Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

A Genova 100 tavole
di Andrea Pazienza

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

A Genova 100 tavole <br>di Andrea Pazienza

A GENOVA 100 TAVOLE DI ANDREA PAZIENZA

Cento tavole compongono questa antologica, la più grande nel nord Italia da 15 anni a questa parte, dedicata al disegnatore Andrea Pazienza. Una ricca selezione di originali dalle serie che hanno ritratto e accompagnato una generazione complicata e appassionata tra gli anni ‘70 e ’80 fino al 7 ottobre al Museo Luzzati nel Porto Antico di Genova: dalle storie in slang di Pentothal a quelle perfide e ribelli di Zanardi, dalla struggente poesia di Pompeo, alla divertita e affettuosa ironia di Pert dedicata al Presidente Pertini e poi le storie di Astarte, Tanino Liberatore, le bellissime illustrazioni di Campofame, il grande fondale per lo spettacolo Dai Colli di Sosta Palmizi e molte altre tra vignette e tavole. Un’occasione unica per ripercorrere un pezzo di nostra storia recente dal punto di vista di “Paz” e per ammirare la straordinaria qualità artistica di un disegnatore diventato mito. Con il suo “Individualismo creativo” dentro e fuori l’avanguardia, dentro e fuori il movimento, Pazienza espresse una sorta du gramelot - arricchito da slang, espressioni gergali, errori ortografici e digressioni idiomatiche - difficilmente traducibile e in parte responsabile della non adeguata diffusione della sua opera all’estero. Nato a San Benedetto del Tronto ma cresciuto a San Severo, in provincia di Foggia, città di cui era originario il padre, Pazienza scopre giovanissimo l'amore per il disegno, tanto che a 13 anni, trasferitosi a Pescara, frequenta il Liceo artistico ed inizia ad esporre. Nel 1974 s'iscrive quindi al Dams, trasferendosi conseguentemente a Bologna negli anni in cui l'Università è uno dei focolai principali della contestazione: proprio in questo ambiente nascono le sue prime storie a fumetti, da "Le straordinarie avventure di Pentothal" in poi, pubblicate in origine sulla rivista 'Alter Alter'. Nel 1977, poi, assieme a Filippo Scozzari, Massimo Mattioli, Tanino Liberatore e Stefano Tamburini fonda la rivista 'Cannibale' e la Primo Carnera Editore, a cui seguirà la celeberrima 'Frigidaire'; le collaborazioni di Pazienza, comunque, svariano tra le più prestigiose riviste del settore ('Il Male', 'Corto Maltese', 'Comic Art', 'Linus', 'Tango' ea ltre), la pittura e alcune capatine nel mondo della grafica (copertine di dischi e manifesti di film, anche per Vecchioni e Fellini) e della pubblicità. Muore a Montepulciano il 16 giugno 1988 a soli 32 anni a causa di problemi di droga.

 

 

 

AGLI UFFIZI TORNA LA CORTE DI FERDINANDO DE’ MEDICI

Nel terzo centenario della morte del Gran Principe Ferdinando de' Medici (1663-1713), la Galleria degli Uffizi celebra questo importante personaggio che fu tra i principali collezionisti e mecenati d'arte della famiglia granducale di Toscana. La mostra “Il gran principe Ferdinando De' Medici. Collezionista e Mecenate”, fino al 3 novembre, vuole rendere la complessità dei suoi interessi e la novità delle sue scelte che convogliarono su Firenze, allo scadere del Seicento e nel primo decennio del Settecento, i grandi protagonisti di quell'era, musicisti, strumentisti, pittori, scultori. A testimoniare il gusto collezionistico del Gran Principe sono esposte opere cinque- secentesche rimosse dalle chiese toscane (e non): tra queste la Madonna delle arpie di Andrea del Sarto, l'Estasi di Margherita da Cortona del Lanfranco, la Pala Farnese di Annibale Carracci e la Madonna col collo lungo del Parmigianino, una delle acquisizioni più prestigiose d'arte del Rinascimento operata da Ferdinando allo scadere del Seicento. Una sezione è dedicata alla villa di Pratolino, luogo prediletto dal principe, nella quale - accanto a musici, cantanti, costumisti, compositori grandi intagliatori, intarsiatori, argentieri -, fanno comparsa i grandi scenografi bolognesi, i Bibbiena, mentre la residenza si trasforma nei decori interni e si arricchisce di opere dei pittori preferiti da Ferdinando in quel periodo: tra questi, i toscani, Livio Mehus, Pier Dandini, Domenico Tempesti ma anche 'stranieri' quali il romano Crescenzio Onofri o e il padano Cristoforo Munari. Ma al centro della mostra è anche un’altra villa preferita dal figlio di Cosimo III e di Marguerite - Louise d'Orléans: quella di Poggio a Caiano che ospitò una delle raccolte più originali di Ferdinando, quella di 'opere in piccolo' che viene suggestivamente ricostruita. Un’altra sezione interessa il rinnovamento di palazzo Pitti, del teatro della Pergola e del Duomo fiorentino in occasione delle nozze di Ferdinando con la principessa Violante Beatrice di Baviera nel 1689. (Red)

 

