- Il Senato si prepara a votare domani la legge di Bilancio in prima lettura, un passaggio cruciale che arriva al termine di una discussione accesa, segnata dallo scontro politico tra maggioranza e opposizioni su salari, livelli essenziali delle prestazioni, politiche economiche e tenuta dei conti pubblici. Tra i punti più controversi del testo c’è la norma che riguarda i contenziosi sul lavoro: l’opposizione attacca sottolineando come, con il testo al voto domani, nel caso in cui un giudice dichiari insufficiente la retribuzione prevista dal contratto collettivo nazionale applicato, il lavoratore o la lavoratrice che abbia promosso una vertenza non avrà diritto a tutti gli arretrati, ma solo a quelli maturati dopo la proposizione del ricorso. Una previsione che ha alimentato le critiche delle opposizioni, che parlano di un indebolimento delle tutele salariali. Per la maggioranza, la legge di Bilancio segna un cambio di passo nei rapporti con l’Europa. “È una manovra che ci farà uscire un anno prima dalla procedura di infrazione e rivedere quei vincoli che hanno tenuto ingessata la possibilità di andare verso una manovra più espansiva”, ha rivendicato il senatore di Fratelli d’Italia Guido Liris, relatore del provvedimento. Di segno opposto la lettura del Partito democratico. “Questa legge di bilancio porterà sicuramente novità per gli italiani residenti all’estero, ma non c’è nulla per gli altri cittadini italiani”, ha affermato in Aula il senatore dem Antonio Nicita, intervenendo sulla questione pregiudiziale di costituzionalità. Nicita ha risposto così al senatore del Maie Mario Borghese, che aveva invece rivendicato alcune misure dedicate agli italiani all’estero, tra cui l’eliminazione della tassa sulla cittadinanza per i figli minori nati fuori dall’Italia. L’emendamento, approvato in Commissione Bilancio, cancella dal 1° gennaio 2026 il contributo di 250 euro per il riconoscimento della cittadinanza.
Uno dei fronti più duri dello scontro politico si è aperto sui Lep. Alleanza Verdi e Sinistra ha annunciato voto favorevole alla questione pregiudiziale, denunciando che gli articoli dal 123 al 128 della manovra “cristallizzano le differenze territoriali” e ripropongono “surrettiziamente l’autonomia differenziata”, come ha spiegato Peppe De Cristofaro. Nel dettaglio, il testo definisce i Lep per macroaree – sanità, assistenza e istruzione – associandoli a costi e fabbisogni standard. In sanità vengono confermati i Lea del 2017 senza ampliamenti; per il diritto allo studio universitario è previsto un rafforzamento finanziario con 250 milioni di euro annui dal 2026 per le borse di studio; sull’assistenza sociale, dal 2027 nasce un Sistema di garanzia dei Lep sociali, con livelli minimi di spesa e standard come il rapporto di un assistente sociale ogni 5 mila abitanti, sostenuto da 200 milioni di euro aggiuntivi l’anno. Più definito anche il Lep per l’assistenza agli alunni con disabilità, ma con un’attuazione progressiva e nei limiti delle risorse disponibili. La questione pregiudiziale è stata infine respinta dall’Aula, con 101 voti contrari, 56 favorevoli e un astenuto, consentendo alla discussione di proseguire. In Transatlantico, nel frattempo, il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo ha respinto le accuse di tensioni interne alla maggioranza. “Il testo è stato migliorato nel corso dell’esame parlamentare e non esistono frizioni né nella maggioranza né all’interno della Lega”, ha detto, parlando di una narrazione costruita dalle opposizioni. “Quando si lavora è normale discutere e correggere alcune scelte”, ha aggiunto, escludendo categoricamente l’ipotesi di dimissioni del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: “Continuano a sognare”.
Critico il giudizio di Italia Viva. Per la senatrice Silvia Fregolent, la manovra è “priva di misure concrete per il rilancio dell’economia” e insufficiente per imprese e giovani. “I dazi hanno stroncato il nostro export e non si può far finta che non sia un problema”, ha detto, ricordando anche le guerre in corso. Fregolent ha sottolineato come le risorse annunciate a inizio anno non si siano tradotte in interventi reali e come manchino gli 8 miliardi richiesti da Confindustria per caro energia e sostegno alle imprese. “Se non ci fossero le risorse del Pnrr, il nostro Pil sarebbe negativo”, ha avvertito, accusando il governo di frammentare la spesa in “micro-provvedimenti e mancette locali” senza una strategia di sviluppo. A difesa della manovra è intervenuta la senatrice di Fratelli d’Italia Paola Ambrogio, che ha respinto le critiche delle opposizioni. “La Commissione europea dice che la manovra italiana va nella direzione giusta”, ha osservato, citando anche il giudizio del presidente di Confindustria Carlo Orsini sulla crescita prevista. Ambrogio ha rivendicato il sostegno a famiglie e imprese, a partire dal taglio dell’Irpef dal 35 al 33 per cento per i redditi tra 28 e 50 mila euro e dai 3,5 miliardi destinati al sistema produttivo, sottolineando l’uscita anticipata dalla procedura di infrazione come fattore che garantirà maggiori margini di spesa in futuro.
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