Roma, 23 giu - Continuano a trapelare nuove indiscrezioni
sul caso della scomparsa di Emanuela Orlandi, avvenuta 25 anni fa a Roma,
all’età di 15 anni. Secondo una testimone - già amante del boss della Banda
della Magliana Enrico De Pedis, detto Renatino e che ha appunto dato nuovo
impulso alla pista di un coinvolgimento del clan malavitoso nella vicenda già
intrecciata alla pista dei lupi grigi di Alì Agca e dell’attentato a Giovanni
Paolo II - la ragazza, che scomparve il 22 giugno 1983, sarebbe stata tenuta
segregata per un certo tempo in dei sotterranei nella zona del quartiere di
Monteverde. Che in effetti esistono e che sono stati usati come rifugio
anti-aereo nell’ultima guerra. Una fitta rete di cunicoli che si dipana dalla
Villa Baldini, antica villa gentilizia di epoca barocca – dall’epoca fascista
sede della scuola elementare “Oberdan” - e che permetteva all’allora signore
locale di raggiungere tre luoghi strategici di fuga, la Villa Pamphili, la
zona a ridosso di Trastevere e la zona del Gianicolo, alla Porta di San
Pancrazio. E proprio la zona del Gianicolo è stata indicata dalla superteste
come uno dei luoghi in cui avrebbe portato la giovane – durante i vari
spostamenti della ragazza durante la sua prigionia. In prossimità del “balcone
di Roma” la donna sostiene che un uomo, da lei indicato come “un sacerdote”,
avrebbe incontrato Emanuela Orlandi. L’unico modo “conosciuto” per entrare in
questi cunicoli – almeno nel modo oggi comunemente noto – è quello di entrare
nella scuola Oberdan. Dai bagni al pianterreno dell’edificio scolastico si apre
una porta che conduce in un mondo improvvisamente “a parte”. Una fotoelettrica
illumina l’ingresso al reticolo di cunicoli, oggi chiuso. Ci entrò tanti anni
fa, per la prima volta, il custode. “Ci trovai anche un cranio con un elmetto,
dell’ultima guerra” ci racconta e, sebbene accolga l’indiscrezione sul luogo di
prigionia della Orlandi con un certo scetticismo, non lo esclude: “Qui intorno
di villini tranquilli ce ne sono molti, probabilmente qualcuno sbuca in una di
queste gallerie”. Almeno la pubblicità delle dimenticate gallerie di Monteverde
servisse a qualcosa, lascia intendere l’uomo: “Scendendo qui sotto i bambini
potrebbero veramente capire cosa è stata la guerra”. Come a Trieste, dove la Kleine Berlin, il
complesso di gallerie antiaeree costruite dai tedeschi, è oggi un luogo aperto
al pubblico, con visite guidate e mostre a tema. Il mistero di Emanuela Orlandi
potrebbe quindi anche essere passato in questa oscurità. Toccherà al
procuratore aggiunto Ormanni e ai sostituti Simona Maisto e Andrea De Gasperis
cercare di fare luce sull’attendibilità della testimonianza della nuova teste
dopo avere anche ascoltato la madre e i fratelli di Emanuela Orlandi. In
realtà, come si evidenzia in queste ore, la teste sarebbe caduta in
contraddizione proprio nella sua rivelazione sulle modalità della morte della
Orlandi: uccisa e il cui corpo sarebbe stato rinchiuso dentro un sacco, insieme
a del figlio di Salvatore Nicitra, un bambino di 11 anni, figlio di Salvatore,
imputato al processo alla banda della Magliana, che scomparve a Roma assieme
allo zio Francesco ma nel giugno del 1993, dieci anni dopo la scomparsa della
Orlandi. Circostanza che metterebbe in dubbio anche la tesi del coinvolgimento
di De Pedis perché il boss morì nel 1990. Una delle tante versioni sulla morte
della Orlandi vede i resti della ragazza seppelliti proprio nella tomba di De
Pedis, che dal 1990, dopo il suo assassinio, riposa – con lungo strascico di
polemiche - nella Basilica di Sant’Apollinare, grazie alle corpose donazioni
fatte dal boss in vita. Proprio la chiesa nel centro di Roma che si trova
vicino alla scuola di musica vaticana che la Orlandi frequentava e dove 25 anni fa venne vista
per l’ultima volta. In base al concordato l’autorità giudiziaria italiana non
può accedere alla cripta di Sant’Apollinare cosicché i legami tra i boss della
Banda della Magliana e la scomparsa della Orlandi sembrano destinati a rimanere
senza risposta. (Grm)
(© 9Colonne - citare la fonte)