuova escalation regionale tornano a soffiare con forza. (22 DIC – deg)
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