ALLA REGGIA DI CASERTA VANVITELLI E I SUOI ANGELI

Due grandi angeli - dipinti dal modenese Giacomo Zoboli, tra il 1742 e il 1748, come cartoni per i mosaici della cappella di Santa Maria della Colonna, una delle sette cappelle privilegiate della Basilica di San Pietro - dialogano, muti, con quelli in marmo e stucco che ornano la Cappella Palatina, uno degli ambienti più straordinari della Reggia di Caserta progettata e realizzata in massima parte da Luigi Vanvitelli alla metà degli anni Cinquanta del ‘700 per Carlo di Borbone. E’ una delle sezioni della mostra “Dal Vaticano a Caserta: Vanvitelli e i suoi angeli” che si tiene fino al 4 novembre alla Reggia di Caserta, organizzata dalla Soprintendenza grazie alla disponibilità del presidente della Fabbrica di San Pietro in Vaticano cardinale Angelo Comastri. Fu proprio il Vanvitelli - che all’epoca di Zoboli era architetto della Fabbrica di San Pietro, ed in gioventù si era impegnato come cartonista al Vaticano - a collaudare, il 22 settembre 1747, il lavoro dell’artista modenese per la cappella di Santa Maria della Colonna. E questa mostra, per la prima volta, mette in stretta connessione, attraverso la figura del grande Vanvitelli, una delle sedi più prestigiose del potere dinastico e temporale e la sede della Chiesa cattolica. Nell’occasione sono esposti numerosi e preziosi paramenti sacri, pianete e dalmatiche, conservati in Reggia, viene riaperto al pubblico il piccolo Museo degli Argenti annesso alla Cappella Palatina e resi percorribili il loggiato al primo piano e la tribuna reale. (red)

 

 

A ROMA LE FOTO DI LUIGI GHIRRI

Il Maxxi di Roma dedica all’opera di Luigi Ghirri, tra i maestri indiscussi della fotografia in Italia, una grande mostra antologica, nata dalla collaborazione tra il Museo e il Comune di Reggio Emilia, la città dove il fotografo ha vissuto e alla quale ha lasciato il suo archivio. E proprio dai materiali originali – fotografie, menabò, libri, cataloghi e negativi – oggi conservati presso la Biblioteca Panizzi, partner del progetto, la mostra, allestita fino al 27 ottobre, intende partire per raccontare i diversi profili di questa complessa figura di artista. L’esposizione presenta un percorso inedito nell’opera del fotografo attraverso oltre 300 scatti, con particolare attenzione ai vintage prints stampati direttamente dall’autore. Accanto alle fotografie verranno presentati anche i menabò dei cataloghi, i libri pubblicati, le riviste, le recensioni che testimoniano la sua attività di editore, critico e curatore; una selezione di fotografie e libri d’artista che documentano l’incontro e la collaborazione con gli artisti concettuali modenesi nei primi anni ‘70; le cartoline illustrate e le fotografie anonime che Ghirri collezionava; una selezione di libri tratti dalla biblioteca personale di Ghirri che raccontano dei suoi interessi e dei riferimenti culturali e artistici; le copertine dei dischi che testimoniano l’interesse di Ghirri per la musica e il rapporto con musicisti come i CCCP e Lucio Dalla. (red)

 

 

 

 

IL DUOMO DI SIENA APRE LA SUA “PORTA DEL CIELO”

Dopo lunghi restauri, fino al 27 ottobre, è possibile ammirare il “cielo” del Duomo di Siena, una serie di locali mai aperti al pubblico, in cui per secoli nessuno è potuto accedere, se si eccettuano le maestranze dirette dai grandi architetti che si sono avvicendati nei secoli. E’ infatti possibile camminare ‘sopra’ il sacro tempio e ammirare suggestive viste panoramiche ‘dentro’ e ‘fuori’ della cattedrale. Sono aperte al visitatore le multicolori vetrate di Ulisse De Matteis con la rappresentazione degli Apostoli, dalle quali il visitatore si affaccia all’interno della cattedrale con la vista del pavimento, dei principali monumenti scultorei e dell’interno della cupola con il ‘Pantheon’ dei santi senesi, i quattro Patroni, santa Caterina e san Bernardino, i ‘giganti’ dorati che proteggono dall’alto la comunità dei fedeli. Si percorre dunque il ballatoio della cupola dal quale è possibile contemplare l’altare maggiore, la copia della vetrata di Duccio di Buoninsegna, con al centro la mandorla di Maria Assunta, e i capolavori scultorei. Dall’affaccio della navata sinistra è possibile ammirare uno splendido panorama sulla Basilica di S. Domenico, la Fortezza Medicea, l’intera cupola della cappella di S. Giovanni Battista, il paesaggio circostante fino alla Montagnola senese. Si entra infine dietro il prospetto della facciata nel terrazzino che si affaccia su Piazza del Duomo con la vista dello Spedale di S. Maria della Scala e si accede al ballatoio della controfacciata da dove si ha una vista generale sulla navata centrale e lo sguardo è accompagnato dal ritmo scandito dalle teste dei papi e degli Imperatori, attraverso le tarsie con i filosofi del mondo antico che proferiscono sentenze. E il percorso “dall’alto” permette di comprendere meglio la dedicazione del Duomo di Siena all’Assunzione della Madonna e il forte legame che i cittadini senesi hanno da secoli con la loro “patrona”. (red)

(© 9Colonne - citare la fonte)